Tv, Romani a Grasso: “Il digitale terrestre non è un errore”

Nemmeno 24 ore ed il sottosegretario alle Com si è precipitato a rispondere all’articolone critico di Aldo Grasso sul DTT


Magari Romani fosse così reattivo quando si parla di qualcosa di diverso del digitale terrestre. Problemi delle emittenti radiofoniche? silenzio. Totale abbandono delle unità periferiche del “suo” dicastero? portante muta. Invece, toccatelo sul digitale terrestre e scatta come una molla.
Ennesima dimostrazione è la pronta risposta al super-articolo (per dimensioni) di Aldo Grasso sul Corsera del 30/01, con la quale il noto critico tv aveva ancora una volta messo il dito nella piaga tecnologica del DTT, poco competitivo con il SAT sia per prestazioni che per potenzialità diffusive.
Questa è la reazione del Sottosegretario alle Comunicazioni del MSE-Com, pubblicata sul numero di ieri del quotidiano (pag. 36).
NB: in calce c’è la risposta di Aldo Grasso.

Il digitale terrestre non è un errore

di Paolo Romani

Caro direttore, ho letto l’articolo sul Focus del Corriere di ieri «Digitale terrestre, prime sconfitte», rilevando con un certo stupore una contraddizione con il precedente Focus sulla stessa materia di appena due mesi fa, in cui il passaggio dalla tv analogica a quella digitale nel nostro Paese veniva trattato in modo assai diverso.

Nell’articolo di ieri emerge un atteggiamento fortemente critico, direi quasi di ostilità, verso un processo di trasformazione ormai avviato senza ripensamenti in tutti i Paesi europei, compresi quelli in cui altre piattaforme hanno una penetrazione superiore a quella del nostro Paese. Un’esigenza avvertita anche fuori dal nostro continente, dato che è notizia di queste ore che negli Stati Uniti è stata bocciata la richiesta di proroga dello switch off. Una trasformazione necessaria di cui il Ministero vuole essere protagonista, senza esitazioni o incertezze. E anche la nostra classe politica, che dalla questione televisiva ha sempre tratto motivi di scontro, ne ha ormai piena consapevolezza in tutte le sue componenti.

E in questa logica, d’intesa con l’Autorità e con le imprese, ma anche e soprattutto con i Governatori di tutte le Regioni, è stato predisposto il calendario per gli switch off delle diverse aree all digital del 10 settembre scorso, avviatosi lo scorso ottobre in Sardegna con risultati estremamente positivi (i disagi lamentati sono stati in realtà molto contenuti e circoscritti a porzioni di territorio infinitesimali) e la cui conclusione è prevista nel 2012, ma che già nel 2010 porterà oltre il 70% della popolazione italiana a ricevere il segnale televisivo esclusivamente in digitale. Mi permetto peraltro di fare alcune precisazioni sull’articolo. Innanzitutto laddove è detto che la televisione digitale terrestre «è una tecnologia obsoleta, costosa e limitata» riuscendo «a fornire un numero alto ma pur sempre limitato di frequenze». Premesso che qualsiasi tecnologia ha dei limiti intrinseci, rilevo come il digitale sia in grado comunque di offrire prestazioni di gran lunga superiori alla ormai obsoleta tecnologia analogica, sia in termini di qualità visiva e sonora che in termini di sfruttamento della banda trasmissiva (nella porzione di spettro necessaria a trasmettere un solo programma in analogico vengono trasmessi anche otto programmi in digitale).

Riguardo ai costi, poi, va detto che oggi gli investimenti necessari a realizzare una rete televisiva in digitale terrestre sono sostanzialmente equivalenti a quelli di una rete analogica, consentendo peraltro un risparmio su quelli di gestione dovuto principalmente al minor consumo di energia elettrica. Considerando che una rete digitale può diffondere fino ad otto programmi televisivi, risulta che la trasmissione di un suo programma costa circa il 12% in meno del suo costo in analogico.

E’ inoltre inesatto sostenere che la televisione digitale «ha bisogno di molti trasmettitori più potenti e più capaci di quelli analogici». La copertura avviene inizialmente con lo stesso numero di impianti ed è presumibile che a regime sia possibile garantire l’attuale copertura con un numero di impianti inferiore. Al contrario di quanto affermato, il trasmettitore digitale, grazie alla maggiore efficienza della tecnologia impiegata, consente di ridurre a un quarto la potenza di trasmissione, che si traduce in una riduzione dell’impatto elettromagnetico di oltre il 50%.
Analogamente non condivisibile è la frase in cui si dice che «per mantenere attivi i trasmettitori ci vuole una enorme quantità di energia». A parità di copertura, un trasmettitore in digitale consuma infatti circa il 30% È questa una delle proposte di riforme all’orizzonte, sulla quale sarà bene riflettere a mente fredda operando un meditato bilanciamento degli interessi in gioco, e senza intenti punitivi verso la magistratura. Anche perché l’esigenza di tutela della dignità delle persone, soprattutto di quelle estranee alle indagini (di cui ieri si è preoccupato il ministro Alfano), si realizza soprattutto nel senso di evitare alle stesse la «gogna mediatica», costituita dalla arbitraria pubblicazione delle loro conversazioni intercettate. In ogni caso, come ha ricordato Carbone al termine del suo discorso, le riforme in materia di giustizia vanno realizzate non in termini di «scontro» tra poteri dello Stato, bensì quale momento «di incontro e convergenza». Occorre, in sostanza, per riprendere il monito del presidente Napolitano, che si tratti di «riforme condivise»: anzitutto tra le forze politiche, ma anche tra gli stessi studiosi ed operatori del settore, ivi compresi avvocati e magistrati. E, per quanto riguarda i magistrati, occorre che gli stessi (rinunciando ad eventuali tentazioni di protagonismo mediatico o di appartenenza correntizia) si collochino responsabilmente in una dimensione di serena cooperazione con le altre istituzioni dello Stato, con l’unico scopo di contribuire al buon funzionamento del «servizio giustizia». in meno rispetto a un trasmettitore analogico. Considerando il consumo di energia elettrica necessario al funzionamento di una buona rete a copertura nazionale e dividendolo per il numero di impianti (circa 1700) risulta che il consumo medio annuo di un singolo trasmettitore è paragonabile al consumo medio annuo di una famiglia italiana. Quindi del tutto trascurabile.

Ci tengo peraltro a ribadire come l’atteggiamento del Governo sia consapevole e rispettoso del principio della neutralità tecnologica tra le diverse piattaforme. Ciò non toglie però che il compito di un’Amministrazione sia quello di adeguarsi ai processi di evoluzione di ogni forma di diffusione televisiva; e quella terrestre è quella utilizzata da oltre 50 anni dalla quasi totalità dei cittadini. Mi vedo quindi costretto, ancora una volta, a sottolineare l’importanza di un’innovazione che cambierà e integrerà profondamente l’offerta televisiva. La via italiana al digitale terrestre è caratterizzata dalla moltiplicazione delle offerte e dei canali (per quattro o cinque o addirittura otto, come abbiamo visto) ma anche da nuovi contenuti (l’accesso a contenuti di pregio), da una nuova qualità di visione (l’alta definizione gratuita per tutti), da nuove modalità di fruizione (la televisione in mobilità), da nuovi servizi e opportunità (la navigazione in televisione) per la generalità dei cittadini che renderà davvero la tv un media diverso da quello che siamo abituati a conoscere, in linea con l’evoluzione dei consumi culturali in atto soprattutto delle fasce più giovani. Una grande apertura verso il pluralismo (si pensi alle possibilità per l’ingresso di nuovi editori) e l’innovazione, con ricadute positive anche sull’occupazione in un momento difficile.

Il nostro Paese è spesso afflitto dalla caratteristica della propria sottovalutazione. Così quando guardiamo a settori ad alto contenuto di sviluppo tecnologico spesso gli altri sono più avanti e non rimane che rincorrere. E’ questo invece uno dei casi in cui dovremmo essere orgogliosi delle scelte operate e collaborare tutti insieme per sostenerle. *Sottosegretario di Stato
***

Risponde Aldo Grasso

Prendiamo atto delle osservazioni del Sottosegretario Paolo Romani, precisando però che nessuno aveva intenzione di difendere una tecnologia «preistorica» come il segnale analogico. Le considerazioni del Focus, tutte ampiamente documentate, nascevano da un’altra considerazione: considerata l’orografia dell’Italia, non era più conveniente servirsi di un’altra tecnologia digitale? Non a caso, Rai, Mediaset e La7 pensano ora di creare una loro piattaforma satellitare a integrazione del Dtt (ag).

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