(La prima parte dell’articolo qui). Del resto, se si osserva l’andamento del mercato dei ricevitori radio evoluti, si scopre la tendenza dei costruttori ad abbinare ad un sintonizzatore in modulazione di frequenza (quale radio analogica) un modulo di ricezione digitale incentrato non già sulle varie soluzioni DAB-T, bensì sul webcasting (in pratica un ricevitore FM+WEB wi-fi).
La stessa Sirius-XM ha qualche mese fa rilasciato le applicazioni iPhone per la ricezione, attraverso la infrastruttura cellulare, dei contenuti delle proprie radio satellitari (si stima che negli Stati Uniti gli utenti di iPhone siano 7 milioni e l’ascolto dei canali tematici dell’operatore satellitare potrebbe rientrare nei loro gusti). Anche il costruttore europeo Blaupunkt ha ultimamente presentato due ricevitori radio che si connettono via Bluetooth a un cellulare e trasmettono in streaming tutte le stazioni online grazie a un Internet service 3G. Le due autoradio lavorano l’Internet database MiRoamer per individuare le stazioni disponibili in modo che in pochi click si possa raggiungere l’emittente desiderata. La circostanza che il maggior impegno degli operatori di telefonia mobile mondiali sia quello di presidiare la fase di sviluppo e gestione del wireless, inteso come accesso a Internet in condizione di mobilità, è indicatore che il mobile streaming e non già la tecnologia DAB-T sarà l’approdo definitivo della radio digitale. La radio numerica vedrà con ogni probabilità la consueta diversificazione dei ruoli tra content e network provider, ai quali siamo già stati abituati in ambiente web e nella tv satellitare e digitale terrestre. Anche il regolatore nazionale (Agcom), preso atto della descritta evoluzione tecnica, sta orientando il proprio intervento normativo nella direzione della neutralità tecnologica, stante l’impossibilità di individuare preventivamente il futuro formato dominante (cfr. relazione Annuale 2009 Agcom). Punto fermo, quindi, sarà certamente la separazione netta (formale e sostanziale) dei ruoli di operatore di rete e fornitore di contenuti. In relazione a ciò, è indicativo il fatto che, mentre per quanto concerne Internet e tv satellitare è assodata la separazione dei ruoli (la gran parte dei content provider non riveste il contemporaneo ruolo di Internet service provider o di Sat provider), per quanto attiene la tv digitale terrestre solo ora sta maturando il convincimento dell’opportunità di mantenere distinti i compiti anche a livello imprenditoriale. Le esperienze di comunione di ruoli sono, infatti, risultate nel tempo infelici. Il comportamento tipico degli operatori radiofonici italiani è stato sinora quello di sottovalutare l’importanza dell’attività editoriale in senso stretto (realizzazione dei contenuti) rispetto a quella distributiva (infrastrutture di diffusione del segnale). Ovviamente, ciò discende dal retaggio (o dalla congiuntura) della trentennale, particolare, situazione italiana, nella quale si è sviluppato un trading delle frequenze, trattate come beni in proprietà e non meramente in uso, che non ha corrispondenza in altri paesi, dove esse – come è giuridicamente corretto – sono appannaggio dello Stato che ne concede l’utilizzo per un arco temporale definito (e non sostanzialmente illimitato come in Italia). Prova degli effetti distortivi dell’anomalia italiana si rinviene nello scarsissimo valore attribuito generalmente alle imprese radiofoniche nel loro complesso rispetto al mero valore degli impianti di diffusione ad esse asserviti. Nella stragrande parte dei casi, infatti, l’azienda radiofonica vale esattamente quanto i propri impianti, con ciò implicitamente assegnando valore zero (o quasi) all’avviamento editoriale. In prospettiva, quindi, c’è da attendersi una lunga fase di transizione (dieci/quindici anni) basata sull’esercizio di attività editoriale radiofonica, in senso ampio, in ambito analogico (identità di produttore di contenuti e distributore degli stessi) e di content provider in ambito digitale in sinergia con operatori delle telecomunicazioni (network provider) garanti della distribuzione a fronte di un canone che potrebbe anche trovare bilanciamento parziale o integrale alla presenza di prodotti di qualità da veicolare.(riproduzione riservata – © Consultmedia.it)
La stessa Sirius-XM ha qualche mese fa rilasciato le applicazioni iPhone per la ricezione, attraverso la infrastruttura cellulare, dei contenuti delle proprie radio satellitari (si stima che negli Stati Uniti gli utenti di iPhone siano 7 milioni e l’ascolto dei canali tematici dell’operatore satellitare potrebbe rientrare nei loro gusti). Anche il costruttore europeo Blaupunkt ha ultimamente presentato due ricevitori radio che si connettono via Bluetooth a un cellulare e trasmettono in streaming tutte le stazioni online grazie a un Internet service 3G. Le due autoradio lavorano l’Internet database MiRoamer per individuare le stazioni disponibili in modo che in pochi click si possa raggiungere l’emittente desiderata. La circostanza che il maggior impegno degli operatori di telefonia mobile mondiali sia quello di presidiare la fase di sviluppo e gestione del wireless, inteso come accesso a Internet in condizione di mobilità, è indicatore che il mobile streaming e non già la tecnologia DAB-T sarà l’approdo definitivo della radio digitale. La radio numerica vedrà con ogni probabilità la consueta diversificazione dei ruoli tra content e network provider, ai quali siamo già stati abituati in ambiente web e nella tv satellitare e digitale terrestre. Anche il regolatore nazionale (Agcom), preso atto della descritta evoluzione tecnica, sta orientando il proprio intervento normativo nella direzione della neutralità tecnologica, stante l’impossibilità di individuare preventivamente il futuro formato dominante (cfr. relazione Annuale 2009 Agcom). Punto fermo, quindi, sarà certamente la separazione netta (formale e sostanziale) dei ruoli di operatore di rete e fornitore di contenuti. In relazione a ciò, è indicativo il fatto che, mentre per quanto concerne Internet e tv satellitare è assodata la separazione dei ruoli (la gran parte dei content provider non riveste il contemporaneo ruolo di Internet service provider o di Sat provider), per quanto attiene la tv digitale terrestre solo ora sta maturando il convincimento dell’opportunità di mantenere distinti i compiti anche a livello imprenditoriale. Le esperienze di comunione di ruoli sono, infatti, risultate nel tempo infelici. Il comportamento tipico degli operatori radiofonici italiani è stato sinora quello di sottovalutare l’importanza dell’attività editoriale in senso stretto (realizzazione dei contenuti) rispetto a quella distributiva (infrastrutture di diffusione del segnale). Ovviamente, ciò discende dal retaggio (o dalla congiuntura) della trentennale, particolare, situazione italiana, nella quale si è sviluppato un trading delle frequenze, trattate come beni in proprietà e non meramente in uso, che non ha corrispondenza in altri paesi, dove esse – come è giuridicamente corretto – sono appannaggio dello Stato che ne concede l’utilizzo per un arco temporale definito (e non sostanzialmente illimitato come in Italia). Prova degli effetti distortivi dell’anomalia italiana si rinviene nello scarsissimo valore attribuito generalmente alle imprese radiofoniche nel loro complesso rispetto al mero valore degli impianti di diffusione ad esse asserviti. Nella stragrande parte dei casi, infatti, l’azienda radiofonica vale esattamente quanto i propri impianti, con ciò implicitamente assegnando valore zero (o quasi) all’avviamento editoriale. In prospettiva, quindi, c’è da attendersi una lunga fase di transizione (dieci/quindici anni) basata sull’esercizio di attività editoriale radiofonica, in senso ampio, in ambito analogico (identità di produttore di contenuti e distributore degli stessi) e di content provider in ambito digitale in sinergia con operatori delle telecomunicazioni (network provider) garanti della distribuzione a fronte di un canone che potrebbe anche trovare bilanciamento parziale o integrale alla presenza di prodotti di qualità da veicolare.(riproduzione riservata – © Consultmedia.it)