Ad aver tenuto alta l’attenzione degli editori radiotelevisivi questa settimana sono stati due fatti di matrice completamente differente, ma che concorrono, insieme, ad aggravare la crisi, per certi versi strutturale, dei media tradizionali: l’improvvisa (perchè apparentemente imprevedibile) riduzione dei contributi previsti dal fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione in favore delle emittenti televisive e radiofoniche locali per l’annualità 2025, ex DPR 146/2017 (cioè quelli calcolati sul 2024) e gli effetti dell‘I.A. generativa sulla raccolta pubblicitaria e sulla assimilazione dei contenuti senza compenso (col crollo delle visualizzazioni, dai siti d’origine, delle informazioni metabolizzate dai LLM – acronimo di Large Language Model ).
In pratica, due fatti che minano la sostenibilità economico finanziaria delle emittenti, aggredendole sui pilastri principali delle entrate di bilancio.
Sul primo (quello relativo alle misure di sostegno), c’è poco da fare: l’unica strada percorribile è quella della sensibilizzazione politica su un settore, che, evidentemente però, per la politica conta sempre meno.
Compito degli editori è quindi quello di dimostrare di meritare ancora attenzione, aumentando il peso effettivo del proprio ruolo mediatico, attraverso la produzione di nuovi contenuti di elevata qualità editoriale. E per farlo bisogna (anche e soprattutto) intervenire subito sul secondo aspetto, correggendo alcuni gravi errori commessi.
Infatti è su questa, seconda, criticità che preferiamo concentrarci, perché in grado di garantire una reattività più rapida e controllabile (rispetto ad una provvista di sostegno pubblico).
Portata disruptive
L’Intelligenza Artificiale, da strumento ausiliario e di supporto alle attività umane, si sta rapidamente trasformando in un attore di primo piano, protagonista e determinante, capace di alterare l’equilibrio dell’intera industria mediatica, dall’editoria alla radio, dalla televisione al digital advertising attraverso processi di assimilazione, elaborazione e riscrittura delle regole.
Riflessioni urgenti
Le recenti analisi e le esperienze sul campo tracciano un quadro complesso, ma inequivocabile, che impone una riflessione urgente e profonda sul futuro di un settore già di per sé provato da anni di trasformazioni digitali e crisi economiche.
Il bivio
Siamo di fronte a un bivio: accettare passivamente il declino dei media tradizionali (e non solo) o cogliere l’occasione per ridefinirne il ruolo in un nuovo ecosistema.
Il silenzio radiofonico nell’era algoritmica: quando l’I.A. cancella interi media
Un’indagine condotta dalla tech-farm statunitense Futuri Media ha rivelato un dato allarmante per la radio e, in misura minore ma con trend crescente, per la televisione: l’I.A. generativa, sempre più integrata nei processi decisionali di media planning e acquisto spazi, tende a escludere sistematicamente questi mezzi dai piani pubblicitari.
L’oste non dice quanto è buono il suo vino
La ragione è tanto semplice quanto spietata: l’assenza di dati online strutturati, granulari e facilmente analizzabili sulle performance reali della pubblicità radiofonica e televisiva rende questi canali, agli occhi dell’I.A., quasi invisibili o non quantificabili.
Intuizione, engagement emotivo e penetrazione demografica irrilevanti per un algoritmo
Per un algoritmo addestrato sulla misurabilità e l’ottimizzazione basata sui dati, l’intuizione, la capacità di engagement emotivo o la penetrazione demografica della radio diventano irrilevanti se non traducibili in metriche digitali immediate.
Cancellazione algoritmica
Questo fenomeno, tristemente definito cancellazione algoritmica (algorithmic erasure), sta già causando cali significativi nei ricavi pubblicitari per i broadcaster, in particolare quelli locali. Agenzie e brand, che affidano le proprie decisioni di budget a sistemi artificialmente intelligenti, vedono raccomandare piattaforme digitali con ROI più facilmente misurabili, lasciando la radio ai margini.
Rendere la radio intellegibile alle intelligenze
La sfida evidentemente è chiara e improrogabile: come possiamo rendere la radio intelligibile all’I.A.? Come possiamo fornire dati validi, analizzabili, certificati e riconoscibili che ne attestino l’efficacia non solo in termini di reach, ma anche di engagement, influenza sul brand e conversione, anche indiretta? Si rende necessario un ripensamento radicale delle metriche e degli strumenti di misurazione, che vada oltre il mero ascolto abbracciando l’interazione multimediale e l’integrazione con il digitale.
Il paradosso della assimilazione a senso unico
Ma – pare un paradosso – l’altra faccia della medaglia vede, al contrario, la tendenza alla assimilazione non retribuita dei contenuti dei media tradizionali. Cioè, mentre radio e televisione lineari non riescono a concretare la assimilazione delle proprie perfomance ai large language models (che quindi non le considerano valide per le pianificazioni dei budget pubblicitari), dall’altra le I.A. ne assimilano a man bassa i contenuti.
Dall’ottimizzazione per i motori di ricerca a quella per l’intelligenza artificiale: la metamorfosi dell’editoria
Sul piano della gestione contenutistica, l’editoria tradizionale si trova infatti ad affrontare un bivio epocale, forse il più impegnativo della sua storia recente. Il vecchio paradigma della SEO (Search Engine Optimization), che ha guidato per anni le strategie di creazione e distribuzione dei contenuti, sta rapidamente cedendo il passo all’AIO (Artificial Intelligence Optimisation) o, in una sua specifica declinazione, all’AEO (Answer Engine Optimisation).
Google 2.0
Google, da semplice motore di ricerca che indirizzava il traffico verso i siti, si evolve sempre più in un “motore di risposte“, con funzionalità come AI Overview che mirano a fornire risposte dirette e complete alle query degli utenti, attingendo ai contenuti pubblicati dagli editori, ma riducendo drasticamente la necessità per l’utente di cliccare sul link originale.
Atrofia contenutistica
Se in passato i siti si nutrivano del traffico e delle visite generate copiosamente da Google, oggi rischiano l’atrofia contenutistica se la risposta viene fornita direttamente dall‘I.A., senza generare un singolo click. Il calo del traffico organico è una realtà tangibile e preoccupante per molti editori.
NYT emblema della tensione
Il caso del New York Times contro OpenAI e Microsoft è un emblema di questa tensione: l’accusa di aver usato milioni di articoli protetti da copyright per addestrare chatbot che ora competono direttamente con la testata, stessa solleva questioni cruciali sul diritto d’autore nell’era digitale e sull’equa monetizzazione dei contenuti prodotti dagli editori.
Fair use
La recente sentenza che ha stabilito il fair use per i libri acquistati legalmente e usati per addestrare l’A.I., ma non per quelli “piratati”, apre scenari legali complessi e sottolinea la necessità di una chiara legislazione in materia.
Monetizzare la assimilazione
Gli editori non possono più limitarsi a produrre contenuti e sperare che vengano trovati; devono comprendere come i loro contenuti vengono assorbiti e riproposti dalle I.A., e come possono monetizzare anche in un modello in cui il traffico diretto diminuisce. Ma, al contempo, devono anche incentivare la assimilazione delle proprie performance affinché la I.A. non consideri radio e tv solo “palestre di addestramento”, ma ne riconosca il valore suggerendone l’impiego pubblicitario.
Contributi pubblici e crisi pubblicitaria: trovare nuovi modelli di sostenibilità
In questo scenario di profonde mutazioni, la dipendenza storica delle radio e TV locali dai contributi pubblici si rivela una vulnerabilità ancora più evidente e pressante. Se già in passato questa dipendenza era oggetto di dibattito, con il progressivo e inesorabile calo della pubblicità tradizionale e l’avanzata inarrestabile dell’I.A. che devia flussi economici, i finanziamenti statali da soli non possono più rappresentare l’unica, se non la principale, fonte di sostentamento.
Drammatico rapporto di 15:1 tra pagine indicizzate e visite effettive
Un report della società di analisi strategica e ricerche di mercato Media Progress (gruppo Consultmedia) evidenzia un dato allarmante e chiarificatore: un drammatico rapporto di 15:1 tra pagine indicizzate e visite effettive. Questo significa che i contenuti editoriali vengono “usati, analizzati e riassunti dagli algoritmi, ma non più fruiti direttamente dagli utenti sui siti originali, generando una perdita secca di entrate pubblicitarie legate al traffico”.
Cambio di paradigma radicale
La sopravvivenza impone, di conseguenza, un cambio di paradigma radicale. Non si tratta più, e non può più trattarsi, di elemosinare un “equo compenso“ o di attendere un intervento legislativo che tuteli gli editori “ex post”. Si tratta, al contrario, di negoziare la assimilazione dei contenuti attivamente e con forza un rapporto economico strutturato, chiaro e trasparente con le piattaforme di Intelligenza Artificiale.
Data farm e fornitori di materia prima a costo zero per la I.A.
Gli editori non possono permettersi di diventare semplici “data farm” o “fornitori di materia prima” a costo zero al servizio degli algoritmi. Devono, al contrario, rivendicare con determinazione il proprio valore intrinseco come produttori di contenuti originali, autorevoli, verificati e di qualità, senza i quali l’intero ecosistema dell’I.A. stessa rischierebbe di divenire autoreferenziale, privo di nuove informazioni, e impoverito nella sua capacità di generare risposte affidabili.
Nuova alleanza, ma non di mera sopravvivenza
Serve, dunque, una nuova alleanza, ma non di mera sopravvivenza, bensì di innovazione: un’alleanza tra editori lungimiranti, legislatori consapevoli delle sfide tecnologiche e piattaforme di I.A. disposte a riconoscere il valore della fonte originale. Chi continuerà a inseguire il traffico organico sulla scia dei vecchi modelli è destinato, inevitabilmente, a essere spazzato via dalla marea dell’innovazione.
Relazioni contrattuali innovative
Chi, invece, saprà costruire relazioni contrattuali innovative con motori e chatbot, chi riuscirà a monetizzare l’utilizzo dei propri contenuti anche quando non generano traffico diretto, trasformando la crisi in una potente leva competitiva, avrà non solo la possibilità di sopravvivere, ma di diventare un asset centrale e insostituibile nell’economia dell’Intelligenza Artificiale.
Protagonisti attivi e visionari o semplici comparse destinate all’obsolescenza
La decisione è netta: essere protagonisti attivi e visionari lungimiranti di questa trasformazione oppure semplici comparse condannate all’invecchiamento precoce. Il tempo delle scelte è adesso.
Siamo pronti ad affrontare questa sfida epocale?