Radio locali, Abruzzo: Radio Città Pescara sospende le trasmissioni

Radio Città Pescara, emittente "di movimento" abruzzese di Maurizio Acerbo, che ha sede in via Lazio 42 a Pescara e trasmette la programmazione di Radio Popolare Network (vicina alle ex tute bianche ed ai disubbidienti i cui membri sono tutti o quasi iscritti a Rifondazione Comunista) su 97.800, 89.900, 90.100 e 87.750 MHz ha sospeso le trasmissioni il 31 dicembre scorso.

La decisione è venuta dai lavoratori della radio che, contestando la gestione interna e si ponendosi in contrasto con i soci fondatori, hanno deciso l’interruzione dei programmi del palinsesto ed il blocco del sito web. In rete gli stessi "dissidenti" hanno postato questo comunicato: "Chiude Radio Città Pescara – Sciopero dei lavoratori della Radio (sciopero vietato). I lavoratori e i redattori volontari della radio comunicano la sospensione di tutte le loro attività comprese le attività informative sul web. Di seguito espongono le seguenti motivazioni: 1) La totale mancanza di programmazione finanziaria ha determinato l’obsolescenza della strumentazione tecnica ed il decadimento dei locali. I programmisti che in questi anni hanno offerto con immenso piacere il loro contributo per una programmazione radiofonica di qualità hanno dovuto assistere alla mancanza di assistenza tecnica ed al venire meno delle minime condizioni indispensabili per la messa in onda dei programmi. Inutile sottolineare ogni imbarazzo circa la presenza di ospiti nella radio nei programmi contenitore, esposti a condizioni ambientali al limite della sopportazione. 2) Per fornire un apporto ancora più prezioso alla radio che tanto amano, i programmisti, i redattori, i lavoratori tutti, non paghi di contribuire con le ore di lavoro volontario alla realizzazione dei programmi ritagliando ogni minuto del proprio tempo libero, hanno costituito un gruppo di lavoro che, tramite una associazione culturale denominata “Liberi Media”, ha fornito nuovi proventi alla radio con progetti e pubblicità, ha contribuito direttamente alle attività promozionali così come alla manovalanza, ha realizzato un sito web aggiornato, ha assicurato un piccolo ma costante contributo all’attività redazionale del Network. L’impegno di questa associazione non è stato mai riconosciuto dai soci e i proventi di questo lavoro sono stati utilizzati per coprire (pur parzialmente) le disastrose condizioni finanziarie pregresse e non per investire nella qualità o in un piano di risanamento della struttura o degli strumenti. 3) Dalla carta d’intenti: “Compatibilmente con la situazione finanziaria della società e con l’auspicabile successo dell’iniziativa, è prevista in un secondo momento la trasformazione dell’attuale forma societaria in altra, e la contestuale creazione di una società controllata direttamente dai lavoratori e dai collaboratori della radio con la partecipazione di ascoltatori, organizzazioni, associazioni, gruppi di uomini e donne”. Quanto scritto nella carta d’intenti stava attualmente accadendo, visto che gli stessi lavoratori della radio stavano gestendo questo, pur lento, cambiamento con benefìci evidenti, anche dal di fuori. Questo cambiamento è da far risalire, oltre che al contributo di tutti i lavoratori della radio, alla volontà e al lavoro di un unico socio, Loredana Di Paola che si è adoperato al massimo delle sue possibilità per rispettare proprio quella carta di intenti che tutti i soci fondatori, all’inizio dell’esperienza di Radio Città avevano compilato, firmato, condiviso e che i programmisti hanno letto, assorbito, condiviso a loro volta, certi di avere come riferimento un terreno comune, una intesa di base, una ideologia portante. Conclusioni : si ritiene che le potenzialità di uno strumento di diffusione di cultura ed informazione, se non vengono supportate da una linea editoriale condivisa, da una progettazione economica e da un senso di appartenenza organizzativa, vengono irrimediabilmente mortificate dall’’immobilità, causando perdite cicliche nelle risorse umane e favorendo un clima di “radio degli amici” (e dei compagni) o di “radio dove tutti possono trasmettere”. Questo non può e non deve accadere se si ha ancora intenzione di chiamare “radio”, Radio Città. Aver dato priorità al “progetto di radio”, tentato di costruire quella "comunità radiofonica" (Radio Popolare è un esempio da seguire calibrato alla realtà del proprio territorio) che è l’unico senso "politico" di un media come Radio Città, aver creato antipatie nel momento in cui si operava un controllo sulla qualità delle trasmissioni, aver cercato di modificare dinamiche di gestione “amicale” e approssimativa cronicizzate da anni, aver tentato di "partecipare" alla gestione complessiva del progetto radio, non hanno incontrato il favore dei soci fondatori: oggi le critiche all’operato di Loredana Di Paola equivalgono a critiche all’operato di tutti i lavoratori volontari della radio. Per tutte queste ragioni si ritiene, sebbene a malincuore, di non poter andare oltre". (R.R. per NL)
 
 
 
 
 

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