Radio digitale. Nella grande distribuzione le prime IP Radio. Il nodo degli aggregatori

Sono in vendita nella grande distribuzione elettronica i primi ricevitori economici per le trasmissioni radio IP. Diversi i modelli disponibili, sui quali primeggiano quelli dell’inglese Pure (foto), a prezzi anche sotto i 100 euro.

Le radio si collegano automaticamente a connessioni disponibili in Wi-Fi (se free, senza procedure; se protette, previo inserimento del codice d’accesso) e consentono – in funzione di liste preinserite – di ricevere da 8.000 a 208.000 stazioni presenti in streaming sul web (e diversi apparecchi hanno funzioni anche per il podcasting). La novità, che anticipa l’arrivo, previsto tra il 2017 ed il 2018, delle autoradio IP nell’ambito delle vetture interconnesse, sta portando alla luce un problema non di poco conto per gli operatori: quello degli aggregatori. Infatti, la quasi totalità dei ricevitori, come detto, per favorire l’utente, dispone di preselezioni che attingono a database captive (es. connect.pure.com o peaq.flowlive) o indipendenti (es. Tunein o Online Radio Box) e raramente si ha la possibilità di inserire autonomamente la stringa per lo streaming di una stazione specifica (o se la funzione è consentita come negli apparecchi Auna o Noxon, essa è molto complicata). Ciò significa che, per essere concretamente fruibili, le stazioni devono iscriversi nei database degli aggregatori, di norma attraverso una semplice richiesta o con una procedura guidata sul portale di riferimento. Ovviamente la gestione privatistica di tali banche dati espone le emittenti al rischio di un’estromissione arbitraria o di una possibile futura richiesta di canoni, sicché la questione meriterà certamente una regolamentazione sovranazionale. D’altra parte, stante il numero di emittenti da gestire, è fuori discussione l’utilizzo di logical channel number (che dovrebbero essere di 6 cifre e quindi difficilmente memorizzabili). Sul punto la stessa Pure fa sapere che la problematica è oggetto di attenzione dell’Internet Media Devices Alliance (IMDA), "un’associazione che si pone come obbiettivo di evitarvi di reinserire tutte quelle tediose informazioni richieste precedentemente per ciascuna società che gestisce un portale di radio internet". "Poiché – spiega il produttore – le specifiche IMDA sono diventate uno standard, abbiamo intenzione di sostenere questo sistemauna - Radio digitale. Nella grande distribuzione le prime IP Radio. Il nodo degli aggregatoria". Sulla stessa linea l’inglese BBC, che ha realizzato Radioplayer, una partnership senza scopo di lucro tra la BBC e le radio commerciali. "Il nostro obiettivo è quello di mantenere per la radio un ascolto semplicato attraverso i dispositivi collegati a internet, come computer, smartphone e tablet", fanno sapere dall’ente radiofonico inglese. In termini di consolidamento della tecnologia, considerata la modesta incidenza dell’ascolto stanziale rispetto a quello outdoor (20% in diminuzione il primo), è chiaro che lo sviluppo esponenziale avrà luogo con l’implementazione delle reti telefoniche a 4G e 5G, che vedrà un’impennata dopo il 2020 con la liberazione della banda a 700 MHz attualmente occupata dai canali DTT e la massiccia diffusione della connettività in auto (prevista anche per l’adeguamento a imminenti protocolli internazionali sulla sicurezza stradale). La citata IMDA ha già predisposto un dettagliato protocollo sulle autoradio IP e gli operatori della telefonia (che hanno tutto l’interesse a consolidare accordi con i player radiofonici per promuovere abbonamenti soprattutto per le automobili) assicurano che nel prossimo quinquennio la fruzione in mobilità di flussi audio streaming sarà flat, la copertura della popolazione superiore al 95% e il problema della continuità di servizio ridotto notevolmente. "Stiamo seguendo con attenzione il fenomeno avviando cooperazioni con i principali  produttori di IP Radio", dichiara Emmanuele Ettore Vercillo dell’Area Editoriale di Consultmedia, la principale struttura di competenze a più livelli italiana nell’ambito radiotelevisivo (collegata a questo periodico). "D’altra parte – continua Vercillo – non abbiamo mai nascosto la nostra convinzione che dopo un periodo di naturale convivenza (che stimiamo tra i 10 e i 15 anni) tutte le tecnologie digitali convergeranno verso l’LTE broadcast, humus naturale delle IP Radio, che ormai è certo sostituirà i tradizionali vettori dei programmi audiovideo via etere". Sul piano dei contenuti l’accesso potenziale ad un numero esponenziale di stazioni pone invece le basi di complesse valutazioni, che spaziano dai format e dai cataloghi musicali "liquidi" alla gestione commerciale, passando da considerazioni di natura comportamentale. E’ noto infatti che l’ascoltatore medio, oltre l’iniziale euforia contenutistica, ha una soglia di scelta difficilmente superiore a 30/50 programmi digitali (in analogico è da 6 a 10), con la conseguenza che il dominio dei grandi player della FM (che potranno facilmente indirizzare i propri ascoltatori sulla nuova tecnologia favorendo uno switch-over indolore), salvo gravi errori strategici, non dovrebbe essere intaccato dallo sviluppo dell’ascolto IP. (M.L. per NL)

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