I milioni di Google travolgono gli imbarazzi degli editori

Siamo ad una svolta forse epocale: gli editori vedono in Google Book Search un modello di business appetibile. Ritirata la denuncia depositata anni fa, i big del settore inventano a Mountain View la nuova editoria digitale


Punto Informatico

Roma – Google pagherà 125 milioni di dollari per fare pubblicità ad autori ed editori: le case editrici sembrano aver compreso le opportunità offerte da Google Book Search e dimostrano l’intenzione di arrendersi negoziando con Mountain View un accordo extragiudiziale di portata milionaria e potenzialmente rivoluzionaria.

Era il 2005 quando il presidente della Authors Guild, associazione di autori statunitensi, aveva definito il progetto di scansione e di pubblicazione massiva di Google “una evidente e spudorata violazione del diritto d’autore”. Era scattata la class action, seguita a ruota dalla denuncia della Association of American Publishers e di una manciata di colossi dell’editoria. Il fatto che Google offrisse indiscriminatamente agli scanner testi caduti in pubblico dominio e testi ancora protetti dal copyright, il fatto che ne rendesse accessibili ai netizen delle porzioni consistenti senza aver fatto richiesta ai detentori dei diritti, aveva scatenato i fervori del mondo editoriale, che da più parti ingiungeva la cessazione dell’intemperante servizio.

Molti degli editori, dal 2005 ad oggi, hanno moderato il proprio atteggiamento intransigente, hanno ammorbidito i toni e hanno cominciato ad abbracciare il sistema proposto da Google. Esemplare l’ammissione di un manipolo di case editrici che è stata costretta a riconoscere che il servizio di ricerca e di assaggio di libri di Mountain View fosse uno strumento utile ad aumentare le vendite, uno strumento di cui editori come Harper Collins si sono appropriate declinandolo a seconda delle proprie esigenze.
Incoraggiata da queste timide ammissioni, Google non ha rinunciato a perseverare. Le denunce della concorrenza si sono abbattute su Mountain View, ma il mercato sembra aver decretato il vincitore: Microsoft, che accusava Google di assumere un atteggiamento troppo disinvolto nei confronti del diritto d’autore, si è definitivamente ritirata dal business dei libri online. Google, nel contempo, si è inventata il modello di business dell’editoria del futuro fianco a fianco con editori e autori, con AAP, Authors Guild e tutti coloro che vorranno aderire.

La proposta di archiviare il caso pendente in tribunale deve ancora passare dall’approvazione di un giudice federale ma è già estremamente articolata e lungimirante: oltre a ricompensare con 45 milioni di dollari gli autori i cui libri sono già stati messi a disposizione, Google offrirà agli editori di tutto il mondo informazioni, strumenti di controllo e possibilità di guadagni, e riceverà in cambio l’autorizzazione a procedere con la pubblicazione online a favore dei netizen statunitensi. Il fulcro dell’accordo da 125 milioni di dollari sarà l’istituzione di un registro degli autori, definito Book Rights Registry: vi saranno annoverati tutti gli autori che lo desiderino e vi sarà registrata la loro disponibilità o meno ad offrire le opere alla scansione, contribuirà a prevenire il problema delle opere orfane. Attraverso il registro verranno gestiti i pagamenti e le compensazioni che gli autori otterranno attraverso i servizi offerti dalla grande G.

Non basterà introdurre il registro per gestire al meglio le aspettative dei detentori dei diritti: per offrire un servizio sempre più di valore, per ampliare il ventaglio dei sette milioni di libri già indicizzati, Google, gli autori e gli editori stanno meditando di introdurre nuove possibilità per mettere a disposizione i testi. Si lavorerà in primo luogo sui testi che non vengono più stampati, testi pressoché irreperibili nelle librerie, disseminati in biblioteche polverose o ordinati in scaffali di istituzioni lontane migliaia di chilometri dal lettore: sono testi che verranno scansionati con urgenza e messi a disposizione per il 20 per cento in anteprima per i netizen e a vantaggio di autori che non vendono più attraverso i canali tradizionali. Il cittadino della rete potrà acquistare il testo completo in formato digitale, tornando a far fruttare i testi che non conviene più produrre e vendere in formato cartaceo.

Se autore e editore si dimostrassero d’accordo, lo stesso acquisto di libri digitali si potrà concludere per le opere coperte dal copyright e ancora sul mercato: avranno la possibilità di aprire nuovi canali di vendita e di soppesare l’interesse della platea dei lettori monitorando gli accessi ai testi offerti al mercato online e alla pubblicità che attornierà le pagine sfogliate. Google si riserverà il 37 per cento delle entrate garantite dalla vendita dei libri e dalla pubblicità affiancata alle anteprime dei testi, il resto convergerà nel registro e verrà equamente diviso fra i detentori dei diritti. Google e gli editori sono d’accordo nel plasmare modelli di sottoscrizione per l’accesso ai testi completi a favore di istituzioni e agenzie educative. Non di solo mercato si tratta: biblioteche e scuole potranno approfittare gratuitamente e liberamente delle opere fuori catalogo nella loro interezza, mentre verranno messe a punto soluzioni per agevolare gli utenti disabili nella fruizione dei testi.

“La missione di Google è quella di organizzare l’informazione mondiale e di renderla accessibile e utile su scala universale – ha ricordato Sergey Brin – Oggi, insieme con gli autori, gli editori e le biblioteche siamo stati in grado di fare un grande balzo in avanti in questo senso”. Si tratta di un accordo scaturito dal “buon senso”, a parere del presidente della Authors Guild Roy Blount. Prima di chiamare in causa il mercato, sarà un giudice federale a decidere del futuro dell’editoria digitale.

Gaia Bottà

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