Maxisanzioni alle emittenti radio-tv: iniziano le proteste

Il governo Prodi, maestro nell’inimicarsi le categorie professionali, ci prova anche con i mezzi radiotelevisivi


Sarebbe un interessante caso di studio: come riuscire a creare un così diffuso malcontento in pochi mesi di governo.
E’ incredibile l’abilità dell’attuale maggioranza nel mettere a segno, uno dietro l’altro, dei colpi che, come macigni, sgretolano il già fragile consenso verso di essa.
Prima i malumori dei tassisti, poi quelli delle libere professioni, infine il disappunto di artigiani ed imprenditori in generale: un capolavoro di pregevole strategia distruttiva della fiducia degli elettori.
Dopo essersi creati acerrimi nemici nel mondo della carta stampata e dell’editoria telematica, con l’immotivato attacco del copyleft (che per fortuna sembra essere ora rientrato), il governo ci tenta con le emittenti radiotelevisive e le imprese di telecomunicazioni, introducendo un inasprimento delle vigenti sanzioni, privo di ogni logica e criterio di proporzionalità.
Ne avevamo parlato per primi il 06/10/2006, introducendo il contenuto del Decreto Legge n. 262 del 2006, collegato alla nuova Finanziaria, che ha molto discutibilmente modificato l’art. 98 del Dlgs 259/2003 (il cosiddetto Codice delle Comunicazioni Elettroniche).
Si tratta, beninteso, di una norma che se dovesse trovare una improbabile (se siamo ancora in uno stato di diritto…) conferma in sede di conversione in legge, sarebbe destinata a polverizzarsi contro la prima questione di legittimità costituzionale sollevata nel corso di una delle inevitabili opposizioni a sanzioni irrogate dagli Ispettorati territoriali del MinCom. Tuttavia è pur sempre una brutta gatta da pelare, di cui i già bistrattati editori avrebbero ben volentieri fatto a meno.
Dobbiamo quindi registrare come finalmente le associazioni di categoria delle emittenti radiotelevisive, seppur con un po’ di ritardo, vista la rilevanza della questione, sembrino essersi accorte (anche se non tutte, invero, il che preoccupa…) di questa nuova allucinante performance del governo che ci guida ed hanno quindi levato gli scudi.
Questo il comunicato sull’argomento della FRT (Federazione Radio Televisioni):
La tendenza generale ad aumentare le sanzioni a carico delle emittenti, contenuta dapprima nel decreto legge 262/06 recentemente emanato – con una decuplicazione delle sanzioni pecuniarie – ma anche nel ddl Gentiloni, pone un serio problema di operatività imprenditoriale, soprattutto alle imprese radiofoniche e a quelle televisive locali. Comminare indiscriminatamente sanzioni di decine di migliaia di euro – peraltro indirizzate prioritariamente verso le imprese di telecomunicazioni – per casistiche comunque possibili quali, ad esempio, la difformità tecnica (es. spostamento di un’antenna) rispetto ai dati comunicati al Ministero (si va da un minimo di 30.000 euro a un massimo di 580.000), per non parlare della mancata ottemperanza a ordini o diffide di Autorità o Ministero (minima 120.000 euro, massima 2.500.000), rischia di provocare la chiusura di molte imprese e non segue un criterio di adeguata proporzionalità.
A tal proposito la FRT si è subito attivata in Parlamento presentando emendamenti al decreto legge in fase di conversione, in cui si chiede di non applicare le norme in questione alle emittenti radiofoniche e alle tv locali. E ciò anche in considerazione del fatto che, per le emittenti che operano sul territorio, il Legislatore da sempre, e da ultimo nel Testo Unico della radiotelevisione, prevede un regime sanzionatorio di maggior favore.
La Federazione chiederà inoltre al Ministero di prevedere una procedura che, in linea con quanto già avviene da parte di alcuni ispettorati, preveda in prima istanza una diffida piuttosto che l’applicazione diretta della sanzione”.

E’ probabile che il traballante governo tornerà ancora una volta sui suoi passi, a meno che ambisca ad un nuovo fronte di protesta aperto da strumenti di comunicazione che dovrebbe favorire (visto che il Centro sinistra ha fatto dell’esigenza di pluralismo una ragione elettorale), invece che calpestare.

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