Anche la CEI dice no ai tagli del sostegno all’editoria. Decine di testate sono a rischio chiusura con centinaia di posti di lavoro

La Cei dice no ai tagli delle agevolazioni e del sostegno pubblico all’editoria, poichè mettono «a rischio di sopravvivenza decine e decine di testate, e quindi centinaia di posti di lavoro», oltre a determinare «un impoverimento del pluralismo informativo, del dibattito pubblico, del patrimonio culturale e informativo del Paese».

L’allarme è stato lanciato dal segretario generale della Conferenza episcopale italiana, monsignor Mariano Crociata, intervenuto oggi a Cesena al Convegno nazionale della Federazione Italiana dei Settimanali cattolici. La preoccupazione dei vescovi italiani è in particolare per i rischi di chiusura delle tante testate locali e cattoliche, ma riguarda i contraccolpi dei tagli sull’intero panorama editoriale. Rivolgendosi ai rappresentanti dei settimanali diocesani, in occasione dei cento anni del locale «Corriere cesenate», mons. Crociata ha sottolineato che oggi la loro «missione» si scontra con un contesto su cui si addensano «nubi minacciose». «L’orientamento delle risorse pubblicitarie alle emittenti televisive nazionali; l’aumento considerevole delle spese postali, seguito alla soppressione delle tariffe agevolate; la riduzione del sostegno pubblico con la drastica e sistematica riduzione del fondo per l’editoria… sono tutti elementi che contribuiscono a mettere a rischio di sopravvivenza decine e decine di testate, e quindi centinaia di posti di lavoro», ha avvertito il numero due della Cei. Per mons. Crociata, «pur tenendo conto delle precarie condizioni legate alla crisi economica, una simile prospettiva significherebbe anche un impoverimento del pluralismo informativo, del dibattito pubblico, del patrimonio culturale e informativo del Paese». Inoltre, «non va sottovalutato nemmeno l’incredibile apporto professionale che i settimanali diocesani hanno sempre assicurato, quale fucina che ha saputo coinvolgere, formare e quindi immettere nel circuito dei grandi media comunicatori qualificati e competenti». Crociata ha ricordato che «sul difficile assetto dell’editoria pesa senz’altro anche il processo tecnologico in corso, che in questi anni ci ha obbligati a confrontarci con autorevoli testi che pronosticavano senza mezzi termini la fine prossima della carta stampata». La diffusione di Internet, comunque, non può significare «disertare il territorio e le sue forme tradizionali di comunicazione». E se, infatti, «fibre ottiche e satelliti ormai ci spalancano gli orizzonti del mondo», «a dispetto di chi profetizza un declino inesorabile del territorio cresce la ricerca dell’identità locale, la riscoperta delle piccole patrie, il richiamo alle autonomie». Secondo il segretario generale della Cei, «forse soltanto tenendo insieme i due movimenti del pendolo – la dimensione locale e l’afflato universale, il territorio e la Rete digitale – ci sarà possibilità di equilibrio e di sviluppo, uno stare al passo coi tempi senza per questo smarrire per strada la propria identità». Oltre a guardare alla rete come a una «risorsa imprescindibile, che ha spalancato possibilità inedite di informazione, di scambio e di relazione», per Crociata bisogna poi, comunque, salvaguardare la comunicazione su carta stampata, che – ha osservato – «induce ad analisi più profonde, aiuta a pensare con maggiore riflessività». (ANSA)
 

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