Giurisprudenza. Il lavoro giornalistico di grafici e infografici spiegato dalla sezione lavoro della Cassazione

“L’attività del grafico può esaurirsi nel mero conferimento della necessaria forma al messaggio da comunicare, ovvero estendersi ad una scelta: nella misura in cui la forma grafica dei messaggio diventa contenuto, l’attività assume natura giornalistica”


da Franco Abruzzo.it

“Proprio con riguardo all’attività dei grafici, la sentenza 5926/08 che si pubblica in coda, – premettendo: che l’attività giornalistica si caratterizza per il personale contributo che il giornalista conferisce al nudo fatto; e, che al giorno d’oggi, la comunicazione può assumere molteplici veicoli (giornali, stampe, fotografia, cinematografia, televisione) -, ha ritenuto che anche la scelta della costruzione, dell’inquadramento e della sistemazione logica o grafica di parole o scritti od immagini, la quale costituisca originale apporto de pensiero (personale creazione ed originale contributo alla comunicazione) è attività giornalistica. In tale quadro, secondo la Cassazione, l’attività del grafico può esaurirsi nel mero conferimento della necessaria forma al messaggio da comunicare, ovvero estendersi ad una scelta: nella misura in cui la forma grafica dei messaggio diventa contenuto, l’attività assume natura giornalistica”.

di Sabrina Peron, avvocato in Milano

Nell’ambito del lavoro giornalistico, né la legge professionale del 3 febbraio 1963, n. 69, né tantomeno il contratto collettivo giornalisti, definiscono il contenuto dell’attività giornalistica. Tale evidente, e voluta, lacuna legislativa viene interpretata nel senso di consentire la possibilità di riconoscere il carattere di lavoro giornalistico a qualsiasi forma di manifestazione qualificata del pensiero.
In questo contesto la giurisprudenza ha più volte affermato il principio che l’attività giornalistica si contraddistingue per l’elemento della creatività, di colui che, con opera tipicamente (anche se non esclusivamente) intellettuale, raccoglie, elabora o commenta notizie destinate ad essere diffuse attraverso organi d’informazione, mediando tra il fatto di cui acquisisce la conoscenza e la sua divulgazione attraverso un messaggio (scritto, verbale, grafico o visivo) inevitabilmente ispirato dalla personale sensibilità e dalla particolare formazione culturale ed ideologica.
In altre parole, a prescindere dalla circostanza che l’elaborazione o il commento delle notizie avvenga attraverso espressioni letterarie, grafiche o visive, tale attività, se svolta in autonomia e se caratterizzata da creatività, può considerarsi, giornalistica a tutti gli effetti, con conseguente riconoscimento al soggetto interessato della relativa professionalità ed applicabilità del CCNL giornalistico.
Su questi presupposti è stata riconosciuta come giornalistica l’attività del vignettista, del fotoreporter, del cine-operatore e l’attività del grafico.
Proprio con riguardo all’attività dei grafici, la sentenza, – premettendo: che l’attività giornalistica si caratterizza per il personale contributo che il giornalista conferisce al nudo fatto; e, che al giorno d’oggi, la comunicazione può assumere molteplici veicoli (giornali, stampe, fotografia, cinematografia, televisione) -, ha ritenuto che anche la scelta della costruzione, dell’inquadramento e della sistemazione logica o grafica di parole o scritti od immagini, la quale costituisca originale apporto de pensiero (personale creazione ed originale contributo alla comunicazione) è attività giornalistica.
In tale quadro, secondo la Cassazione, l’attività del grafico può esaurirsi nel mero conferimento della necessaria forma al messaggio da comunicare, ovvero estendersi ad una scelta: nella misura in cui la forma grafica dei messaggio diventa contenuto, l’attività assume natura giornalistica.

Testo della sentenza tratto, con autorizzazione da: www.utetgiuridica.it

Cass., sez. lav., 05.03.2008, n. 5926

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente

Dott. CUOCO Pietro – rel. Consigliere

Dott. VIDIRI Guido – Consigliere

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIA LUIGI FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato

MARESCA ARTURO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato PEDRAZZOLI MARCELLO,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

CONTI EDITORE S.P.A.;

– intimata –

e sul 2° ricorso n. 26277/04 proposto da:

CONTI EDITORE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA A. DEPRETIS 86, presso lo studio degli avvocati (CAVASOLA – SPAGNOLO), rappresentata e difesa dagli avvocati CAVASOLA PIETRO e SPAGNOLO FABRIZIO, giustadelega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

C.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 250/03 della Corte d’Appello di BOLOGNA, depositata il 15/10/03 R.G.N. 1405/2001;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 23/10/07 dal Consigliere Dott. CUOCO Pietro;

udito l’Avvocato PEDRAZZOLI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e l’assorbimento del ricorso incidentale.

Svolgimento del processo

Con sentenza del 13 agosto 2001 il Tribunale di Bologna, accogliendo la subordinata domanda proposta da C.G. nei confronti della CONTI EDITORE S.p.a. al fine di ottenere il riconoscimento della natura giornalistica dell’attività svolta e del diritto alla qualifica di redattore, condannò la Società al pagamento della somma di L.78.148.523 a titolo di differenze retributive.

Con sentenza del 15 ottobre 2003 la Corte d’Appello di Bologna, accogliendo l’impugnazione della Società, respinse la domanda proposta dal C..

Afferma il giudicante che, in applicazione dell’art. 2126 c.c., la nullità del rapporto di lavoro giornalistico fra editore e persona non iscritta all’albo professionale non produce effetto e consente algiornalista di chiede il trattamento economico e normativo previsto per la qualifica corrispondente alle mansioni svolte.

In ordine alla natura dell’attività svolta, il giudicante premette che l’attività giornalistica è la prestazione di lavoro intellettuale diretta a raccogliere, commentare ed elaborare notizie destinate alla comunicazione interpersonale attraverso organi di informazione: il giornalista è il mediatore intellettuale fra il fatto e la diffusione della relativa conoscenza, attraverso apporto soggettivo ed inventivo.

La necessità dell’apporto creativo conduce ad escludere che l’attività del teleoperatore o dell’operatore fotografico, i quali si limitino a raccogliere immagini che altri poi scelgono e commentano, abbia natura giornalistica.

L’attività del redattore grafico, il quale, in relazione alla progettazione ed alla realizzazione della pagina di giornale e con la collocazione del singolo pezzo ovvero la scelta dei caratteri tipografici, esprime una valutazione sulla rilevanza della notizia, ha natura giornalistica.

Esaminando le singole testimonianze, il giudicante conclusivamente deduce che “il ruolo del C. era quello di responsabile dei grafici, con la professionalità e la creatività propria di tali mansioni; ma il suo lavoro non era connotato dalla creatività – sia pure attraverso lo strumento della grafica – nella scelta e nell’ideazione delle notizie da pubblicare, nè delle informazioni e delle relative valutazione,da trasmettere ai lettori…..non vi è prova d’una creatività – finalizzata alla comunicazione di notizie e commenti diversi dalle scelte e dalle indicazioni degli autori degli articoli e del direttore – attraverso l’uso espressivo dell’impaginazione grafica”. Per la cassazione di questa sentenza C.G. propone ricorso, articolato in due motivi; la CONTI EDITORE S.p.a. resiste con controricorso e propone ricorso incidentale condizionato.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo, denunciando per l’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione dell’art. 2575 c.c. e della L. 22 aprile 1941, n. 633, art. 1, nonché contraddittoria motivazione, il ricorrente principale sostiene che:

1.a. correttamente il giudicante ha ritenuto che debba intendersi di natura giornalistica la prestazione di lavoro intellettuale volta alla raccolta, al commento ed all’elaborazione di notizie destinate a formare oggetto di comunicazione interpersonale attraverso gli organi di informazione; ed ha individuato quale elemento qualificante dell’attività giornalistica la creatività, intese come presenza,nella manifestazione del pensiero finalizzata all’informazione, d’un apporto soggettivo ed inventivo, secondo i criteri desumibili dall’art. 1575 c.c. e della L. n. 633 del 1941, art. 1;

1.b. condivisibile è anche il ritenere, con richiamo alla giurisprudenza di legittimità, che rientra nell’attività giornalistica anche l’attività dell’impaginatore grafico;

1.c. il giudicante tuttavia aveva contraddittoriamente affermato che il lavoro del C., pur con la professionalità e la creatività delle mansioni dei grafici, “non era connotato dalla creatività – sia pur attraverso lo strumento della grafica – nella scelta e nell’ideazione delle notizie da pubblicare, nè delle informazioni e delle relative valutazioni da trasmettere ai lettori”; e che non vi era prova d’una creatività finalizzata alla comunicazione di notizie e commenti diversi dalle scelte e dalle indicazioni degli autori degli articoli e del direttore attraverso l’uso espressivo dell’impaginazione grafica; da ciò la contraddittoria affermazione che il C. sarebbe stato creativo come grafico, e non creativo come giornalista.

2. Con il secondo motivo, denunciando per l’art. 360 c.p.c., n. 5, mancanza insufficienza e contraddittorietà della motivazione, il ricorrente sostiene che:

2.a. il giudicante ritiene erroneamente che il grafico, per essere giornalista, debba esprimere la creatività allo stesso modo in cui la esprime il giornalista in senso stretto e tradizionale;

2.b. dall’esame delle singole testimonianze emerge che il C. effettuava direttamente molteplici attività: scegliere le fotografie, impostare graficamente le pagine, stilare il menabò; determinare la dimensione degli articoli nonchè delle foto e dei disegni; dare un taglio grafico all’immagine; verificare la compatibilità d’un nuovo articolo con rimpaginazione;

2.c. in particolare, egli determinava autonomamente rimpaginazione, la dimensione dei pezzi, i caratteri tipografici, le fotografie, i colori, i tagli di risalto, la collocazione degli articoli; ciò, in modo che la notizia avesse maggior risalto presso il lettore: in tal modo, intensificando l’efficacia del mezzo, conferiva alla notizia un valore comunicativo ulteriore, che era aggiunto all’uso della grafica.

3. Con il ricorso incidentale condizionato, denunciando per gli artt. 1, 2, 5 e 36 del Contratto collettivo nazionale di lavoro giornalistico e della L. 3 febbraio 1963, n. 69, artt. 1, 40 e 45, la CONTI EDITORE S.p.a. sostiene che, poiché il C. non era giornalista professionista in quanto non esercitava in modo esclusivo e continuativo la professione di giornalista quale iscritto nel relativo Albo a seguito del particolare iter professionale normativamente previsto (esercizio del praticantato ed esame di stato per l’abilitazione professionale; nè era pubblicista, non svolgendo attività giornalistica non occasionale e retribuita), la mancata iscrizione del C. all’Albo dei giornalisti professionisti avrebbe dovuto, al contrario di quanto stabilito nella sentenza di primo grado, non riformata dalla Corte d’Appello, precludere preliminarmente il riconoscimento del diritto del C. al trattamento normativo retributivo di redattore ordinario.

4. Il ricorso incidentale, che, escludendo il fondamento della domanda per l’assenza dei formali presupposti del diritto, deve essere esaminato preliminarmente, è infondato. Ed invero, con riguardo al rapporto di lavoro giornalistico fra l’editore e persona non iscritta all’albo professionale, la nullità del rapporto per violazione della L. 3 febbraio 1963, n. 69, in applicazione dell’art.2126 c.c. (non essendovi illiceità della causa o dell’oggetto) non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione; e il giornalista ha il diritto al trattamento economico e normativo previsto dalla contrattazione collettiva in relazione alla qualifica corrispondente alle mansioni concretamente esercitate, pur non avendo il diritto a tale qualifica(e plurimis, Cass. 29 dicembre 2006 n. 27608).

5. I motivi del ricorso principale, che essendo interconnessi devono essere esaminati congiuntamente, sono fondati.

6. E’ da premettere che l’attività giornalistica (mediazione fra fatto e diffusione della relativa conoscenza) è caratterizzata dal personale contributo che il giornalista conferisce al nudo fatto: dal pensiero (idee,cultura e sensibilità) con cui egli percepisce ed interpreta nonché valuta il fatto, trasmettendo un messaggio anche con il proprio apporto creativo (Cass. 12 marzo 2004 n. 5162).

Poiché la comunicazione può assumere molteplici veicoli, ogni veicolo di diffusione del pensiero è idonea potenziale forma di giornalismo: la parola, lo scritto, l’immagine (giornali, stampe, fotografia, cinematografia,televisione).Attraverso questi veicoli, la diffusione del pensiero può poi assumere molteplici aspetti. Nell’ambito di questi aspetti, anche la scelta della costruzione, dell’inquadramento e della sistemazione logica o grafica di parole o scritti od immagini, la quale costituisca originale apporto de pensiero (personale creazione ed originale contributo alla comunicazione) è attività giornalistica. In tal modo, non costituisce lavoro giornalistico l’attività di traduzione, ove manchi quale apporto personale la critica rielaborazione del pensiero altrui (Cass., 19 maggio 1990 n. 4547), e l’attività del tele – cine -foto – operatore che non partecipi alla selezione, al montaggio e più in generale all’elaborazione critica del materiale riprodotto (Cass. 16 gennaio 1993 n. 536).

E’ attività giornalistica lo sviluppo tecnico di un’immagine, che, artatamente modificando luci e linee e colori, delinei, con un contributo di pensiero, una personale interpretazione della realtà.

Anche la semplice informazione, nella misura in cui la scelta fra dire e tacere sul fatto o sui relativi particolari esprima uno specifico pensiero, può contenere un contributo di idee e costituire attività giornalistica (Cass. 1 febbraio 1996 n. 889).

Ai fini del riconoscimento della natura giornalistica del lavoro, assume rilievo la misura (quantitativa e qualitativa) di questo contributo, nel complessivo ambito dell’attività.

7. Ciò è a dirsi anche dell’attività del grafico. Come affermato da questa Corte, “costituisce attività giornalistica – intesa come prestazione di lavoro intellettuale volta alla raccolta, al commento ed all’elaborazione di notizie destinate a formare oggetto di comunicazione attraverso gli organi di informazione – l’attività svolta dal grafico il quale, mediante l’espletamento di attività inerenti la progettazione e la realizzazione della pagina di giornale, esprime con la collocazione dei singolo pezzo giornalistico, come pure mediante la scelta dei caratteri tipografici con i quali lo stesso viene riportato sulla pagina, una valutazione sulla rilevanza della notizia, valutazione rapportata ad un giudizio sull’idoneità dei fatto ivi riferito ad incidere sul convincimento del lettore” (Cass. 12 marzo 2004 n. 5162; Cass. 1 febbraio 1996 n. 889).

In tale quadro, l’attività del grafico può esaurirsi nel mero conferimento della necessaria forma al messaggio da comunicare, ovvero estendersi ad una scelta: nella misura in cui la forma grafica dei messaggio diventa contenuto, l’attività assume natura giornalistica.

Determinante appare la differenziazione di questa attività dall’attività dei poligrafici, la quale si esaurisce nella trasposizione grafica della notizia da comunicare. Se la scelta della specifica informazione da comunicare (o non comunicare) è del direttore, la specifica acquisizione ed elaborazione dell’informazione(cori contributo di pensiero) è del giornalista.

Aspetto di questa elaborazione è anche la costruzione della notizia (ove, come contributo all’elaborazione, esprima apporto di pensiero) attraverso la sua presentazione, con selezione e scelta della relativa collocazione, nonché delle immagini, e dei caratteri grafici (e della spaziatura e della relativa combinazione con le immagini) che la esprimono.

Al limite, anche adoperare un certo carattere tipografico e non altro, ovvero riportare il fatto in una determinata colonna od in una determinata pagina (e non in altre), ove non si esauriscano nel mero conferimento d’una necessaria forma a messaggio bensì esprimano un personale contributo di pensiero (idee e cultura e sensibilità, con le quali il fatto è percepito ed interpretato e valutato),costituiscono attività giornalistica.

In questo quadro, anche le scelte e le indicazioni degli autori degli articoli (da pubblicare) del direttore non escludono la possibile permanenza d’uno spazio in cui, nella presentazione della notizia, si esprima un contributo creativo.

L’accertamento della concreta presenza di tali caratteri nell’attività svolta, è funzione dei giudice di merito, che esige analitica adeguata valutazione: e l’accertamento, avendo per oggetto un fatto, in quanto privo di vizi logici e giuridici in sede di legittimità è insindacabile.

8. Nel caso in esame, il giudicante, su un piano generale, non nega questi principi. Attraverso l’istruttoria testimoniale erano stati tuttavia acquisiti molteplici elementi. Alcuni esposti in sentenza, altri autosufficientemente esposti dal ricorrente (il C. comunicava “quali erano le sue idee sull’impaginazione”, collaborava alla scelta ed al taglio della foto di copertina, ed “era compito del C. dare un taglio grafico tale da esaltarla”, “scegliere il fondo di colore su cui mettere la foto”, “la foto di copertina era scelta dal Direttore, ci poteva essere una proposta da parte del C. sul taglio e l’impaginazione di copertina, era comunque sempre un’attività in collaborazione”; per quanto riguarda le foto, il C. “si occupava della scelta delle fotografie”, “decideva la veste grafica da dare alle stesse”; “insieme con il direttore ed il capo redattore decideva la strutturazione grafica dei servizi”). Ed il giudicante non dà adeguato conto del fatto che queste attività non conducano ad un contributo di pensiero.

Né indica le ragioni per le quali “le scelte e le indicazioni degli autori degli articoli e del direttore” escludessero la permanenza d’uno spazio in cui, nella presentazione della notizia, il C. esprimesse il proprio contributo creativo.

Né indica le ragioni per cui la pur ritenuta “creatività” ravvisata nell’attività del C. non integrasse il predetto contributo di pensiero.

Il ricorso principale deve essere accolto. Con la cassazione della sentenza, la causa deve essere rinviata a contiguo giudice di merito, che, applicando gli indicati principi (esposti sub “6.” e “7”), accerterà e valuterà i fatti, nel contempo disciplinando le spese del giudizio di legittimità.

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