Radio. Svizzera: 8 mesi dopo lo switch-off SSR della FM. Differenze strutturali con Italia e lezioni (non trasferibili) dal modello elvetico

8 mesi fa, Svizzera, DAB+

La SSR (la radio pubblica elvetica) 8 mesi fa ha spento la diffusione FM su tutte le sue reti (declinate sui coacervi linguistici cantonali RSI, SRF, RTS, RTR), portando gli ascoltatori su DAB+ e IP.
Gli ascolti restano stabili, ma il confronto con l’Italia, che molti effettuano, non è lineare: ascolto indoor, audience ridotta e meno stazioni fruibili rendono la transizione elvetica più agevole.
In Italia, invece, la centralità dell’auto e la congestione del DAB complicano il quadro.

Sintesi

8 mesi dopo lo switch-off FM della SSR, gli ascolti in Svizzera stanno gradatamente recuperando, grazie ad una migrazione ordinata verso DAB+ ed IP.
Il regolatore Ufcom conferma che entro il 2026 la FM sarà residuale, ma la politica valuta una proroga per le private, frenate da buchi di copertura e dal lento rinnovo del parco auto.
Ma i facili parallelismi possono essere pericolosi: il mercato svizzero è molto diverso da quello italiano, con un ascolto soprattutto indoor, una popolazione di soli 9 milioni e l’offerta DAB che non supera le 50 stazioni.
In Italia, al contrario, l’ascolto radiofonico resta legato all’auto, con rilevazioni basate su interviste telefoniche e città che possono contare oltre 200 emittenti, creando congestione.
Le radio private elvetiche monitorano con metodo scientifico gli effetti dello switch-off e si preparano al 2027, che, salvo proroghe, sarà l’anno zero della radiofonia all digital.
Il DAB+, oltre confine, è comunque generalmente percepito come soluzione sostenibile per i piccoli editori, meno onerosa della FM, mentre è guardato con preoccupazione dai grandi editori.
In ogni caso, l’esperienza svizzera mostra che una transizione graduale e pianificata riduce i rischi di fuga d’ascolto. Tuttavia, le differenze strutturali rendono il modello elvetico non replicabile in Italia.
La Confederazione Elvetica resta quindi un laboratorio di osservazione utile, ma da adattare a un contesto ben più complesso.

Gli 8 mesi che hanno fatto la differenza

A poco più di otto mesi dal completamento dello switch-off FM della SSR, i dati di consumo mostrano un mercato radiofonico sostanzialmente stabile, senza contraccolpi rilevanti. La progressiva familiarizzazione degli utenti con il DAB+ e la fruizione via IP ha permesso una migrazione ordinata e coerente con le previsioni del regolatore elvetico delle comunicazioni (Ufficio federale delle comunicazioni, Ufcom). Tuttavia, il confronto con l’Italia non può essere fatto in modo diretto: in Svizzera le condizioni socio-demografiche, infrastrutturali e culturali sono profondamente diverse.

SSR: il test degli 8 mesi post-FM

Secondo quanto riportato dalla stessa SSR, gli ascolti non hanno subito flessioni drammatiche: la quota di ascolto digitale ha anzi consolidato il proprio ruolo centrale. L’abbandono della FM da parte del servizio pubblico, già programmato da tempo, è stato accompagnato da una campagna di comunicazione mirata e da incentivi all’acquisto di ricevitori compatibili.

Le previsioni dell’Ufcom

L’Ufcom, in una intervista rilasciata a questo periodico a maggio 2025, aveva anticipato che a fine 2026 la fruizione FM sarebbe stata così marginale da non influenzare significativamente i conti delle private. Ora i primi dati sembrano confermare questa previsione: il pubblico, in gran parte, aveva già adottato soluzioni DAB+ o IP, rendendo il passaggio meno traumatico di quanto temuto in precedenza.

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Il fronte politico: proroga per le private?

Nonostante la tenuta superiore alle previsioni degli ascolti della SSR, il discorso non è chiuso. La Commissione Trasporti e Telecomunicazioni del Consiglio nazionale ha suggerito di valutare una proroga oltre il 2026 per le emittenti private diffuse in FM che volessero proseguire nell’esercizio analogico (senza però sostegno pubblico).

Le motivazioni

Le motivazioni della proroga avanzata sono di ordine pratico e sociale: alcune stazioni non ritengono di essere ancora pronte alla migrazione, sia per questioni di illuminazione (in zone di montagna o in aree di confine il DAB+ presenta ancora “buchi” di copertura), ma soprattutto di diffusione dei device sulle auto (il parco auto svizzera necessita ancora di almeno 5 anni per raggiungere una penetrazione significativa DAB+). La politica, quindi, prende tempo, consapevole che la resilienza del servizio pubblico non equivale automaticamente alla stessa capacità di adattamento per i privati.

Un mercato piccolo ma molto differente dall’Italia

Ma attenzione ai facili entusiasmi frontalieri: la Svizzera non è l’Italia. Esistono significative differenze che rendono difficile ogni parallelismo. Il primo è il confronto tra ascolto indoor e quello sulle quattro ruote. “In Svizzera l’abitudine d’ascolto è più simile al Regno Unito”, osserva Massimo Rinaldi, ingegnere di Com-Nect, società di ibridazione radiotelevisiva (gruppo Consultmedia).

Indoor prevalente

In Svizzera la radio si ascolta soprattutto in casa ed in ufficio, ambienti che favoriscono il passaggio al DAB+ ed allo streaming IP. In Italia, invece, la radio è ancora fortemente legata all’auto: un contesto dove l’FM resta pratica, semplice e universale”.

La metodologia di rilevazione degli ascolti

Nella Confederazione elvetica la società che si occupa della rilevazioni, Mediapulse, utilizza meter elettronici che monitorano l’ascolto 24/7, con pubblicazione quotidiana dei dati e consolidamento a sette giorni. Un sistema rapido, tecnologico e meno esposto a distorsioni. In Italia, invece, la misurazione resta CATI oriented (interviste telefoniche), con release semestrali che impediscono di avere riscontri tempestivi, come nel particolare caso dello switch-off di 8 mesi fa della SSR.

Demografia

La Svizzera, poi, ha 9 milioni di abitanti, quindi meno della sola Lombardia. Un bacino ridotto rende più gestibile la transizione tecnologica, ma al tempo stesso amplifica l’impatto di ogni singola scelta editoriale.

Congestione dell’offerta

Un altro profondo elemento di differenziazione è l’entità della proposta radiofonica: nelle migliori condizioni, il DAB svizzero offre la possibilità di ascoltare circa 50 stazioni. In Italia, nelle grandi aree urbane, invece, i ricevitori possono sintonizzare fino a 230 emittenti. Una differenza abissale che porta a due mercati opposti: più ordinato e bilanciato quello svizzero, iper-affollato e caotico quello italiano.

I privati tra analisi scientifica e preparazione al 2027

Le radio private svizzere hanno accolto lo switch-off SSR di 8 mesi fa come un test importante. Come approfondito con Nicola Bomio (CH Media, Radio 24 Zurigo e presidente dell’associazione dei broadcaster privati svizzeri), gli editori elvetici hanno adottato un approccio quasi “scientifico” per monitorare l’impatto sull’audience e prepararsi all’orizzonte 2027, quando anche per loro la diffusione FM sarà (forse) un ricordo.

Via di fuga

In questo scenario, il DAB+ è percepito come una via di salvezza: costi più bassi per l’infrastruttura rispetto a decine di impianti FM locali e la possibilità di ottenere una copertura nazionale o regionale ben oltre le capacità storiche delle emittenti comunitarie.

La lezione svizzera: laboratorio utile, non modello da replicare

“L’esperienza elvetica conferma che una migrazione graduale e accompagnata da una comunicazione chiara, riduce i rischi di perdita di pubblicità”, riprende la parola Rinaldi.

Criticità correggibili in corsa

L’adozione di sistemi di misurazione elettronica consente analisi tempestive e trasparenti, utili per correggere in corsa eventuali criticità. Un’offerta non congestionata aiuta la percezione del valore del DAB+, mentre mercati troppo affollati rischiano di disperdere ascolti e risorse”.

Caso a parte

L’Italia, quindi, resta un caso a parte, con una popolazione molto più ampia e diversificata; un consumo radiofonico ancora legato massimamente alla mobilità; indagini d’ascolto lente e meno oggettive; offerta sovrabbondante che rende difficile emergere.

Switch-off SSR di 8 mesi fa ha avuto luogo in un contesto privilegiato

“Se è vero che la Svizzera con lo switch-off di 8 mesi fa ha dimostrato che spegnere la FM è possibile senza compromettere oltremodo il sistema radiofonico, registrando scossoni assorbibili, lo fa in un contesto privilegiato: piccolo mercato, ascolto prevalentemente indoor, metodi di rilevazione avanzati, poche decine di emittenti sul DAB+.

Transizione italiana più complessa

L’Italia, invece, dovrà affrontare una transizione ben più complessa e articolata, con oltre 200 stazioni nelle aree metropolitane, una platea abituata alla FM in auto ed un sistema di rilevazione ancora legato a metodologie tradizionali. Più che un modello da copiare, la Svizzera rappresenta dunque un laboratorio di osservazione: utile per trarre spunti, ma non replicabile meccanicamente in un Paese dove la radio è ancora, prima di tutto, un media da automobile”, conclude l’esponente di Com-Nect. (G.M. per NL)

foto di apertura Andrea Grassi 

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