Diritti connessi ai diritti d’autore. Continua la querelle tra le Radio Nazionali Associate e il consorzio SCF

Con una lettera aperta pubblicata su Il Giornale del 15 luglio, Eduardo Montefusco, presidente della rete nazionale RDS e dell’associazione Radio Nazionali Associate (RNA), ha ravvivato la querelle che da mesi contrappone il consorzio dei fonografici SCF alla radiofonia italiana privata.

Il pomo della discordia è ben noto ai lettori di questo periodico: si tratta dei diritti connessi ai diritti d’autore (questi ultimi di competenza della SIAE), cioè la quota di spettanza dei discografici per l’utilizzo commerciale dei brani musicali. Un corrispettivo considerato un balzello e quindi mal sopportato dalle radio italiane, che, nella primavera scorsa, sono letteralmente insorte allorquando le major discografiche hanno richiesto alle radio nazionali (presumibilmente per poi passare alle locali) un aumento dell’aliquota di loro spettanza, calcolata sul fatturato annuale, dall’attuale 1% al 4%. Un incremento notevolissimo, che oltretutto cadeva in un momento  delicato per l’economia generale. Inevitabile, pertanto, l’immediato innalzamento delle barricate da parte degli editori radiofonici contro la pretesa di SCF. In breve, ne era scaturita una guerra a suon di comunicati e bollettini, con la RNA che avvertiva che se non si fosse trovato un accordo equo e condiviso, le radio, oltre ad introdurre (o a coltivare gli esistenti) procedimenti giudiziari civili, avrebbero sospeso la programmazione delle novità discografiche, e coi vertici di SFC che, dopo aver mostrato un’iniziale indifferenza verso gli effetti concreti di tale intendimento, avevano reagito rilasciando dure dichiarazioni contro i radiofonici. Così, dalle playlist radiofoniche erano progressivamente scomparse le novità musicali di decine di artisti. La cui reazione non si era fatta attendere: cantanti noti (come Dalla e De Gregori) si erano velocemente resi conto che la richiesta della SCF, non accolta dalle radio, stava comportando l’oscuramento dei loro nomi dall’etere italiano e si erano pertanto affrettati a rilasciare liberatorie per la trasmissione della propria musica (con buona pace di SCF). Ma se i big in qualche modo avevano recuperato il black-out musicale, a lasciarci le penne in termini di azzeramento della promozione radiofonica e quindi, di riflesso, di vendite e di circolazione del nome, erano – secondo alcuni discografici ed artisti – le nuove voci, private di quello che, allo stato, è ancora il maggior megafono musicale e limitate da uno scarso potere negoziale con le radio. Un duro confronto da lontano, quindi, con le parti non disposte ad arretrare di un millimetro dalle proprie rigide posizioni. Così distanti da spingere, qualche giorno fa, l’onorevole Marco Beltrandi (PD) a prendere carta e penna e vergare un’interrogazione parlamentare rivolta ai ministri per le Attività culturali (Bondi) e per lo Sviluppo economico, (Berlusconi, ad interim) perché ciascuno di loro, per quanto di competenza, intervenisse sulla vicenda per contribuire a risolverla. Iniziativa che ha però indotto Eduardo Montefusco, presidente di RNA, a tornare pubblicamente sull’argomento, sottolineando, nella missiva di cui in apertura, come la questione non avesse “assolutamente nulla a che fare con la politica", trattandosi piuttosto "di un bramoso progetto di marketing di alcune case discografiche”. Intento, quello dei discografici di SCF (cui fanno eccezione alcune case, come la “Zerina”, che tratta i diritti di Renato Zero e Mario Biondi, che quindi vanno regolarmente on air), che gli editori radiofonici non intendono subire, rimarcando come il proprio ruolo non sia certamente quello di sfruttatori musicali, ma di utilizzatori delle produzioni discografiche nell’ambito di un circolo virtuoso che consente ai fonografici di incassare dalle radio un’aliquota che non va vista in sé, ma in relazione alla trasmissione dei brani, che costituisce, ipso facto, una continua ed efficace promozione gratuita. Quindi, nessun “boicottaggio" od "oscuramento della musica italiana” secondo Montefusco può essere addebitato alle radio nazionali, che, al contrario di quanto sostenuto dai discografici della SCF, riconoscono il grande valore della musica italiana e non hanno la minima intenzione di mettere "il «bavaglio» ai nostri artisti, «procurando danni alla nostra musica e addirittura al Paese»”. Anzi, è vero il contrario: “In questa fase – ha scritto l’editore di RDS – sosteniamo vivamente gli artisti e le imprese discografiche che attraverso le liberatorie autorizzano le trasmissioni dei loro brani evitando così ogni contenzioso in materia di diritti Connessi. Un atto di manifesta e reciproca lealtà a dimostrazione di un concreto interesse a sostegno della produzione nazionale, che riconosce e afferma alla radio il suo ruolo centrale nella diffusione e nella maggiore promozione della nostra musica”. Linea dura, dunque, che però lascia aperta la porta del dialogo, auspicando un tavolo tecnico di mediazione e conciliazione dove discutere, senza intransigenza, delle rispettive posizioni.  (L.B. per NL)

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