Pubblicità e TV: la battaglia dei network alla ricerca dei target perduti in una società sempre più povera

Non si vede la luce in fondo al tunnel, e nel buio si continua a correre cercando di fare lo sgambetto agli avversari. Questa potrebbe essere la rappresentazione dello scenario che vede come attori i grandi network televisivi operanti nel mercato italiano, alle prese con la sistemica riduzione della torta degli investimenti pubblicitari, vera linfa vitale da cui dipende la sopravvivenza di chi fa impresa nei media.

L’ultima battaglia su questo fronte vede contrapposti Sky-Fox da una parte e Rai – Mediaset dall’altra, queste ultime accusate di praticare sconti inarrivabili sugli spot (si parla del 90% e oltre) pur di accaparrarsi la pianificazione dei propri canali. In realtà Daniele Ottier, direttore di Sky Advertising, più che prendersela con i diretti concorrenti, ce l’ha con i clienti e i centri media. Il problema infatti starebbe a monte, nel tentativo di raggiungere il target dei ricchi attraverso i poveri. Partendo da una disamina non proprio “politically correct” delle tendenze in atto nella società italiana sotto la morsa della crisi, in pratica Ottier sostiene che in Italia c’è almeno un 30% della popolazione sulla soglia della povertà, che guarda la tv generalista e gratuita ma non acquista nulla che non sia il minimo indispensabile, e che quindi non è di nessun interesse per gli investitori. Poi c’è invece una fascia di 15 milioni di famiglie che hanno ancora un minimo potere di acquisto, e all’interno di questa un buon 30% che ha disponibilità a spendere ancora di più: questi ultimi sarebbero i clienti di Sky, su cui evidentemente dovrebbero concentrarsi i pianificatori. Inutile, sempre secondo Ottier, cercare di intercettare almeno una parte di questa presunta élite attraverso i nuovi canali del digitale terrestre, che avrebbero un target diverso e neanche minimamente sovrapponibile. Al di là della sgradevolezza di dichiarazioni anche troppo business-oriented sulla necessità di scaricare i poveri (trascurando tra l’altro che, con i trend in atto, fra non molto puntare solo sui ricchi potrebbe non essere più sufficiente per la sopravvivenza), l’invettiva lanciata da Sky e Fox tradisce un po’ di preoccupazione proprio nei confronti dell’offerta tematica free del DTT. Per ora gli share non sono tali da impensierire nessuno, ma una certa tendenza alla crescita pare evidente, soprattutto per i canali di qualità prodotti da Rai e Discovery Italia. Se poi si considerano le insidie delle sterminate praterie del video via web, ecco che il futuro della pay-tv si fa denso di incertezze. E’ quindi comprensibile un certo timore della concorrenza, così come evidenzia il neo-editore di La7, Urbano Cairo, in una recente intervista a Italia Oggi. Lo stesso Cairo, con una certa dose di buon senso, nota anche che la politica degli sconti, se effettivamente praticata in maniera smodata come denunciato da Sky (peraltro già ampiamente smentita sia da Rai che da Mediaset) inevitabilmente impatterà sui bilanci, e rappresenterà un comunque un segno di debolezza e di incapacità di raggiungere gli obiettivi chiesti dagli investitori. Nonostante tutto, c’è chi teme che questo ennesimo colpo di coda dei dinosauri televisivi possa affossare definitivamente i tentativi di sopravvivenza degli altri media, spostando ulteriormente l’equilibrio degli investimenti a favore della tv rispetto alla carta stampata e al web. In realtà, se per la stampa come l’abbiamo conosciuta finora la crisi sembra ormai irreversibile, la tendenza a convergere sulla rete di tutto il mondo mediale, televisione compresa, non sarà certo messa in crisi da politiche commerciali contingenti e di corto respiro. Come la storia della comunicazione di massa insegna, nulla si crea o si distrugge ma tutto si trasforma: in un mercato in cui si moltiplicano le offerte alternative, saranno comunque gli utenti a decidere, ricchi o poveri che siano, il futuro del settore. (E.D. per NL)
 

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