Telefonia. LTE: dall’EPC al cloud, la rete è sempre più mobile. Ma anche affamata di risorse

La nuova generazione della telefonia mobile decreta la fine del “dominio della voce” a favore della convergenza sulle reti IP a larghissima banda.

I grandi operatori telefonici mondiali investono sempre maggiori risorse sull’architettura LTE (Long Term Evolution), la prossima generazione tecnologica della telefonia mobile: AT&T, China Telecom, NTT-DOCOMO,Verizon, solo per citarne alcuni. La prima rete pubblica LTE al mondo è stata implementata da Telia-Sonera nelle aree metropolitane di Oslo e Stoccolma. In Italia TIM e Vodafone stanno attivamente sperimentando questa tecnologia. Benché LTE non sia ancora considerata una tecnologia di quarta generazione, non essendo del tutto rispondente agli standard 4G dell’ITU, essa porta con sé un essenziale cambio di prospettiva per gli operatori e indirettamente per i futuri utenti. Mentre infatti nelle reti mobili ad oggi più diffuse (GSM – UMTS) voce e dati vengono trattati e indirizzati con modalità e canali distinti, l’infrastruttura LTE va definitivamente verso la all IP network, dove la voce diventa solamente uno dei tanti servizi veicolati su una piattaforma unica, quella dell’Internet Protocol. L’EPC (Evolved Packet Core) è l’elemento che permette ai dispositivi di nuova generazione di interfacciarsi da una parte con le stazioni radio già esistenti (garantendo così la continuità con il passato) e dall’altra direttamente con l’infrastruttura IP delle dorsali già presenti, facendo realizzare grandi economie di scala agli operatori e aprendo nuove prospettive per le comunicazioni in mobilità. La larghezza di banda disponibile (100 Mbps teorici di picco in download, 50 in upload) e la bassa latenza delle trasmissioni (essenziale per le applicazioni in tempo reale) faranno impallidire le attuali ADSL e renderanno disponibili agli utenti mobili servizi finora praticamente riservati alle connessioni fisse più veloci, quali il video streaming in HD e l’uso di applicazioni software nel cloud, ovvero situate sulla rete piuttosto che nei terminali. L’Italia rappresenta potenzialmente un ottimo mercato per questa nuova tecnologia, visto il successo delle “chiavette internet” e il cronico ritardo nello sviluppo delle infrastrutture a larga banda basate su supporto fisico (anche se per supportare le esigenze di collegamento dei nuovi super-dispositivi mobili ci sarà molto bisogno di fibra ottica). Naturalmente il problema delle tecnologie senza fili, per quanto evolute esse siano, rimane quello della banda a disposizione nella risorsa scarsa dello spettro radioelettrico. Molti operatori indicano come particolarmente appetibile la gamma di frequenze intorno ai 7-800 MHz. Si preannuncia quindi una guerra senza esclusione di colpi per aggiudicarsi nuovi spazi nell’etere, a cominciare dalla nota e controversa questione delle bande lasciate libere (forse) dalla transizione al digitale della "vecchia" televisione. (E.D. per NL)

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