Non c’è più la Svizzera di una volta, quella delle certezze, della precisione, dell’assenza di proroghe: la confederazione elvetica pare infatti si stia italianizzando sempre di più.
Ne è una dimostrazione quello che sta accadendo in questi giorni, con una mozione della Commissione dei trasporti e delle telecomunicazioni del Consiglio nazionale – sostenuta da forze politiche trasversali – che chiede il mantenimento dell’esercizio di trasmettitori in modulazione di frequenza oltre il termine ultimo del 31/12/2026 (data entro cui, tutti i player radio, dovrebbero dismettere i diffusori analogici), considerata ancora cruciale per la coesione territoriale e l’inclusione informativa.
Ripensamento? Mica tanto: sull’altro lato della barricata si pongono infatti coloro che sostengono che uno spostamento in là rallenterebbe investimenti ed affermazione della ricezione digitale.
Lo scontro tra dati tecnici, interessi economici e pressioni politiche (ri)accende un dibattito che potrebbe ridefinire i tempi e i modi dello switch-off FM vs DAB+/IP nella Confederazione elvetica.
Sintesi
In Svizzera si riapre il dibattito sul destino della modulazione di frequenza.
Una risoluzione parlamentare – approvata a maggioranza nella Commissione dei trasporti e delle telecomunicazioni del Consiglio nazionale – sollecita il governo elvetico a garantire la continuazione della trasmissione analogica anche dopo il 2026, termine fissato per lo switch-off dalla FM al digitale integrato DAB+/IP.
Il provvedimento, che trova consensi tanto nei ranghi conservatori quanto tra i liberali, nasce dal timore che DAB+ e IP non garantiscano copertura e accesso equo all’informazione in tutto il Paese, specie nelle aree montane e periferiche. Eppure l’UFCOM, il regolatore delle tlc svizzere, ritiene che l’ascolto FM sarà marginale per i privati nel 2026.
Per parte propria, l’unico soggetto che ha già sperimentato il totally digital, la SSR, la radio pubblica svizzera, uscita dalla modulazione di frequenza il 31/12/2024, mostra segni tangibili di recupero dopo uno shock iniziale che ha determinato un calo medio intercantonale del 25%.
Quello della SSR rappresenta il case study di una transizione pianificata e graduale, mentre le emittenti locali – ancora prudenti – osservano e sperimentano.
La decisione finale, in bilico tra innovazione tecnologica e consenso sociale, potrebbe trasformare la Svizzera in modello – o monito – per le future scelte politiche radiofoniche europee.
Cresce il fronte politico contrario alla disattivazione della modulazione di frequenza in Svizzera
Una risoluzione della Commissione dei trasporti e delle telecomunicazioni del Consiglio nazionale (la camera bassa del parlamento svizzero, che con il Consiglio degli Stati – la “Camera Alta” – forma l’Assemblea federale) invita il Consiglio federale (l’organo esecutivo del governo della Confederazione Svizzera e come tale rappresenta la più alta autorità del Paese) a garantire la continuazione della diffusione radiofonica analogica (FM), andando contro la pianificazione attuale che prevede lo spegnimento delle emissioni al 31/12/2026 anche da parte delle emittenti private (come noto, la radio pubblica, la SSR ha già spento i diffusori in modulazione di frequenza al 31/12/2024). Mentre i privati valutano scenari alternativi, l’UFCOM (Ufficio federale delle comunicazioni, il regolatore delle tlc svizzere) invita alla razionalità.
La mozione della Commissione dei trasporti e delle telecomunicazioni
La mozione della Commissione dei traporti e delle telecomunicazioni del Consiglio nazionale elvetico, depositata il 20/06/2025 da Jean-Luc Addor (Gruppo dell’Unione democratica di Centro – Unione democratica di Centro) – qui per consultarla –, scuote il percorso di spegnimento della infrastruttura di distribuzione analogica dei contenuti radiofonici previsto per il 2026. La proposta – avanzata in larga parte da esponenti UDC (Unione Democratica di Centro, partito di destra) e PLR (Liberali Radicali) – mira a garantire una continuità della modulazione di frequenza per le radio private, ritenuta ancora essenziale per una parte non trascurabile della popolazione.
Calo di un quarto degli ascoltatori per la SSR con lo switch-off
Nella mozione della Commissione dei trasporti e delle telecomunicazioni del Consiglio nazionale, si legge: “A conferma dei dubbi delle associazioni di radio private, lo spegnimento delle FM da parte della SSR alla fine del 2024 ha comportato per le radio pubbliche una perdita di circa un quarto degli ascoltatori.
Una tale riduzione può essere economicamente sopportabile/sostenibile per le emittenti radiofoniche, il cui finanziamento si basa principalmente sul canone.
… ma la radio pubblica, a differenza delle private, non si deve confrontare direttamente col mercato
Ben diversa è la situazione per le radio private, il cui finanziamento, attraverso gli introiti pubblicitari, dipende direttamente dal numero di ascoltatori. Se l’attuale scadenza per il completo spegnimento delle FM prevista per fine 2026 verrà mantenuta, dobbiamo aspettarci ulteriori perdite di pubblicità, che porteranno inevitabilmente a licenziamenti e persino alla chiusura di emittenti private.
Esodo di ascoltatori
Nella Svizzera latina lo spegnimento delle FM da parte della SSR ha provocato un massiccio esodo di ascoltatori dal Ticino (8000) verso le radio italiane e di ascoltatori dalla Svizzera romanda (50000) verso le radio francesi. Anche se proporzionalmente meno marcato (80.000 ascoltatori) a causa della barriera linguistica tra il tedesco e i dialetti della Svizzera tedesca, questo fenomeno non ha risparmiato la parte germanofona del nostro Paese.
Rischio aumento dell’ascolto di emittenti straniere
In altre parole, il mantenimento del termine di fine 2026 implicherebbe un forte aumento di audience presso le stazioni radiofoniche straniere, mettendo a rischio la capacità della SSR di adempiere il suo mandato. Questo spegnimento forzato è uno «swiss finish» si legge nel documento.
L’intensa campagna di comunicazione della SSR nell’autunno del 2024 non le ha impedito di perdere circa un quarto del suo pubblico. È quindi illusorio credere che una nuova campagna sia sufficiente a incoraggiare la popolazione in Svizzera, che ancora ascolta la radio via FM, a passare a un’altra tecnologia.
Il nodo dei device non aggiornati
Al contrario, una proroga (ulteriore) del termine per lo spegnimento completo delle FM consentirebbe di garantire una transizione naturale del pubblico verso il DAB+ in tre situazioni di ricezione chiave: in auto (il numero di nuovi veicoli muniti di DAB+ aumenta ogni anno), nelle case dove i vecchi apparecchi devono essere sostituiti e in funzione del ritmo con cui le emittenti estere passano al DAB+. Infine, non c’è motivo di impedire alle emittenti radiofoniche private di finanziare la doppia diffusione ancora per qualche anno”, conclude il documento della Commissione dei trasporti e delle telecomunicazioni del Consiglio nazionale.
Dibattito polarizzato
Da una parte, quindi, le opposizioni crescono, mentre, dall’altra i dati tecnici e d’ascolto mostrano una progressiva, ancorché evidentemente non ancora completa, digitalizzazione dell’ascolto. Il dibattito si polarizza pertanto fra approccio razionale e istanze di natura squisitamente politica ed economica.
La richiesta politica: FM ancora “troppo importante” per spegnerla
Secondo quanto riportato dalla rivista economica online svizzera per la comunicazione e la pubblicità Persoenlich, la Commissione dei traporti e delle telecomunicazioni del Consiglio nazionale ha approvato una mozione che sollecita il governo federale a prolungare indefinitamente la diffusione radiofonica analogica in modulazione di frequenza. Il motivo? La modulazione di frequenza viene considerata ancora centrale per la coesione nazionale e per garantire l’accesso alle informazioni in tutte le aree della confederazione, comprese quelle montane o periferiche dove la copertura DAB+ o IP può risultare scarsa o instabile.
Sostegno trasversale alla modulazione di frequenza
Il relatore della mozione della Commissione dei trasporti e delle telecomunicazioni, Erich Hess (UDC), ha sottolineato che “la modulazione di frequenza funziona ancora in modo affidabile, è amata dagli utenti e non può essere soppressa solo per ragioni di modernizzazione tecnologica”. A sostenere la posizione anche parlamentari del PLR, che vedono nel digitale integrato (DAB+/IP) un’opportunità, ma non ancora una soluzione universale.
Inversione di rotta
Il testo, approvato con 13 voti favorevoli e 11 contrari, rappresenta una chiara inversione di rotta rispetto all’indirizzo del Consiglio federale, che invece aveva fissato lo spegnimento completo delle frequenze analogiche entro fine 2026.
UFCOM: “Nel 2026 ascolto FM marginale per le radio private”
Di parere opposto l’Ufficio federale delle comunicazioni (UFCOM), che, in una recente intervista rilasciata a Newslinet, ha ricordato che la pianificazione dello switch-off è frutto di un lungo processo consultivo con emittenti pubbliche e private, avviato già dal 2014. I dati raccolti confermano che entro la fine del 2026 l’ascolto tramite FM sarà così basso da non influire in modo sostanziale sui bilanci delle radio locali e regionali. “È una transizione pianificata, non un salto nel vuoto”, ha ribadito l’UFCOM.
Lo switch-off SSR
Inoltre, la scelta della SSR (la radiotelevisione pubblica svizzera) di abbandonare volontariamente la FM a fine 2024, già confermata, rappresenta per l’Ufficio una dimostrazione concreta del fatto che il futuro della radiofonia svizzera è pienamente e segnatamente orientato al digitale. “I dati di ascolto e l’evoluzione del mercato mostrano che il DAB+ e l’IP stanno assorbendo rapidamente le quote dell’FM”, affermano dall’Ufficio.
I privati tra preoccupazioni e sperimentazioni
Tuttavia, se da un lato la SSR ha effettuato con decisione la sua virata verso l’ambiente “only digital” – come evidenziato da Newslinet in più articoli – dall’altro, le radio private si mostrano molto più caute. Le preoccupazioni riguardano soprattutto l’effettivo impatto sulla reach e sulla pubblicità locale, in un contesto dove la IP è ancora frammentato e il DAB+ non copre in modo uniforme tutte le zone.
Modello osservazionale
Alcune emittenti starebbero valutando test (attraverso spegnimenti FM transitori su piccole aree) per valutare gli scenari oltre il 2026, con l’idea di prendere decisioni in base a dati concreti. L’approccio è quello del “modello osservazionale”: si studiano le dinamiche d’ascolto dopo l’abbandono dalla FM da parte della SSR, valutando eventuali impatti indiretti. Al momento, le emittenti private non hanno presentato piani ufficiali per un addio totale alla diffusione analogica e non tutte sembrano intenzionate a farlo nel breve periodo.
SSR: uno switch-off scientifico e graduale
Va detto che l’abbandono della modulazione di frequenza della SSR, pur criticata inizialmente da alcune forze politiche come un “azzardo tecnologico”, si sta rivelando il più importante case history europeo, oggetto di attenta osservazione da parte di tutti i Paesi (ed in particolare di Francia, Germania, Italia e Gran Bretagna). L’abbandono è stato gestito in modo graduale e scientifico, accompagnato da massicce campagne informative e supporto al pubblico nella transizione.
L’impatto sugli ascolti
Il risultato è che le radio pubbliche, secondo il rilevatore ufficiale degli ascolti nella Confederazione Elvetica, Mediapulse SA (che li analizza tramite meter smartwatch e non con metodo CATI come in Italia), hanno perso il 15% di penetrazione giornaliera, pur mantenendo il 53% della quota di mercato. Le perdite variano per regione linguistica: -18% SRF, -25% RTS, -29% RSI, quindi con una media del 24%, ben inferiore al 50%, se non addirittura al 60% paventato da concorrenti ed osservatori (perlopiù italiani).
Comparti non paragonabili
Ovviamente il comparto pubblico (che non vive di pubblicità) non può essere rapportato a quello privato (che non ha più sostegni governativi sostanziali per la veicolazione digitale), sicché ogni raffronto va valutato con moderazione.
Il dilemma della politica: pianificazione o consenso?
Il vero nodo della questione, dunque, sembra più politico che tecnico. Da un lato c’è una pianificazione condivisa tra autorità e operatori, fondata su dati e proiezioni. Dall’altro lato, emergono pressioni politiche che interpretano la modernizzazione come una potenziale esclusione, soprattutto per le fasce più anziane della popolazione o per i territori non ancora completamente digitalizzati. La mozione della Commissione dei trasporti e delle telecomunicazioni mira chiaramente a intercettare questo malcontento, proponendo una retromarcia che potrebbe però minare la coerenza del percorso avviato.
Il rischio della retromarcia
Secondo alcuni osservatori, un eventuale prolungamento della vita della FM rischia di ritardare gli investimenti su IP e DAB+, mantenendo in vita una rete costosa e non più strategica. Per altri, invece, si tratta di una forma di “transizione intelligente”, che deve tener conto non solo dei dati ma anche del consenso sociale.
Tra pragmatismo digitale e nostalgie analogiche
Come abbiamo avuto modo di sottolineare più volte su queste pagine, il caso svizzero rappresenta un laboratorio perfetto per osservare le tensioni tra innovazione tecnologica e conservazione infrastrutturale. Se il Consiglio nazionale dovesse approvare la mozione, la modulazione di frequenza potrebbe sopravvivere oltre il 2026, rendendo più complesso lo scenario competitivo tra emittenti che hanno già investito nel digitale e quelle che puntano ancora sulla modulazione di frequenza. Tuttavia, l’approccio “razionale e osservazionale” seguito da UFCOM e dal broadcaster pubblico potrebbe favorire una sintesi tra le due anime del sistema radiofonico svizzero.
Gli osservatori esterni
Nel frattempo, come detto, l’Europa osserva: la transizione svizzera verso il digitale, con tutti i suoi ostacoli e ripensamenti, resta un benchmark per altri Paesi che si apprestano a fare scelte analoghe. (G.M. per NL)