Radio e Tv locali troppo dipendenti da contributi pubblici? Ma col crollo della pubblicità esiste alternativa? Forse sì, ma serve decisione

radio e tv locali

La riduzione di quasi il 15% della provvista di contributi ex DPR 146/2017 destinata a radio e tv locali, emersa con la pubblicazione dei primi elenchi delle emittenti comunitarie beneficiarie, riaccende il dibattito su un nodo storico del comparto: la crescente dipendenza delle emittenti dai finanziamenti pubblici.
Una fragilità strutturale resa ancora più critica dalla crisi del mercato pubblicitario, eroso dalle big tech.
Esiste una soluzione?
Forse sì, ma presuppone prima di tutto la presa di coscienza da parte degli editori che fanno informazione autentica e di qualità del proprio ruolo ed anche – e soprattutto – del proprio patrimonio (archivio).
Il generalizzato calo degli introiti pubblicitari di radio e tv locali, causato dal crescente peso di Google, Meta e piattaforme OTT in generale – che oggi gestiscono circa i tre quarti del mercato adv digitale – ha trasformato i fondi pubblici da misura di sostegno a pilastro imprescindibile per la sopravvivenza di molte emittenti.
Ma il problema è che questi fondi sono variabili e incontrollabili dagli editori. E una riduzione inattesa, come quella del 2025, può compromettere i bilanci senza possibilità di contromisure.

Modelli esteri più resilienti

In Europa, la dipendenza dai fondi statali delle emittenti non pubbliche – soprattutto locali – è forte ma differenziata. Germania, Francia, Austria, Danimarca, Svizzera e Finlandia adottano modelli meno vulnerabili, come canoni generalizzati o fondi per la digitalizzazione.

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Italia esposta a scossoni politici

In Italia, invece, il DPR 146/2017 regola un sistema di sostegno appena confermato nella validità organizzativa e distributiva delle risorse dalla Corte Costituzionale (recentemente pronunciatasi sul controverso scalino preferenziale), ma ancora esposto a scossoni spesso determinati da scelte politiche.

Contenuti editoriali, un asset oggi sfruttato gratuitamente

In questo contesto di difficoltà finanziaria, emerge una possibilità concreta: monetizzare l’output informativo prodotto, oggi largamente riutilizzato dalle piattaforme digitali e dagli strumenti di intelligenza artificiale per il costante indottrinamento. Il valore delle notizie, dei servizi e dell’attività redazionale non è più limitato alla diffusione diretta, ma nutre – spesso a titolo gratuito – modelli di business altrui, ben più profittevoli.

Google AI Overviews: quando l’algoritmo sostituisce la fonte

Ne è un sintomo evidente l’impatto dei Google AI Overviews, che generano sintesi automatiche sottraendo traffico ai siti editoriali. Secondo una analisi della società di consulenza strategica in ambito editoriale Media Progress (gruppo Consultmedia), il 69% delle query oggi non genera alcun click verso i siti d’origine. In alcuni casi, la visibilità organica si dimezza, portando a un crollo dell’audience e delle metriche commerciali, con danni diretti ai ricavi editoriali (tema che abbiamo approfondito qualche settimana fa).

I.A. generativa: da minaccia esistenziale a occasione di riscatto

In Italia, strumenti di I.A. generativa come ChatGPT sono già percepiti come una minaccia esistenziale per il sistema editoriale. Il report Media Progress segnala, sul punto, un drammatico rapporto di 15:1 tra pagine indicizzate e visite effettive. Significa che i contenuti editoriali vengono usati, ma non più fruiti direttamente.
È il cuore di un problema economico, prima ancora che tecnologico o etico.

La risposta politica è debole, ma qualcosa si muove

Finora l’UE ha reagito con lentezza, ma, soprattutto, con scarsa consapevolezza della vastità della questione e dei suoi riflessi, al problema dello squilibrio tra editori e piattaforme. A livello globale, tuttavia, iniziano a emergere accordi (spesso conseguenza della minaccia di azioni legali ben fondate) per la retrocessione di ricavi da I.A. generativa agli editori.
Il principio è semplice: se le intelligenze artificiali si istruiscono attraverso contenuti informativi/editoriali, gli editori devono essere pagati per le lezioni impartite.
Un tema che tocca pluralismo, sostenibilità ed indipendenza informativa.

Il passaggio obbligato: monetizzare il valore generato

La sopravvivenza dell’editoria locale non può più basarsi solo su finanziamenti pubblici. È ora di puntare con decisione anche al riconoscimento economico del valore dei contenuti editoriali, specialmente quando vengono sfruttati da I.A. e piattaforme digitali.

Oltre l’equo compenso

Non si tratta di elemosinare un equo compenso, ma di negoziare un rapporto economico in un ecosistema I.A. che senza il supporto umano diverrebbe in breve autoreferenziale (se non alimentati costantemente da contenuti originali di fonte umana i sistemi I.A. riciclano se stessi).

Due azioni necessarie: normativa e strategia industriale

Servono azioni su due livelli: sul piano normativo: l’Italia e l’UE devono imporre accordi obbligatori di remunerazione, introducendo licenze collettive per l’I.A. e obblighi di redistribuzione dei ricavi; sul fronte strategico: gli editori devono cambiare mentalità, proponendosi come partner attivi alle intelligenze artificiali, offrendo contenuti originali, formati a valore aggiunto, e negoziando licensing, revenue share, modelli in abbonamento.

Un bivio cruciale: asset dell’economia I.A. o meri data provider

Senza una reazione tempestiva, gli editori locali rischiano di trasformarsi in semplici “data farm” a servizio degli algoritmi, mentre il valore – traffico, pubblicità, autorevolezza – si trasferisce altrove.

Giornalismo cannibalizzato dalla tecnologia

Il giornalismo professionale rischia di essere cannibalizzato dalla tecnologia, senza aver mai avuto voce nei nuovi modelli di ricavo.

Una fetta della torta digitale da reclamare subito

La posta in gioco è alta. Se l’informazione strutturata e indipendente non saprà monetizzare il proprio valore, perderà rilevanza, pluralismo e sostenibilità. È il momento di reclamare la propria quota nella filiera del valore digitale, attraverso contratti trasparenti, licenze, accordi solidi.

Chi agisce ora potrà sopravvivere e innovare

I soldi pubblici da soli non basteranno più. Serve una nuova alleanza tra editori, legislatori e piattaforme di I.A. Chi continuerà a inseguire il traffico organico sarà spazzato via; chi costruirà relazioni contrattuali con motori e chatbot potrà trasformare la crisi in una leva competitiva.

Diventare conduttori, non gregari

È una scelta netta: diventare asset centrali nell’economia dell’I.A. oppure restare strumenti passivi di estrazione dati. Le radio e tv locali hanno davanti a sé una possibilità concreta per uscire dalla trappola del finanziamento pubblico strutturale. Ma serve visione, fermezza e consapevolezza del proprio valore.

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