Radio digitale: l’Europa (e l’Italia) ci riprovano. Senza convinzione e senza interesse alcuno da parte dell’utenza

Le vicende della radio digitale in Europa sembrano rispecchiare le regole di una legge di mercato rovesciata: mentre gli ascoltatori-utenti non si sognano nemmeno di abbandonare la cara vecchia FM (afflitti come sono da problemi finanziari sempre più gravi), tutta una serie di soggetti istituzionali ed economici continuano a spingere verso il cambiamento, evocando mirabolanti vantaggi nell’adozione delle nuove tecnologie.

Vantaggi che, allo stato attuale, sembrano ancora più evanescenti di quelli a suo tempo prospettati per il passaggio alla televisione digitale terrestre. I prossimi 15 e 16 aprile in Trentino, a Riva del Garda, si terrà un corposo seminario, dal titolo “The digital radio experience: Case studies on going digital”, che si pone l’obiettivo di fare il punto sulla diffusione degli standard DAB/DAB+ e DMB in Europa e in Italia, stabilire le prossime tappe dello sviluppo della radiofonia digitale e del mercato dei ricevitori, con un occhio privilegiato sul segmento degli allestimenti after-market per le automobili. Il seminario è promosso dal WorldDMB Forum, organizzazione internazionale volta alla promozione degli standard della digital radio, da Trentino Network, società ICT della Provincia di Trento, e dal Club DAB Italia, consorzio che riunisce diverse emittenti radiofoniche nazionali ed è operatore di rete autorizzato dal Ministero dello sviluppo economico-Comunicazioni. Com’è noto, infatti, proprio il Trentino è stato scelto come area pilota per il lancio delle prime trasmissioni commerciali DAB in Italia. L’avvio dei programmi sarà presentato in una conferenza stampa a Trento, lo stesso giorno dell’avvio del seminario, organizzata da ARD (Associazione Radio Digitale, che riunisce RAI, Aeranti-Corallo e RNA-Radio Nazionali Associate) con la partecipazione della Provincia Autonoma di Trento e dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom). A fare da cornice una recente (febbraio 2013) raccomandazione dell’EBU che ritiene il mercato europeo ormai maturo per adottare senza indugi i nuovi standard digitali, compreso il DRM (ovvero la radio digitale in banda AM) e il radioDNS (ovvero il broadcast integrato con servizi internet), fissando scadenze temporali precise per lo switch-off dell’analogico, condizione quest’ultima ritenuta essenziale per far decollare il mercato. Un’imponente schieramento, insomma, di soggetti economici e istituzionali, tutto a favore di quel “balzo definitivo” verso la radio digitale di cui si favoleggia da anni ma che finora si è rivelato un miraggio irraggiungibile. In realtà l’ultimo rapporto del World DMB Forum disegna uno scenario con (poche) luci e (tante) ombre sull’evoluzione del settore: in alcuni paesi europei, quelli dove storicamente si è investito di più, anche da parte pubblica (Regno Unito, Norvegia, Svizzera) si comincia a parlare di switch-over, ovvero di graduale spegnimento dell’FM in favore del DAB e simili, ma quasi mai viene definita una data precisa, mentre si fissano condizioni legate alla copertura e alla diffusione dei ricevitori. In altre nazioni importanti peraltro (Germania e Francia, ad esempio, ma anche Italia) l’evoluzione procede piuttosto faticosamente. La via attraverso la quale si pensa ora di dare una scossa al mercato è quella del settore automobilistico: l’ascolto radiofonico in mobilità è infatti molto diffuso tra gli ascoltatori europei, e l’impatto che potrebbe avere l’introduzione dei ricevitori digitali negli allestimenti di base viene valutato come decisivo dagli operatori. Anche i costruttori sembrano crederci, e un numero sempre maggiore di nuovi modelli fa il suo ingresso nel mercato già equipaggiato di ricevitore digitale. Si parla anche di dispositivi ibridi di infotainment digitale che siano in grado di gestire ricezione radio, informazioni sul traffico, navigazione satellitare, web, ecc. combinando tecnologie broadcast (come il DAB) e broadband (come l’internet mobile su rete cellulare). Fondamentale sarà anche la disponibilità di circuiti integrati di decodifica universali a basso costo: su questo tipo di produzione punta molto l’industria europea dell’elettronica, che spera così di risollevarsi mettendo un argine all’ondata di chip proveniente dall’estremo oriente. Al di là del comprensibile interesse dei governi e dell’economia a favorire un settore in netta crisi come quello dell’elettronica europea, ancora però non si vede all’orizzonte la killer application che sia in grado di convincere i consumatori a creare una vera domanda di radio digitale, presupposto che dovrebbe essere alla base dell’espansione di un mercato che finora appare tenuto in piedi soprattutto da stampelle pubbliche. Il presunto (e spesso contestato) miglioramento qualitativo e i servizi multimediali e informativi proposti da evoluzioni dello standard come il DMB non appaiono certo decisivi, soprattutto in un mondo sempre più web-dipendente. Su questo le tecnologie della digital radio, innovative al momento della loro introduzione (per il DAB parliamo di fine anni 80…) scontano l’eterno status di promesse non realizzate. L’ingresso in forze dei costruttori automobilistici è sicuramente importante per l’apporto che darà alla diffusione della tecnologia presso gli utenti (e alla produzione di chip di decodifica), tuttavia il nocciolo della questione rimarrà quello di individuare il vero “valore aggiunto” della radiofonia digitale rispetto alla “vecchia” FM: vecchia sì, ma funzionale e assai profondamente radicata nelle abitudini degli utenti di tutta Europa. (E.D. per NL)

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