Pubblicità: internet vs tv

Pronostici shock in due studi pubblicati di recente


Le fonti si rincorrono da tempo. Le ricerche confermano un’inversione di rotta nell’utilizzo, da parte delle aziende, dei diversi canali pubblicitari. La Tv perde posizioni su tutti i fronti, sia per raccolta di contenuti, sempre meno interessanti per gli utenti, sia per quella pubblicitaria.
Internet sta tramutandosi da disordinato luogo virtuale ad efficace ed efficiente canale di comunicazione. Qui vengono veicolati quotidianamente informazioni e lanci pubblicitari che sempre di più, anche per merito del crescente numero di utenti e delle connessioni ad alta velocità, riescono a raggiungere la maggior parte delle persone dell globo.
In Gran Bretagna, avanguardia storica delle nuove forme di comunicazione di massa, il canale Google ha, nel terzo trimestre dell’anno in corso, raggiunto un livello di raccolta pubblicitaria pari a 327 milioni di sterline (490 milioni di euro), lasciandosi dietro, con 317 milioni di sterline (475 milioni di euro), Itv1, emittente televisiva britannica, che conta nella sua compagine anche diversi canali digitali. Per l’esercizio in corso, invece, questa risulta vincente rispetto al concorrente in termini assoluti di fatturato (1,86 miliardi contro 1,5 miliardi), nonostante la comparazione dei dati rispetto al precedente riveli una flessione dei suoi introiti pari al 7%, contro un aumento del 46% di quelli del canale internet (si veda Italia Oggi, 31/10/2007, p. 29).
Anche nel nostro paese (l’Italia, ndr)“il web sta iniziando a drenare fatturato ad altri mezzi” – commenta Layla Pavone, presidente dell’Interactive Advertising Bureau (associazione che raggruppa le aziende che operano nel settore della pubblicità digitale) – “e, nonostante la Tv generalista sia in calo, resta un mezzo molto importante: una situazione molto diversa da quella inglese, dove le emittenti televisive non sono così forti”. Ciononostante, la ricerca “Web 2.0: lo scenario italiano ed internazionale”, a cura della stessa IAB, fornisce dati che non incoraggiano i tradizionali operatori del settore, attestando nel periodo gennaio 2006 – gennaio 2007 una crescita pari al 4% del numero di navigatori, +7% per quanto concerne i domini visitati per persona, +18% la penetrazione broadband in famiglia (in pratica l’ADSL, ndr), +21% le sessioni di navigazione, +36% il tempo di permanenza sul web per persona. Infine, gli utenti del cosiddetto “Web 2.0”, ovvero l’ambiente in cui si sono sviluppati siti web ed applicazioni che mettono il controllo del contenuto, sia generato direttamente dall’utente che no, nelle mani del consumatore, rappresentano il 56% del totale dei navigatori nazionali.
Ancora, le destinazioni economiche che andranno ad interessare il settore della pubblicità su internet cresceranno mediamente del 30% nel 2008. E’ quanto ha spiegato Roberto Binaghi, ceo Omd e responsabile del centro studi Assap-AssoComunicazione, in occasione dello Iab Forum 2007 svoltosi a Milano lo scorso 7 e 8 novembre. Secondo le più attendibili stime, gli investimenti delle aziende italiane in pubblicità digitale raggiungeranno, nell’esercizio in corso, 665 milioni di euro, incrementandosi del 41,5% rispetto al 2006.
Più incisiva la ricerca effettuata dall’IBM Global Business e curata da Saul J. Barman, Bill Battino, Louisa Shipnuck e Andreas Neus: “The end of advertising as we know”. Il report, stilato sulla base delle risposte di un campione composto da 2400 consumatori ed 80 imprese di rilievo che investono in pubblicità, ci parla di una scomparsa del tradizionale spot di 30 secondi nell’arco di appena cinque anni (si veda Italia Oggi, 13/11/2007, p. 31). Le company che regolarmente destinano una cospicua parte dei propri esborsi in pubblicità ai mass media, si rivolgeranno principalmente a chi possa lanciarla sui nuovi formati digitali. Le nuove tecnologie, il nuovo consumatore ed il nuovo spender, afferma una delle conclusioni dello studio in questione, stanno ridefinendo il modo con cui la pubblicità viene creata, venduta, consumata e misurata. Ciò che ha funzionato in passato non funzionerà necessariamente in futuro. Nell’ambito del campione consumeristico intervistato, infatti, il pubblico sta spostando la propria attenzione sul mondo virtuale della Rete. Chi, invece, continua a seguire la tv, predilige l’utilizzo dei nuovi DVR (tecnologia che consente di impostare la registrazione di uno specifico contenuto e non un intervallo di tempo su un determinato canale selezionato), così da poter registrare i programmi, guardarseli quando vuole e senza pubblicità. Per il 40% degli intervistati, quella televisiva, è decisamente la più fastidiosa.
La Tv generalista, sempre secondo IBM Global business service, è amata appena dal 15% dei giovani con basso reddito che, per il 75%, preferisce contenuti interattivi e siti internet non a pagamento. Dirigendo l’attenzione verso coloro che possono avvalersi di una maggiore disponibilità economica, vediamo che questi prediligono impiegare il tempo libero visionando contenuti on-line. Infine, vi è una piccola fascia di navigatori che accetta di pagare per i contenuti ed acquista abbonamenti a quotidiani on-line.
Incrociando i dati, la pubblicità tradizionale si trova attualmente sul baratro di un imminente crollo e, commenta lo stesso Barman, “benché rimanga un elemento fondamentale della cultura popolare e continui a sovvenzionare una larga fetta dell’entertainment in tutto il mondo, è necessario che si adegui ai nuovi formati ed offra un valore intrinseco più consistente ai consumatori, i quali avranno nell’imminente futuro un ventaglio più ampio di opzioni”. I giovani, in generale non avvezzi a pagare per i contenuti, continueranno sì a preferirne la visione, ma lo spot dovrà necessariamente essere collocato nell’ambito del loro ambiente comunicativo prediletto: la rete, per l’appunto.
Da sottolineare anche altre due stime: il 26% del campione di internauti contattato per l’indagine contribuisce attivamente a siti di social networking ed il 10% arricchisce personalmente l’offerta di portali come YouTube. Invero, non essendo l’utenza alla quale i ricercatori si sono rivolti composta da addetti ai lavori, rilevare una cospicua crescita dei contatti anche in ambienti fino a poco tempo fa destinati principalmente ai più afecionados della rete, ci deve senz’altro far riflettere su come questo nuovo mondo sia sempre più alla portata di tutti e cresca su ogni fronte. Per quanto concerne, poi, gli 80 professionisti del settore interpellati dalle indagini, da non trascurare il fatto che il 44% degli stessi abbia già pianificato una diversa distribuzione del budget da destinare alla pubblicità, scegliendo a tal proposito formati basati non più sulle impression ma sull’impatto: tutti sappiamo che internet, in questo campo, è e saprà essere tra i protagonisti indiscussi. Tirando le fila, gli spender hanno puntato sul cavallo che ritengono favorito e questo, probabilmente, è il miglior metro per misurare l’attendibilità anche delle più audaci previsioni.(Stefano Cionini per NL)

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