Media. La AIO penalizza i content creator, ma senza di essi la I.A. si atrofizza. Così le big tech dovranno alla fine alimentare gli editori

AIO, serpente bot,

Dalla SEO al AIO (Artificial Intelligence Optimisation): l’informazione attraversa una metamorfosi che rischia di travolgere l’intera filiera dei media.
Chatbot e marketplace mettono in crisi i modelli basati sul traffico, mentre radio e tv subiscono la cancellazione algoritmica.
Ma quello tra content provider umani e I.A. è un rapporto simbiotico, cosicché il futuro non potrà che essere contraddistinto da un’alleanza tra editori, broadcaster e big tech.
Una dipendenza reciproca che porterà a breve alla remunerazione dei creator autentici ed alla certificazione dei contenuti umani.
Interviste e reportage saranno presto merce preziosa da vendere alle I.A.

Sintesi

La transizione dalla SEO al AIO segna un cambio di paradigma che mette in crisi i modelli basati sul traffico web: gli utenti trovano risposte direttamente da chatbot, che rigenerano contenuti senza rimandare alle fonti originarie, i cui accessi crollano.
Questo solleva il problema della remunerazione degli editori, indispensabile per evitare che l’I.A. si cannibalizzi, alimentandosi solo di sé stessa e generando un atrofizzante loop autoreferenziale.
Soluzioni come il pay per crawl di Cloudflare ed i marketplace come Tollbit propongono schemi di revenue sharing, mentre cresce l’idea di introdurre un bollino di autenticità per distinguere i contenuti umani da quelli prodotti artificialmente.
In questo scenario, interviste e reportage (le massime espressioni contenutistiche umane) assumono un valore crescente come unico baluardo di originalità, non replicabile.
Per parte propria, Radio e tv affrontano il fenomeno della cancellazione algoritmica, esclusi dai piani pubblicitari gestiti dall’I.A. perché privi di metriche digitali. Per sopravvivere devono trasformarsi in hub multimediali integrati (audio, video, social, streaming), fornendo contenuti certificati e intelligibili ai sistemi artificiali.
In definitiva, secondo osservatori qualificati, senza contenuti autentici l’I.A. perde il proprio nutrimento, così come, senza remunerazione diretta, gli editori moriranno d’inedia posti calo di abbonamenti e di raccolta pubblicitaria.
La sfida è trovare un nuovo equilibrio basato su accordi contrattuali innovativi, in cui la qualità certificata diventa la vera ricchezza dell’ecosistema mediatico.

Dalla SEO al AIO: la rivoluzione dell’accesso alle informazioni (non necessariamente solo news)

Per quasi vent’anni il destino delle testate digitali è stato legato al SEO, ovvero alla capacità di scalare i risultati di Google. Un sistema imperfetto, ma capace di garantire – insieme al link building (collegamenti inseriti negli articoli di testate autorevoli che spingono i motori di ricerca a valutare la rilevanza del sito di destinazione, influenzando positivamente il suo posizionamento nei risultati di ricerca) – flussi di traffico che alimentavano la pubblicità display.
Oggi lo scenario cambia: gli utenti ottengono le risposte direttamente da chatbot e sistemi agentici (ChatGPT, Perplexity, Gemini, Grok), senza passare dai siti.

Artificial Intelligence Optimisation

È il trionfo del AIO, acronimo che riconduce alla Artificial Intelligence Optimisation, che sostituisce le regole del posizionamento organico, con logiche di accessibilità ai modelli linguistici.

La logica AIO

La logica è chiara: “Perché cliccare su un link pieno di popup e banner quando un assistente può sintetizzare la risposta in un secondo?”. Questo ribaltamento mina alla base la sopravvivenza degli editori digitali.

Particle.news e la nuova user experience

Il caso di Particle.news è emblematico. L’app, come ha spiegato a Newslinet la CEO Sara Beykpour, non rimanda agli articoli, ma rigenera il contenuto partendo da più fonti. Otto articoli possono diventare un solo testo sintetico, arricchito da funzioni innovative: spiegazioni “come se avessi cinque anni”, punti di vista opposti, riassunti in forma di 5W.

Area grigia

Sotto l’aspetto legale, Particle si muove in un’area grigia ma strategica: nessun copia-incolla, solo rielaborazioni generate dall’I.A. che sfuggono alle accuse di plagio.

Il nodo gordiano delle fonti originali

Il nodo, però, è un altro: senza quelle otto fonti, Particle non avrebbe nulla da offrire. La domanda diventa quindi: come remunerare i fornitori di contenuti originali?

Cause legali e fair use: il precedente Anthropic

Il tema non è solo di carattere industriale ma anche giuridico.
La causa intentata dal New York Times contro OpenAI e Microsoft ha eviscerato la tensione tra editori e big tech. Ancora più significativa è stata la sentenza Anthropic del 2025: i giudici hanno stabilito che se un contenuto è stato acquistato legalmente, il suo uso per addestrare un LLM rientra nel fair use, a patto che l’output sia trasformativo e non replichi l’originale, né alteri il mercato.

Il principio che tutela l’alimentazione delle I.A.

Un principio che offre parziale tutela alle I.A., ma lascia aperto il problema della sostenibilità: se il mercato delle fonti originali crolla per inedia, anche l’intelligenza artificiale perde la sua fonte di sostentamento finendo per cibarsi di se stessa.

L’interesse delle big tech a mantenere viva l’editoria

A questo punto la risposta alla prima domanda è quasi obbligata: sì, le big tech hanno tutto l’interesse a mantenere vivo l’ecosistema editoriale. Senza contenuti autentici, gli algoritmi rischiano l’atrofia.

Cloudflare e Tollbit come camere di compensazione tra editori e I.A.

Da qui nascono modelli come il pay per crawl di Cloudflare o i marketplace come Tollbit, che si propongono come camere di compensazione tra editori e piattaforme di I.A. Non più click, ma remunerazione diretta per l’accesso ai contenuti. Beykpour lo ha detto chiaramente a NL: “Il nostro ecosistema funziona come una meritocrazia: i contenuti di qualità emergono, indipendentemente dal nome dell’editore”.

Cannibalismo: editori che usano I.A. per alimentare l’I.A.

Il paradosso del sistema emerge subito: se gli editori, per contenere costi, affidano la produzione all’I.A., allora i modelli finiscono per alimentarsi con derivati di sé stessi. Il risultato è un cannibalismo che conduce ad un ciclo vizioso di contenuti sempre meno innovativi, poveri di dati di prima mano.

Loop autoreferenziale

Un pericolo che gli analisti chiamano “loop autoreferenziale” e che rischia di ridurre il web ad un gigantesco archivio di variazioni linguistiche e quindi di mera forma senza sostanza ed innovazione.

Autenticità certificata: la prossima frontiera

Per evitare questo scenario, sarà essenziale introdurre sistemi di certificazione digitale dell’origine dei contenuti.
Immaginiamo una sorta di “bollino di autenticità” che distingua articoli frutto di lavoro giornalistico umano da testi generati, in tutto o in parte, dall’I.A. Stesso discorso per radio e tv: solo programmi certificati come autentici potrebbero rientrare nei sistemi di revenue sharing dei bot.

Mercato della fiducia

Questo aprirebbe un mercato della fiducia: gli editori capaci di dimostrare l’autenticità diverrebbero fornitori privilegiati per le piattaforme.

Interviste e reportage: l’oro del futuro

Molti osservatori sono convinti che le interviste dirette ed i reportage sul campo resteranno l’ultimo baluardo dell’autenticità.

L’I.A. può sintetizzare, non generare esperienze

L’I.A. può sintetizzare, non generare esperienze. Non può “fare la domanda giusta” ad un politico o assistere ad un evento imprevisto. Non a caso, la stessa Particle ha dichiarato a Newslinet di impiegare già giornalisti in carne ed ossa per aggiornare feed e correggere errori. Segno che il valore della testimonianza e della verifica umana è ancora insostituibile.

Radio e tv: la cancellazione algoritmica

Il discorso si estende a radio e televisione, oggi colpite dal fenomeno della algorithmic erasure: i sistemi di pianificazione automatica degli investimenti pubblicitari ignorano i mezzi lineari perché privi di metriche digitali granulari.
“Per un algoritmo – spiega a Newslinet Giovanni Madaro, ceo della società di analisi strategica Media Progress (gruppo Consultmedia) l’intuizione o l’engagement emotivo non hanno peso se non si traducono in dati.

Calo dei ricavi pubblicitari

Ne deriva un calo drastico dei ricavi pubblicitari. La sopravvivenza richiede un salto tecnologico: rendere radio e tv “intelligibili” all’I.A. con metriche digitali integrate, dati certificati e contenuti crossmediali”.

Dal barbiere di quartiere agli hub multimediali

L’esempio della pubblicità locale, di cui abbiamo parlato nei giorni scorsi, è illuminante. Negli anni ’80 lo spot radiofonico del “barbiere di quartiere” era parte del paesaggio sonoro urbano. Oggi quei budget sono migrati verso social e search advertising, attratti da targeting e costi contenuti. La sopravvivenza della radio passa dalla trasformazione in hub multimediali: pacchetti che includano audio, video, social e podcast, monetizzando lo streaming e offrendo consulenza integrata agli inserzionisti.

Salto di sopravvivenza

“Chi saprà compiere questo salto potrà restare rilevante come terminali informativi areali per le grandi campagne nazionali, e soprattutto come fornitori di contenuti originali per i bot I.A.”, avverte Madaro.

Un ecosistema in cerca di equilibrio

“Alla fine il nodo è sempre lo stesso: senza contenuti autentici, l’I.A. si spegne; senza revenue sharing, gli editori chiudono. La soluzione passa da nuove relazioni contrattuali: marketplace, API dedicate, accordi di licenza. Non più click e banner, ma remunerazioni dirette basate sull’uso effettivo dei contenuti”, continua l’analista. “O gli editori si fanno riconoscere come produttori indispensabili di materia prima, o diventeranno comparse destinate all’obsolescenza”.

Cambiare pelle

L’editoria, la radio e la televisione non sono destinate a sparire, ma obbligate a cambiare pelle. In un ecosistema dominato dall’I.A., la vera ricchezza non sarà più la quantità di accessi, bensì la qualità certificata dei contenuti.
Le interviste, il giornalismo di campo, i format originali resteranno il nutrimento essenziale di cui gli algoritmi non possono fare a meno. Se questo valore verrà riconosciuto e remunerato, il futuro dei media potrà non solo sopravvivere, ma tornare ad avere un centrale. (E.G. per NL)

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