Con l’86% delle citazioni nei risultati generati dall’I.A. che provengono da fonti controllate da portali strutturati, autorevoli e qualificati (social e forum crollano colpiti dall’emarginazione dell’intelligenza artificiale), la strategia di brand-owned content (i contenuti digitali di cui un soggetto ha il pieno controllo editoriale, tecnico e distributivo — cioè che possiede e gestisce direttamente, senza mediazioni di piattaforme terze come social network o marketplace) diventa urgente, mentre, dall’altro lato, la saturazione del web e le tensioni sul copyright sottolineano un cambio di paradigma. L’esempio chiaro ed immediato delle perfomance di un sistema brand-owned content ottimizzato per I.A.
Sintesi
Secondo un’analisi di Yext citata da eMarketer, l’86% delle citazioni generate dall’intelligenza artificiale proviene da fonti brand-owned, cioè portali e contenuti controllati direttamente dai brand.
Social e forum risultano sempre più marginali, penalizzati dalla scarsa autorevolezza percepita dagli algoritmi.
Il dato segna un cambio di paradigma: non basta più essere online, ma serve diventare fonte riconosciuta, strutturata e qualificata.
La centralità del portale aziendale torna cruciale a patto che sia ottimizzato per l’I.A., con testi chiari, localizzazione e markup semantico.
Intanto, il nodo del copyright (casi Sora e Anthropic) e la noia degli utenti verso contenuti replicati impongono strategie basate su autenticità e valore.
Le aziende sono quindi invitate a mappare i propri asset digitali e puntare sulla GEO, la Generative Engine Optimization.
E qualche esempio virtuoso dimostra che, se ottimizzato, il brand-owned content può effettivamente diventare una fonte autorevole per l’I.A. restituendo in termini di visibilità l’investimento.
Brand-owned content: lo studio di Yext
Nel panorama digitale in rapida evoluzione, un dato spicca su tutti: secondo uno studio della digital presence platform Yext citato da eMarketer (società di ricerche di mercato che fornisce approfondimenti e tendenze relative al marketing digitale, ai media ed al commercio), l’86% delle citazioni utilizzate nei riscontri generati da motori I.A. proviene da fonti che i brand controllano o influenzano fortemente (siti web proprietari, schede prodotti, directory, recensioni).
Non basta più essere online…
Questo dato fa emergere un messaggio chiaro: nel mondo dell’I.A. generativa e della ricerca assistita da modelli (Large Language Model/chatbot) non è più sufficiente essere online.
… è essenziale essere fonti riconosciute
E’ invece essenziale essere visibili come fonte riconosciuta, autorevole, qualificata e, soprattutto, gestire direttamente i contenuti che l’I.A. può citare.
Punto di svolta: il portale torna centrale (a determinate condizioni)
I brand-owned content, secondo l’analisi di Yext, innescano il 44% delle citazioni basate sul proprio sito web (47,6% per i retailer), seguite dalle directory, con le schede prodotto seconde col 42%, mentre recensioni e social arrivano a solo l’8% e news & forum si fermano al 6%. Dati che indicano come presto i contenuti di social e forum saranno marginali in termini di influenza sugli utenti.
Brand-owned
Questi numeri mostrano che i modelli I.A. attingono in modo netto da ciò che è sotto il perimetro brand-owned (o che può essere fortemente influenzato). Ne deriva che le aziende che non hanno ottimizzato i propri asset digitali rischiano di essere insabbiate nei risultati forniti dalle intelligenze artificiali. Non perché non siano presenti, ma perché non sono al posto giusto o formattate per essere citate.
Le implicazioni operative
Affinché possano esprimere i potenziali, i brand-owned content devono però essere ottimizzati per i motori alimentati da I.A.: testi chiari, strutturati, risposte a domande frequenti, localizzazione (le intelligenze artificiali tengono conto della geografia), con l’ottimizzazione geo-specifica (local landing pages, contenuti regionalizzati) che acquista peso.
Citabilità
Inoltre le aziende devono considerare la struttura del dato e della citabilità: cosa può un modello citare, come attribuisce, come recupera. In breve, marketing e SEO tradizionale vanno ripensati in chiave GEO (Generative Engine Optimization, evoluzione di cui abbiamo preconizzato addirittura nel 2023) piuttosto che solo Search Engine Optimization.
Due trend (pericolosi) convergenti
Nel frattempo, due trend convergenti aggravano la situazione: il tema del copyright (con l’origine dei dati I.A.) e l’attenzione degli utenti, che cala per noia da contenuti replicati.

System prompt
A riguardo del primo alert, un nostro recente articolo ha rilevato come con il lancio di Sora (Open AI) e le istruzioni nascoste (system prompt) del modello Claude 4.5 di Anthropic, si aprano questioni spinose sulla formazione dei modelli I.A. e sul riconoscimento dei diritti degli autori tema che ha fondato la costituzione della Società italiana per la tutela della voce (umana).
Inversione dell’onere
In particolare, il modello Sora 2 sembra attingere a dataset video esistenti protetti da copyright, con un meccanismo opt-out (i detentori dei diritti devono chiedere esplicitamente di essere esclusi).
Anthropic
Secondo l’approfondimento, Anthropic avrebbe utilizzato materiale protetto senza autorizzazione e le system prompt avrebbero rivelato limiti e controlli interni sulle fonti. Uno scenario che ha fatto emergere la necessità di una regolazione europea, peraltro già in atto con strumenti come il Digital Markets Act (DMA) ed altre direttive in materia di copyright, con impatti diretti sulle aziende che producono contenuti, sui brand e sui creator.
L’attenzione degli utenti cala per noia da contenuti replicati
In un altro nostro pezzo abbiamo invece approfondito il secondo pericolo: utenti, sempre più annoiati, percepiscono una monotonia crescente nel web: la rete appare come una eco di sé stessa, dominata da contenuti replicati, automazioni ed I.A. generative, più che da contributi umani autentici.
Collasso culturale più che tecnologico
Un collasso culturale più che tecnologico, dove l’economia dell’attenzione spinge verso la gratificazione istantanea e la ripetizione, non la riflessione o l’originalità. Un fenomeno che accentua l’urgenza per i brand: non è sufficiente esserci, bisogna dare valore autentico, distinguersi in mezzo al rumore.
Come si collegano tutti questi elementi: cosa significa per i brand
Ciò premesso, cerchiamo di mettere insieme i pezzi: i modelli I.A. cercano fonti controllabili e leggibili e citano in larga misura siti web brand-owned; la regolazione del copyright e la provenienza dei dati elaborati dalla intelligenza artificiale impongono che i brand prendano sul serio l’origine e la qualità dei contenuti che producono o che lasciano che il modello veda: gli utenti sono stanchi dell’omologazione: la differenziazione contenutistica è diventata un fattore competitivo. Per vincere, un brand deve essere fonte autorevole, qualificata ed accessibile per le I.A. (strutturata, localizzata, chiara), oltre ovviamente a significativo per l’utente reale (non solo per l’algoritmo).

Da qui derivano alcune raccomandazioni pratiche
Ma quali sono le implicazioni operative? “Mappare tutte le componenti brand-owned (sito ufficiale, schede prodotto, directory, landing locali, ecc.) e verificare che siano ottimizzati per l’I.A.: struttura, markup semantico, domande-risposte, localizzazione e curare la trasparenza delle fonti: i brand devono sapere come i loro contenuti possono essere “citati” da un modello e gestire l’accesso (ad esempio via API o dati strutturati) con consapevolezza”, spiega Massimo Rinaldi ingegnere di Com-Nect, società di ibridazione radiotelevisiva (gruppo Consultmedia).
Investire in contenuti originali e differenziati
Occorre inoltre investire in un contenuto originale e differenziato: non basta replicare blog generici; bisogna offrire un’esperienza insight, valore che l’utente percepisce come unico. Ovviamente serve anche tenere d’occhio la regolazione del diritto d’autore e le pratiche dell’IA: sapere e controllare se i propri contenuti sono utilizzati nei dataset di training o citati da modelli generativi. Potrebbe implicare richieste “opt-out” o clausole nei contratti di generazione automatica“, continua Rinaldi.
Generative Engine Optimization
“Infine è importante monitorare la visibilità nei risultati I.A.: oltre al SEO tradizionale, guardare alla GEO (Generative Engine Optimization) — quanto il proprio brand viene citato, preferito nei riscontri generati dalle I.A., come appare“, sottolinea l’ingegnere.

L’esempio
Ma esistono esempi concreti ed attuali non apicali? “Sì, il portale 70-80.it(espressione di una piattaforma multimediale web, radio, tv del medesimo gruppo editoriale di Newslinet, ndr) è stato ottimizzato per l’I.A. da Logika Software (tech farm che ha sede presso Consultmedia) ed una prova attraverso Google Immagini con la essenziale query “anni 70 80” dimostra quanto il brand-owned content sia considerato autorevole e qualificato dalla I.A. che governa il motore di ricerca (l’immagine sopra è un sunto degli esiti della query, ndr)”, chiarisce l’ingegnere.
L’avvertimento
“In un mondo sempre più guidato dall’intelligenza artificiale, la battaglia per l’attenzione e la rilevanza non passa soltanto dall’apparire online, ma da essere fonte riconosciuta, ottimizzata per I.A., e differenziata per l’utente. Il dato che l’86% delle citazioni nei risultati I.A. provenga da brand-owned o fortemente influenzati dalle aziende non è solo una curiosità: è un avvertimento. Il web, già segnato dalla fatica degli utenti verso contenuti replicati, richiede un cambio strategico: i brand devono non solo produrre contenuti, ma gestirli come fonti nel nuovo paradigma I.A.
Essere metabolizzati dalla I.A.
Per i decision-maker del marketing digitale, della comunicazione e della strategia contenuti, la domanda non è più “Dobbiamo essere presenti?” ma “Come possiamo essere citati dagli algoritmi dell’I.A. con autorità — e allo stesso tempo rilevanti per gli utenti?” Se lo scenario fosse una corsa, chi arriva all’appuntamento con l’I.A. senza aver sistemato i propri asset digitali rischia di guardare gli altri tagliare il traguardo… mentre è ancora intento a capire dove deve mettere la linea d’arrivo”, conclude Rinaldi. (E.G. per NL)











































