Spamming: ti risarcisce il Tribunale!

Commento alla sentenza del Tribunale di Latina – sez. Terracina, Sentenza 19/06/2006, n. 252


da newsletter European Law

Articolo di Alessandra Delli Ponti, pubblicato sulla rivista telematica Sapere & Consumare, Bimestrale del consumo consapevole, numero 1/2007, http://www.sapereeconsumare.net/

Da anni ormai il “direct marketing” è diventato uno dei principali mezzi per fare pubblicità anche in Italia, soprattutto per il minore costo che assume davanti ad una campagna pubblicitaria su base nazionale.
Ma cosa è esattamente il “direct marketing”?
Per “direct marketing” s’intende comunemente un sistema di marketing o uno strumento di pubblicità indirizzata non a tutti indistintamente, ma a “segmenti” ben precisi di mercato o a soggetti ben determinati e quindi pubblicità inviata ai recapiti diretti dell’utente o del consumatore.
Tale attività promozionale presuppone un trattamento di dati dell’utente o consumatore a cui viene inviata la pubblicità.
Non a caso del direct marketing si occupa il Decreto Legislativo 196/2003 in materia di tutela dei dati personali (di seguito Codice Privacy). In particolare il Codice Privacy si preoccupa di vietare l’invio di pubblicità attraverso strumenti elettronici (e-mail, SMS, MMS o telefax) senza il preventivo consenso dell’utente (articolo 130 del Codice).
Se il consenso non è stato richiesto l’attività di direct marketing diventa “spamming” ed è illecita.

Recentemente il Tribunale di Terracina è intervenuto proprio in un caso di “spamming” effettuato mediante SMS.
Vediamo brevemente il caso.
Un utente titolare di un numero di telefonia mobile con un grosso operatore telefonico riceveva da mesi numerosi SMS di carattere commerciale sul proprio numero telefonico.
L’utente si è conseguentemente opposto al trattamento del proprio numero telefonico al fine di ricevere comunicazioni commerciali (ai sensi dell’art. 7 e 8 del Codice Privacy), ma nonostante questo la ricezione di SMS pubblicitari non è cessata.
Anche l’obbligatorio tentativo di conciliazione davanti al Co.Re.Com. non dava esito positivo e l’utente continuava a vedersi arrivare SMS pubblicitari.

Il Giudice di Terracina ha applicato il Codice Privacy ed in particolare il sopra citato divieto di invio di pubblicità attraverso strumenti elettronici senza il consenso dell’utente.
Più precisamente, per il giudice, l’operatore telefonico aveva trasgredito al divieto del Codice Privacy avendo inviato SMS commerciali (il giudice ha accertato che il contenuto dei messaggi fosse di carattere commerciale) senza il consenso. Tale attività è stata giudicata un illecito.
Peraltro poi, come ha rilevato il Giudice, l’utente si era opposto per iscritto al trattamento dei propri dati per tali scopi. Nessun dubbio quindi poteva esserci sull’assenza del consenso dell’utente.
Nessuna scusante per l’operatore telefonico che si è visto, quindi, condannare al risarcimento di un danno pari a 1000 euro per ogni SMS inviato nel 2006, che sono risultati essere nove.

Sul fondamento del diritto al risarcimento del danno non ci sono dubbi.
Il dettato del Codice Privacy circa l’obbligatorietà del consenso preventivo per l’invio di comunicazioni commerciali con SMS non lascia adito a incertezze interpretative e, peraltro, lo stesso Codice Privacy stabilisce che
“Chiunque cagiona danno ad altri per effetto del trattamento di dati personali è tenuto al risarcimento ai sensi dell’art. 2050 c.c..” (art. 15)
In altri termini il Codice Privacy, applicando l’articolo 2050 c.c., qualifica il “trattamento di dati” come “attività pericolosa” .
Quindi:
il titolare del trattamento è responsabile dei danni (patrimoniali e non patrimoniali) causati nel trattamenti di dati personali, a meno che non provi di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno. Prova questa non fornita nel giudizio in questione e in assoluto difficilmente dimostrabile.
Ma veniamo alla quantificazione del danno.
La giurisprudenza in materia di “spamming” evidenzia che il danno patrimoniale si calcola in base alle spese effettuate per la ricezione dei messaggi indesiderati e quelli per chiedere di non ricevere gli stessi, quindi i costi sostenuti e le perdite di tempo subite (ad esempio per mantenere il collegamento in rete, ricevere, esaminare e selezionare i messaggi).
Il danno non patrimoniale, invece, deriva dalle interferenze indesiderate nella sfera privata e dalla sospensione delle proprie abitudini legata in particolare all’eventuale impossibilità di ricevere messaggi desiderati a causa della presenza di quelli non voluti nella memoria della propria e-mail o del cellulare.

Normalmente in caso di spamming telefonico si considera risarcibile:
– il danno patrimoniale, ovvero la perdita subita dal danneggiato e il mancato guadagno,
– il danno patrimoniale, ovvero il cosìdetto danno morale e del danno esistenziale.
Si pensi alla ricezione di numeri elevati di messaggi e del considerevole fastidio e perdita di tempo che ne consegue, al consumo della memoria del telefonino con conseguente eventuale impedimento di conoscere gli SMS più significativi, etc.. Tutti questi elementi posso giustificare e contribuire a quantificare un danno morale per SMS indesiderati.

A parere di chi scrive, tuttavia sulla quantificazione del danno nel caso in questione il Giudice di Terracina è stato estremamente generoso.
Preme innanzitutto evidenziare che la decisione del Tribunale di Terracina non è una sentenza isolata.
Sostanzialmente nello stesso senso si rinvengono alcune decisioni di Giudici di pace (GdP Napoli 7 giugno 2004; GdP Napoli 26 giugno 2004; GdP Napoli 29 settembre 2005) recanti condanna al pagamento di € 1.000,00 – circa – per la totalità dei messaggi indesiderati ricevuti. La sentenza del Tribunale di Terracina ha invece accordato 1000 euro per ciascun messaggio inviato.
Quindi un notevole aumento rispetto alla prassi, giustificata da una reale situazione di “fastidio”?
Secondo il giudice “è evidente il danno subito dal ricorrente costretto a controllare in continuazione i messaggi pervenutigli e a eliminare quelli indesiderati”.
Senza voler in alcun modo sminuire il fastidio subito dall’utente, preme sottolineare che nel corso dell’anno 2006 (la sentenza è del mese di giugno) risultano inviati nove SMS. È quindi difficile comprendere come nove SMS in un semestre, ovvero non un flusso inesorabile e continuo di pubblicità, possa giustificare un simile risarcimento così distante dai precedenti giurisprudenziali sino ad oggi registrati.
Probabilmente, ma il giudice non lo precisa, la circostanza che l’operatore pubblicitario avesse ignorato la richiesta dell’utente di non voler più ricevere messaggi è stata considerata una sorta di “aggravante” per l’operatore telefonico. Ma tale resta una mera supposizione.

Una certezza invece resta:
l’utente che non ha dato alcun consenso alla ricezione di messaggi pubblicitari attraverso e-mail o SMS può chiedere al tribunale il risarcimento dei danni.
Non solo, oggi, può farsi forte di un precedente importante nella quantificazione del danno: 1000 euro per ciascun messaggio indesiderato ricevuto.
Dovrà invece fare molta attenzione chi invia comunicazioni commerciali: la pratica del direct marketing è sicuramente una modalità promozionale a “basso” costo, ma anche ad alto rischio!

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