Tv. Bye Bye CNN. Tradita dall’informazione partigiana

I tempi cambiano, le abitudini mutano e i grandi miti collassano. Il giornalismo anglosassone, ad esempio, padre del sensazionalismo, sì, ma anche dell’informazione schietta ed imparziale, da tempo ha iniziato un processo di revisione dei propri modelli e contenuti, incontrando sempre più favore tra il pubblico.

Quale sia l’uovo e quale la gallina è compito dei sociologi della comunicazione scoprirlo; quello che è certo è che chi non ha trovato la forza di rinnovarsi è rimasto irrimediabilmente indietro. Uno dei grandi burattinai di questo cambiamento è certamente Rupert Murdoch, il magnate australiano che controlla una fetta grossissima dell’informazione britannica e statunitense. Murdoch ha inaugurato – attraverso i suoi giornali e le sue tv – il filone dell’informazione “alta”, di qualità e spudoratamente schierata. Basta leggere il Times per rendersene conto. Il network controllato dal tycoon, che abbraccia tre continenti, ha tessuto la tela di un fronte di fruitori – lettori e spettatori – spiccatamente conservatori, divisi geograficamente e – per forza di cose – dalle issue cui sono interessati, ma accomunati dal loro essere, seppur con caratteristiche proprie dell’humus politico da cui attingono, di destra. In Gran Bretagna, oramai, è sempre più difficile incontrare il giornale generalista, di qualità, ed imparziale. Diciamo sul modello del Corriere della Sera. La polarizzazione del discorso politico – che in Gran Bretagna come nel resto del mondo occidentale non è nata certo ieri – si è riversata sulla carta stampata in maniera marcata, creando nicchie sempre più fedeli di lettori/spettatori fidelizzati e ricettivi di certo tipo di pubblicità. Perché con ogni probabilità è proprio questo il fine ultimo dell’impronta che Murdoch ha voluto dare al suo impero: polarizzare, fidelizzare, diversificare e cucire la pubblicità addosso al proprio fruitore. Sempre e comunque conservatore. La stessa operazione è stata fatta negli Stati Uniti, dove il NYT e altri grandi riescono ancora – pur con impronta sempre un po’ più liberal – a mantenere quel ruolo di giudice imparziale e attendibile, ma dove le televisioni all news si sono totalmente “murdochizzate”. Certo, l’acquisto del Wall Street Journal ha messo una prima, importante, pietra in questo senso anche al mondo della carta stampata, ma dove i risultati si vedono già in modo tangibile è nel mondo dell’all news. A farne le spese, nonostante il suo blasone, è la CNN, sempre più schiacciata, fagocitata dai network “di parte”. Nell’ultimo anno la tv distaccata per eccellenza ha perso di netto la metà del proprio pubblico, precipitando addirittura al terzo posto nella sua categoria, distaccata da Fox News e dall’ultima nata MSNBC. E l’impressione è che il gap possa crescere e consolidarsi, dal momento che il trend di crescita di queste ultime due emittenti è direttamente proporzionale al crollo della prima. Certo, un primo timido segnale di cambiamento si è registrato con l’acquisizione delle prestazioni del blogger conservatore, da parte di CNN, Erik Erickson, che fa un po’ da contro altare alla schiera di mezzibusti simbolo dell’informazione distaccata, piuttosto che di quella d’opinione e partigiana che va tanto di moda in America. Sull’onda di Fox e della sua nicchia foltissima di spettatori conservatori, la MSNBC ha attuato una politica identica e speculare, coagulando una massa di spettatori, affezionati, fedeli ed amanti di Obama e del suo partito. E in questo modo ha costruito un modello forte da contrapporre allo strapotere di Fox News. In questo neonato bipolarismo mediatico, a farne le spese, è stata la povera CNN, simbolo di un giornalismo televisivo che fu. Sì, un tempo era il giornalismo inglobante a farla da padrone, le leggi dei media andavano in direzione dell’inclusione piuttosto che del frazionamento. Oggi, invece, sarà per la diversificazione dei mezzi e dei messaggi, va di moda la diversità e tanto più uno ha una certa visione del mondo, tanto più tende a rafforzarla con la propria dieta mediatica. Che, poi, se vogliamo, è un po’ la legge di internet: ho una certa idea, frequento i canali che la sostengono, rafforzo la mia idea. Un tempo la gente manteneva le proprie posizioni politiche, spesso, per scarsità di messaggi che potessero metterle in discussione. Oggi, nel magma, dei messaggi diffusi dai media, sembra restare nella scia delle proprie opinioni, rafforzandole attraverso di questi. E, negli Stati Uniti, sempre più spesso, quando si sintonizza sulla CNN, cambia canale. (G.M. per NL)

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