La possibile acquisizione di Radio DeeJay, Radio Capital ed m2o (oltre a DeeJay Tv, al quotidiano La Repubblica ed alla concessionaria Manzoni) da parte dei greci di Ant1 Group aprirebbe un fronte inedito per la radiofonia italiana: il confronto tra il modello fluido e digitalizzato dei Kyriakou e la tradizione editoriale del gruppo GEDI.
In attesa di scoprire se l’ipotesi rimbalzata sui giornali nelle scorse settimane e continuamente alimentata possa concretizzarsi, proviamo ad elaborare uno scenario per capire la portata di un’operazione che potrebbe costituire uno shock per il sistema radiofonico italiano.
Sintesi
L’interesse del gruppo greco Ant1 – controllato dalla famiglia Kyriakou – per il comparto radiofonico del gruppo GEDI (Elemedia) potrebbe trasformarsi nel primo ingresso strutturale di un broadcaster ellenico nel mercato italiano.
Un’operazione che andrebbe ben oltre la semplice cessione industriale, configurandosi come un vero scontro tra due visioni relativamente distanti della radio: quella internazionale, integrata e tecnologicamente scalabile di Ant1 e quella editoriale, localizzata, identitaria e tradizionale di GEDI.
Dietro l’ipotesi si intravedono già ricadute strategiche e occupazionali significative: centralizzazione di governance, ristrutturazione dei ruoli, ma anche creazione di nuove figure digitali e di contenuto.
Tuttavia, il rischio di discontinuità socioculturale – soprattutto per un marchio-simbolo come Radio DeeJay – resterebbe elevato.
In gioco non c’è solo la proprietà di tre emittenti, ma il possibile passaggio della radio italiana da un modello editoriale tradizionale a uno fluido, globale e data-driven, che inevitabilmente costituirebbe uno shock sistemico.
L’articolo più letto
L’articolo più letto della settimana, come era del resto prevedile, è stato quello sulla possibile acquisizione del comparto radiofonico (oltre al quotidiano La Repubblica) del gruppo GEDI da parte degli armatori-editori greci di Ant1 Group (Antenna Group). Una ipotesi che aprirebbe scenari di profonda ridefinizione nel mercato radiofonico italiano, anche e soprattutto guardando al modello organizzativo ed ai formati delle radio della famiglia Kyriakou.
L’ombra lunga dei Kyriakou su Via Cristoforo Colombo
Secondo diffusi rumors rimbalzati su numerose testate italiane (e non solo) il gruppo greco Ant1 Group, facente capo alla famiglia Kyriakou (forse insieme al principe saudita Bin Salman), sarebbe in pole position per rilevare il quotidiano La Repubblica l’area radiofonica del gruppo GEDI, ovvero Elemedia S.p.A., che controlla Radio DeeJay (e DeeJay Tv), m2o e Radio Capital oltre alla concessionaria Manzoni.
Un’operazione (si parla di un valore di 118 mln di euro, anche se qualcuno abbassa la cifra a 100) che, se attuata, sancirebbe il primo ingresso di un grande gruppo media ellenico nel broadcasting italiano, con implicazioni che travalicherebbero la mera cessione industriale.
Collisione tra due modelli radiofonici e organizzativi?
Non si tratterebbe, infatti, di un semplice passaggio di consegne, ma di una vera e propria collisione tra modelli radiofonici ed organizzativi profondamente differenti: quello internazionale, digitalmente maturo e brand-centrico di Ant1 e quello più tradizionale e lineare di GEDI, ancora fortemente ancorato all’impianto analogico della radio italiana.
Ant1 Group: la vocazione di un broadcaster globale
Il gruppo Ant1 (che orbita nelle galassie Athenian Sea Carriers Ltd e K Group), nato ad Atene negli anni ’80 e progressivamente trasformatosi in un conglomerato mediatico internazionale, rappresenta oggi un esempio ultra europeo di integrazione verticale tra produzione di contenuti, televisione, radio, digitale e distribuzione multipiattaforma.
Easy 97,2 e Rythmos 94,9
In patria Ant1 Group controlla stazioni come Easy 97.2, fondata nel 1988 dalla famiglia Kyriakou (come Antenna 97.1, attraverso la Radio and Television Enterprises S.A.) e caratterizzata da un formato soft music integrato da informazione, pensato per un ascolto continuativo e rilassato da parte di un pubblico adulto e Rythmos 94.9, tra le prime emittenti in Grecia nel segmento mainstream, integrate nella piattaforma proprietaria Soundis.gr.
Baricentro
Il baricentro non è però nella sola Atene: Ant1 dispone di filiali in Nord America, Europa (orientale) ed Australasia, con un approccio di espansione glocal, basato sulla integrazione di contenuti nei mercati di destinazione attraverso una regia strategica centralizzata.
Il modello Kyriakou
In sostanza, il modello Kyriakou è quello del gruppo dinamico e flessibile, che concentra i processi decisionali e digitali in pochi hub tecnologici (spesso condivisi con partner come Bauer Media Audio) e poi declina localmente brand e format. Una filosofia manageriale di efficienza creativa: investire su contenuti scalabili, ridurre la duplicazione di funzioni e costruire economie di scala sulla tecnologia.
GEDI ed Elemedia: tre brand ed una (ingombrante) eredità analogica
Dall’altra parte, GEDI rappresenta una delle ultime roccaforti del modello editoriale italiano classico, dove la radio è un asset di prestigio ed influenza più che un driver di profitto. Il comparto Elemedia – che raggruppa Radio DeeJay, Radio Capital e m2o (oltre a Deejay TV e canali digitali ancillari) – è frutto di una stratificazione di storie, stili e pubblico: dalla tradizione pop e d’intrattenimento di DeeJay, alla vocazione informativo-politica adulto-contemporanea di Radio Capital, fino all’universo dance di m2o, forse il soggetto più complesso da collocare in un mondo dove i giovani ascoltano sempre meno la radio lineare.
Mix in equilibrio instabile
Un mix probabilmente ancora vincente in termini di notorietà, ma sempre più oneroso in termini di gestione e soprattutto meno strategico per un gruppo che ha mire industriali globali sempre meno legate all’editoria.
Exor
E infatti la stessa Exor – azionista di controllo – non ha nascosto, coi suoi comportamenti concludenti (e comunque non smentiti), che mantenere un comparto radio così articolato, all’interno di un gruppo dove l’editoria ha sempre meno rilevanza, rischia di essere più un freno che un vantaggio competitivo.
Motive
In altre parole, stampa e radio sembrano essere percepiti dagli Elkann come corpi estranei rispetto alla strategia core, proiettata su automotive a livello mondiale, dove il condizionamento politico locale che nel secolo scorso aveva spinto la famiglia Agnelli (come altre dinastie industriali) a dotarsi di media di proprietà, appare sempre meno incidente.
Il punto di contatto
Ma è proprio qui che l’interesse di Ant1 potrebbe trovare la sua logica industriale. Per i Kyriakou, l’Italia rappresenterebbe non solo un nuovo mercato (ed il primo sbocco nell’Europa occidentale, posta la presenza – fuori dalla Grecia – nelle sole Romania, Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, nei Balcani e a Cipro), ma una piattaforma audio (e video) di respiro internazionale, da connettere alla rete esistente di stazioni e contenuti del gruppo.
Efficienza, digitalizzazione, cross-media
La struttura di Elemedia – anche se tra le meno digital-oriented tra quelle del comparto radiofonico italiano – potrebbe essere un terreno fertile per replicare il modello integrato ellenico: un centro di produzione unificato, un’infrastruttura tecnologica condivisa ed una rete di contenuti adattabili a più formati lineari ed on demand.
Governance ridisegnata
Tuttavia, in un’ipotesi di acquisizione, è probabile che Ant1 ridisegnerebbe la governance delle radio GEDI, riducendo l’attuale assetto sostanziale federale che vede molti livelli di indipendenza tra le tre stazioni (ed anche tra i vari comparti industriali). Un processo che, pur migliorando l’efficienza operativa, implicherebbe inevitabilmente una revisione occupazionale nelle sedi italiane: riduzione di funzioni duplicate, razionalizzazione di staff, accorpamento di strutture.
Nuove figure al posto delle vecchie
Per contro, come avviene in ogni processo di internazionalizzazione, la dolorosa riduzione di alcune posizioni potrebbe essere bilanciata dall’integrazione di nuove figure legate alla transizione digitale – data analyst, producer, designer, scouter, content strategist – figure oggi ancora rare in Italia, ma sempre più cruciali per la radiofonia moderna.
Il rischio: discontinuità identitaria
Il vero nodo, però, non è solo industriale. Il rischio maggiore, nel caso di una regia estera, riguarda la continuità identitaria dei brand.
Radio DeeJay, in particolare, non è una radio come le altre: è un simbolo culturale, un linguaggio condiviso con intere generazioni di ascoltatori. Un intervento troppo deciso sul mood, sui conduttori o sull’impostazione musicale potrebbe produrre effetti di rigetto da parte del pubblico. Ant1, in caso di acquisizione, dovrebbe quindi bilanciare il sin qui dimostrato istinto di ottimizzazione con un approccio culturale sensibile, capace di comprendere la specificità italiana.
Il modello greco è compatibile con quello italiano?
Laddove in Grecia le radio del gruppo sono music & news estremamente ottimizzate in termini di sinergie di insieme, in Italia il valore del brand è spesso legato alla personalità dell’emittente, alla familiarità del conduttore e quindi fondato su un’identità non tanto di gruppo quanto di prodotto editoriale specifico. Una transizione mal calibrata rischierebbe quindi di trasformare storici prodotti italiani (soprattutto DeeJay) in content brand globali, perdendo il radicamento territoriale che ne ha decretato il successo.
Impatto occupazionale e sindacale
Sotto il profilo occupazionale, invece, la prospettiva di un ingresso di Ant1 aprirebbe scenari molto complessi, soprattutto se, come pare, essa non fosse graduale, ma basata sul tutto e subito (considerata la apparente volontà degli Elkann di disimpegnarsi senza ulteriore indugio). Una ristrutturazione mirata alla digitalizzazione, infatti, non prescinderebbe certamente da una revisione dei ruoli interni, con possibili tagli alle aree amministrative e produttive più tradizionali.
La linea sottile tra efficienza e sostenibilità
Ma, al contempo, potrebbe rappresentare un’occasione di rigenerazione professionale, con percorsi di formazione e riconversione per nuove funzioni digitali, soprattutto in un gruppo, come detto, ancora troppo analogico, quantomeno come approccio al mercato.
Tutto dipenderà dal metodo
Un approccio top-down, tipicamente multinazionale (che appare verosimile), si scontrerebbe inevitabilmente con la struttura sindacale italiana e con le logiche contrattuali del settore. Viceversa, una strategia più dialogante (ma meno probabile, analizzando i precedenti) – che valorizzasse la professionalità interna e introducesse gradualmente i nuovi processi – potrebbe rendere il passaggio più fluido e sostenibile.
Un’operazione che va oltre la radio
Quel che è certo è che, se portata a termine, la cessione del comparto radiofonico GEDI ad Ant1 Group rappresenterebbe uno spartiacque per l’intera industria audio italiana. Non solo per l’ingresso di un nuovo soggetto internazionale, ma perché segnerebbe la definitiva saldatura tra il broadcasting tradizionale e l’ecosistema audio-digitale, soprattutto per un gruppo ancora fortemente tradizionale come quello di GEDI.
Dal modello editoriale tradizione a quello fluido
Ant1, con la sua esperienza di media company fluida, porterebbe nel mercato un metodo che coniuga riduzione dei costi strutturali, sinergie di contenuto e monetizzazione multipiattaforma, mentre Exor concretizzerebbe la sua way-out da un mondo editoriale che gli sta sempre più stretto.
Opportunità o shock di sistema?
Sennonché, come spesso accade nel settore media italiano, l’esito dipenderà dall’equilibrio tra eredità culturale e bilanci. Se Ant1, in caso di acquisizione, sapesse rispettare la storia dei brand GEDI ed utilizzare la propria forza digitale come motore di rilancio, si potrebbe assistere alla nascita di un polo radiofonico europeo capace di competere sul piano dell’innovazione e dei contenuti e magari portare anche novità nella vendita degli spazi pubblicitari radiofonici (altro modello arcaico in Italia), soprattutto se nel perimetro d’acquisto ci fosse (come logica vorrebbe) anche la concessionaria A. Manzoni & C. Viceversa, se prevalesse la fredda logica del taglio e dell’accentramento, l’eventuale operazione potrebbe produrre un effetto domino: perdita di competenze, omologazione dei format e progressiva disaffezione del pubblico.