Fotogiornalisti a rischio estinzione

Da un seminario promosso dalla Efj con la collaborazione della Fnsi a Parigi, l’analisi di un degrado e le possibili soluzioni


(FNSI.it) – Il fotogiornalista è davvero uno specie in estinzione? A questo interrogativo sta cercando di rispondere la sezione europea della Federazione internazione dei giornalisti attraverso un progetto articolato che ha avuto un primo momento di verifica in un seminario che si è tenuto a Parigi in una intensissima “due giorni”, dal 13 al 14 dicembre scorsi, e al quale, in rappresentanza della Fnsi, hanno partecipato Marina Cosi, delegata alla Commissione europea sul lavoro dei giornalisti freelance, e Amedeo Vergani, esperto nello specifico settore del fotogiornalismo.

La risposta, pur non risolutiva, è che il “mestiere” di fotogiornalista sta attraversando una crisi profondissima. I campanelli d’allarme, un po’ su tutti i fronti della professione,
sono tali e consolidati nel tempo da configurare prospettive, forse non da “de profundis”, ma certamente di radicale mutazione sia della specificità professionale sia per le garanzie di qualità dell’informazione visiva proposta ai lettori.
Il seminario è stato organizzato per tirare un po’ le somme di una prima inchiesta realizzata elaborando le risposte a un questionario che la Federazione europea dei giornalisti ha sottoposto nei mesi scorsi ai Sindacati nazionali ad essa associati.
Tra i temi affrontati, i più importanti sono stati quelli:
– della organizzazione sindacale degli addetti al settore;
– della sicurezza sociale;
– delle tariffe e delle nuove realtà all’interno del regime della libera concorrenza;
– della libertà di esercizio della professione;
– del rispetto del diritto d’autore.
Come è stato sottolineato – sia in precedenza nella compilazione del questionario, sia nelle diverse sezioni del seminario parigino attraverso contributi e note dei rappresentati Fnsi – la realtà italiana del settore, che pure versa in una situazione di deregolamentazione disastrosa, ha il vantaggio di possedere una serie di strumenti giuridici che, se applicati, potrebbero innalzare argini a tutela dei lettori e dunque, di riflesso anche a vantaggio di chi come giornalista informa attraverso le immagini.
I problemi di fondo illustrati a Parigi dai rappresentanti Fnsi sono:
– una “storica” disattenzione nei confronti della figura del fotogiornalista da parte degli organismi ( Sindacato, ma soprattutto Ordine ) che governano la professione giornalistica in Italia;
– l’espulsione totale dagli staff redazionali dei fotogiornalisti garantiti da un contratto di lavoro, in particolare giornalistico (Cnlg Fnsi/Fieg);
– il blocco totale da almeno quindici anni delle tariffe pagate ai liberi professionisti. Blocco determinato, oltre che dalla volontà degli editori di spendere il meno possibile, dall’offerta straripante di informazione visiva immessa sul mercato da una miriade di strutture commerciali di pura intermediazione ( le cosiddette “agenzie fotografiche” ) che, non finanziando la produzione delle immagini che vendono e traendo i loro profitti a percentuale rispetto al volume d’affari realizzato, basano la loro competitività nel libero mercato stabilendo tariffe che tengono in scarsissimo conto la positività, o meno, dei ritorni economici concreti che ne derivano ai fotoreporter che hanno realizzato e finanziato le produzioni da loro intermediate. Il tutto, tra l’altro, in un circuito vizioso che minando la sopravvivenza professionale del produttore danneggia la qualità professionale del prodotto;
– l’inconsistenza dei compensi (casi diffusissimi di circa 2 euro a foto pubblicata ) pagati ai collaboratori scriventi che forniscono ai quotidiani anche le immagini correlate ai propri servizi;
– il fenomeno, determinato dalla sempre più grave crisi economica del settore, del frequentissimo ricorso da parte di larghe fasce di fotoreporter a forme di produzione fotogiornalistica finanziate, anziché con mezzi propri o dei giornali committenti, da entità totalmente estranee al giornalismo ma con forti interessi ad orientare il lavoro dei colleghi ai propri fini pubblicitari, propagandistici o comunque di natura contrastante con il diritto dei lettori ad una informazione libera da condizionamenti e da conflitti e commistioni di interessi;
– l’impossibilità di trarre tutti i benefici previsti dal diritto d’autore, causata dall’ambiguità del testo di legge laddove non distingue con chiarezza fra immagini giornalistiche e “fotografie semplici” (in quanto tali soggette, per esempio, a tutela solo per 20 anni per quanto riguarda lo sfruttamento dei diritti economici).

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