Memorie televisive: per non dimenticare i presupposti di fatto e di diritto dell’attuale sistema radiotelevisivo italiano

MT è un blog ricco di contributi storici della televisione italiana


Altro blog dedicato alle memorie televisive. In questo caso il sito si chiama proprio Memorie Televisive ed ospita contributi storici di un certo spessore della radiotelevisione italiana. Per esempio, il post dello scorso 6 novembre è dedicato al fenomeno della ripetizione delle tv estere nel nostro paese che, nel 1975 (con la promulgazione della famosa legge 103/75), costituì l’humus giuridico per la sentenza 202/1976 della Corte Costituzionale che avrebbe condotto alla cd. “liberalizzazione dell’etere”, scardinando il monopolio RAI su scala locale.

L’invasione delle tv straniere: Capodistria a Torino

Negli anni 60′ e 70′, prima che le televisioni cosiddette libere intasassero l’etere italiano, le uniche alternative alla Rai-TV erano i canali esteri ricevibili in alcune zone d’Italia. Inizialmente c’erano la tv svizzera e quella francese, captabili principalmente nelle zone di confine. Negli anni 70′ a queste si aggiunsero Capodistria e Montecarlo, con in più in alcune regioni del sud la televisione di Malta. Inutile dire come per anni ci furono contrasti tra la legislazione italiana e i proprietari dei ripetitori messi a disposizione per quelle reti, principalmente per la trasmissione di spot che danneggiava il mercato pubblicitario nazionale. Fiumi di parole vennero spesi nelle aule parlamentari per regolare la materia, con una serie di decreti e leggi intervallate da sentenze della corte costituzionale.
Intanto mentre da una parte si discuteva dall’altra si agiva.

Come riporta un articolo del quotidiano La Stampa, il 12 gennaio 1975 i telespettatori torinesi che seguivano da mesi le trasmissioni di Telelugano dal ripetitore di Corio Canavese ebbero la sorpresa di vedere sostituita quella emittente con Capodistria. Il merito fu di un gruppo di imprenditori cittadini che a loro spese predisposero il ripetitore per trasmettere il nuovo segnale. Il ripetitore era quanto di più fortunoso si potesse immaginare: tre antenne piazzate su una villetta sperduta tra i monti, una era addirittura fissata a un supporto di bambù in una terrazza dove i proprietari stendevano le lenzuola ad asciugare. C’era poi una cassetta metallica con le apparecchiature e il collegamento alla normale rete elettrica che, trattandosi di una zona praticamente non abitata, era tutt’altro che affidabile in quanto spesso il sabato e la domenica la tensione calava dai consueti 220 ai 200-180 volt, con conseguente minore capacità di trasmissione. Il ripetitore era già in funzione da un anno e mezzo ed era sopravvissuto l’autunno precedente a un tentativo di spegnimento condotto dall’Escopost, inviato dal Ministero delle Poste e Telecomunicazioni, grazie alla opposizione degli stessi commercianti che lo avevano realizzato. Questi ultimi sin da subito avrebbero voluto irradiare Capodistria ma dalle “alte sfere romane” venne loro consigliato di lasciar perdere.
Nel 1975 invece, con le televisioni estere che ormai dilagavano nell’etere italiano, il tentativo ebbe luogo. Il segnale partiva dall’Istria e le immagini arrivavano ancora “fresche” in Piemonte passando per i ripetitori di Verona e Monte Pellice.

Lo scopo dell’iniziativa era di movimentare il mercato delle antenne (ne serviva una in più per puntare il ripetitore di Capodistria senza rinunciare alla Rai) e dei televisori (Capodistria trasmetteva a colori mentre la quasi totalità delle persone aveva il televisore in b/n). La cosa parve funzionare; tra alcune proteste di chi chiedeva nuovamente la tv svizzera comunque ricevibile da altri tre ripetitori (Biella, Monviso, Aquila), ci furono in 3 giorni migliaia di richieste di installazione. Per inciso, una antenna costava all’epoca 10-15mila lire, il costo di un quotidiano era di 150 lire. L’investimento dei commercianti invece fu di circa 2 milioni, cifra definita regionevole, necessaria per orientare il ripetitore.

Come finì non lo so; già dal primo giorno c’era chi ipotizzava una trasmissione limitata ai soli film invece che a tutta la programmazione, altri proponevano trasmissioni alternate, un giorno dalla Svizzera e un giorno dalla Jugoslavia. Di certo all’epoca dell’articolo era ancora presto per vedere qualche reazione politica. Comunque sia andata, anche questo avvenimento va catalogato tra le iniziative pionieristiche dell’epoca, ormai dimenticate.

Bibliografia:
La Stampa, 16 gennaio 1975 pag. 11 – “Tele Capodistria” in Piemonte di Giorgio Battistini

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