L’Italia e la banda larga: bisogna investire

A sostenerlo è Stefano Parisi, a.d. di Fastweb, che dice, inoltre: prendete esempio dagli operatori di telefonia mobile


Lo sviluppo della banda larga e le sue prospettive di diffusione sono al cento del dibattito, negli ultimi anni, tra gli operatori che operano sulla rete e nella telefonia mobile. Nel nostro Paese, purtroppo, la banda larga raggiunge diffusione ancora scarsa rispetto al resto dell’Europa occidentale e degli Stati Uniti, circostanza dovuta alla penuria di personal computer presenti nelle case degli italiani ed alla scarsa dimestichezza di gran parte di essi nell’utilizzarlo, quantunque lo abbiano. A conti fatti, il 40% delle famiglie e il 60% elle aziende vi hanno accesso, ad oggi, con prospettive di crescita ancora troppo basse rispetto agli standard europei. “A questi livelli di penetrazione e con i servizi ad oggi disponibili, la banda larga offerta dall’Adsl di Telecom Italia è più che sufficiente”, sostiene Stefano Parisi (foto), amministratore delegato di Fastweb, società fondata da Silvio Scaglia (di cui Parisi ha preso il posto dopo il passaggio di proprietà nelle mani di Swisscom) e primo operatore a portare la fibra ottica in Italia. Pubblica amministrazione on line ed e-commerce stentano a decollare; i siti web delle istituzioni sono in grado di fornire informazioni ma non ancora servizi: insomma, per garantire possibilità di sviluppo della tecnologia in banda larga sarà necessario ampliare la rete di utilizzatori, partendo proprio dalle istituzioni pubbliche. Prendendo, ad esempio, il settore della telefonia mobile. “Lo sviluppo della telefonia mobile – sostiene ancora Parisi – è stato garantito dalle tariffe di terminazione, che hanno premiato chi investiva in nuove infrastrutture. Oggi se vogliamo sviluppare la banda larga su rete fissa dobbiamo pensare a un meccanismo simile”. Investire, insomma, e premiare coloro che investono in infrastrutture, solo così la banda larga potrà avere un futuro nel nostro Paese. (L.B. per NL)

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