Radio digitale, Gentiloni: la rassegna delle illusioni

Dal ministro delle Comunicazioni ci si aspetterebbe un po’ meno superficialità nell’approcciare il problema


Va bene che – e lo abbiamo già scritto – per Gentiloni (foto) è questo un periodo difficile, come per tutto il governo, del resto. Va bene che egli ha le sue belle gatte da pelare, con alcuni ispettorati territoriali che – e anche questo lo abbiamo già scritto – vanno alla deriva per problemi eterogenei e creano non poche cadute d’immagine al suo dicastero. Ma un po’ più di senso pratico e conoscenza del medium radiofonico, dal supremo comunicatore ce lo aspetteremmo.
E invece sul quotidiano Italia Oggi – tra i più attenti alle problematiche del settore delle comunicazioni di massa – abbiamo avuto modo di leggere (sabato 9 giugno, pag. 31) una dichiarazione, a riguardo della radio digitale, che ci ha di un colpo riportato indietro di venti e più anni.
Così Gentiloni sul digitale radiofonico: “In passato si era pensato al DAB e alla banda terza, che la RAI avrebbe dovuto mettere a disposizione. Ma questo percorso non è andato avanti. Il DAB non è amato dalle radio locali più piccole e la tv con RaiUno occupa ancora la banza terza. La RAI in queste settimane sta accettando discorsi sulla banda terza, grazie al lavoro di Rai Way. Il DAB sta evolvendo in DMB o DVBH (?, ndr), con una grande qualità del servizio che fa entrare la radio nel digitale dalla strada principale”. E fin qui, a parte alcune inesattezze e un po’ di (eccessiva) enfasi, nulla di male e di nuovo. Sennonché, poi, Gentiloni si lancia in un’affermazione che fa rabbrividire, sia per la portata della stessa che per la fonte da cui proviene, da cui ci si aspetterebbe un po’ più di cognizione di causa: “Per i più piccoli, invece, ci sono nuove tecnologie, come l’Iboc, il DRM o l’FM eXtra, che consentono un passaggio graduale, mandano il segnale in contemporanea sia in analogico in radio”. Andiamo bene: di nuovi figli e figliastri. Possibile che, nel 2007, ancora non si è compreso che lo standard diffusivo (posto che l’affermazione dello stesso la decide il mercato e non certo il regolatore) deve essere, se non univoco e condiviso, almeno ad accesso diffuso e democratico e non certo condizionato a monte? E’ così difficile comprendere che in un così deleterio scenario l’emittenza locale verrebbe ghettizzata? Per Gentiloni, parrebbe di capire, dovrebbero esserci allocazioni di serie A e di serie B (a prescindere dalla valenza tecnologica dei formati, che, diversamente da quello che pensa il ministro, non sono affatto così sbilanciati a livello di potenzialità). Sembra di tornare, a parti contrarie, negli anni ’80, quando si parlava di allocare le reti nazionali radio in AM lasciando l’FM alle locali… In quell’occasione le nazionali, parlando giustamente di utopia pura, obiettarono che così sarebbero state discriminate dal pubblico. Oggi questa obiezione la fanno, giustamente le locali. Grande ministro: anziché, combattere il digital divide, lo ha esteso anche alla radiofonia!

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