Tv, caso Europa 7: Di Stefano ha avuto la bicicletta. Pedalerà, adesso?

Le frequenze per trasmettere ci sarebbero. E le centinaia di milioni necessarie per installare impianti, produrre programmi d’appeal e promuovere un marchio sconosciuto? Forse. Anche perché fra due giorni il CdS si pronuncerà sul risarcimento miliardario


Come noto, la Direzione generale del Ministero dello Sviluppo Economico-Comunicazioni ha consegnato in data 11/12/2008 a Centro Europa 7, la società editrice della “rete fantasma” Europa 7, il provvedimento con cui si consente l’esercizio del canale 8 VHF per l’attività di radiodiffusione televisiva nazionale, da utilizzare in tecnologia analogica e/o digitale, secondo la tecnica della SFN (Single Frequency Network), con i diritti e doveri degli altri concessionari nazionali.
Il provvedimento amministrativo è stato reso in esecuzione della sentenza del T.A.R. del Lazio n. 9325/04, confermata dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 2624/08 e consegue alla pubblicazione sulla G.U. del 21/11/2008 del decreto contenente il nuovo Piano Nazionale di Ripartizione delle Frequenze (P.N.R.F.), a sua volta conforme alle risultanze della Conferenza internazionale di Ginevra del giugno 2006, che ha introdotto per la radiodiffusione televisiva l’obbligo della canalizzazione europea, da attuarsi entro il 30/06/2009.
Secondo l’MSE-Com “A seguito della ricanalizzazione della banda III in VHF è quindi possibile disporre per la prima volta di nuove risorse frequenziali compatibili con una rete a copertura nazionale; e ciò diversamente dal passato, stante la perdurante impossibilità, anche sulla base di numerose sentenze, di procedere all’assegnazione di frequenze analogiche pianificate”. In pratica, l’individuazione di risorse frequenziali per risolvere il caso Europa 7 (un pasticcio, lo ricordiamo, determinato dall’avventataggine di un governo di centro-sinistra che aveva ritenuto di rilasciare nuove concessioni tv senza la preventiva definizione del piano di assegnazione delle frequenze) creando una sorta di intercanale fra i vecchi canali dello standard italiano VHF “F” (frequenza centro banda 194,5 MHz) ed il VHF “G” (203,5 MHz) – tuttora attivi e che quindi dovranno coordinarsi in sede di attivazione della nuova frequenza – che è appunto il canale dello standard europeo VHF “E8” (198,5 MHz).
Europa 7 dovrà ora attivare gli impianti su VHF E8 e quindi procedere con le trasmissioni a partire dal 01/07/2009 e non oltre il 30/06/2011, a pena di decadenza dal titolo.
E qui sta la prima perplessità: nei giorni scorsi abbiamo dato conto dell’avvio del procedimento di revoca delle concessioni analogiche ai soggetti (oltre una quarantina, sostanzialmente emittenti locali di carattere no profit) che non presentarono domanda ex art. 25 c. 11 L. 112/2004 (o lo fecero senza requisiti), condizione essenziale per conseguire la proroga dell’attività di radiodiffusione televisiva in tecnica analogica nelle more della conversione del sistema tv alla tecnologia digitale. Bene, posto che Europa 7 è per definizione la “rete fantasma” italiana, nel senso che non hai mai trasmesso, come può aver adempiuto alle previsioni di cui all’art. 25 c. 11 L. 112/2004, si chiedono in molti operatori?
Il disposto normativo in parola, infatti, prevedeva che “(…) il periodo di validità delle concessioni e delle autorizzazioni per le trasmissioni in tecnica analogica in ambito nazionale, che siano consentite ai sensi del comma 8, e in ambito locale è prolungato dal Ministero delle comunicazioni, su domanda dei soggetti interessati, fino alla scadenza del termine previsto dalla legge per la conversione definitiva delle trasmissioni in tecnica digitale; tale domanda può essere presentata entro il 25 luglio 2005 dai soggetti che già trasmettano contemporaneamente in tecnica digitale e, se emittenti nazionali, con una copertura in tecnica digitale di almeno il 50 per cento della popolazione nazionale (..)”. Quindi, requisiti per presentare la domanda entro il termine del 25/07/2005 da parte dei nazionali erano, per quanto attiene l’aspetto qui trattato: 1) operatività effettiva in tecnica digitale; 2) copertura in DVB di almeno il 50% della popolazione.
Vero che Europa 7 non poteva per cause di forza maggiore (assenza di frequenze) rispettare i suddetti requisiti/obblighi, ma, a questo punto, se apriamo a cause di giustificazione similari, ognuna delle 45 emittenti prossime disattivate potrà facilmente opporre fondate argomentazioni per dimostrare di essere stata impossibilitata alla presentazione della domanda ex art. 25 c. 11 L. 112/2004 per le più svariate circostanze, richiamando proprio tale precedente amministrativo. Con la naturale conseguenza che coloro che, invece, puntualmente avevano adempiuto agli obblighi di legge (con gli oneri conseguenti), si sentirebbero beffati. E ciò senza considerare che, a ben vedere, la non operatività di Centro Europa 7 è stata esclusivamente una scelta di natura aziendale, posto che nulla vietava all’editore (il cui piano economico-finanziario era risultato così consistente da determinarne il posizionamento nella graduatoria degli aventi titolo alle concessioni, nonostante E7 non potesse vantare una pregressa attività, come invece gli altri istanti utilmente posizionati) di procedere all’acquisizione impiantistica da terzi soggetti legittimamente operanti, come del resto hanno fatto tutti gli attuali attori del panorama televisivo italiano.
Comunque sia, all’indomani dell’assegnazione delle frequenze (da notare che il caso Europa 7 è uno dei pochissimi precedenti italiani di “assegnazione” di frequenze ai privati in assenza di un Piano: quelli che si ricordano, attengono alle frequenze ex Tv 7 Pathé – di cui certamente una a Milano – ed ai canali ex Telepiù 3, assegnati a TMC. TMC2 e Rete A), il patron di Europa 7, anziché compiacersi della bicicletta che tanto aveva voluto, ha dichiarato: “…Avevamo vinto una Ferrari, ci danno una bicicletta”, spiegando che, lungi dal considerare chiusa la vicenda, sarebbe rimasto in attesa della decisione del Consiglio di Stato sul risarcimento danni (fino a 3,5 miliardi di euro senza assegnazione di frequenze e 2,160 miliardi con le frequenze, sono le cifre richieste da Di Stefano allo Stato italiano e quindi a tutti noi), attesa per dopodomani (16/12/2008).
Il sottosegretario Romani, per parte sua, si è affrettato a replicare che la frequenza assegnata ad Europa 7 è più che buona. E, in effetti, il canale in questione, almeno per il digitale, è certamente un’ottima risorsa ed il suo impiego è consentito senza nessun tipo di pregiudizio (previo coordinamento tecnico in alcune aree ove insistono diffusori sui canali F e G VHF non ancora canalizzati sulla base del nuovo P.N.R.F.). Il problema, caso mai, sta nelle antenne di ricezione: essendo in VHF, in alcune aree italiane vi potrebbero essere utenti privi di sistema ricevente adatto. Tuttavia, mentre molti editori farebbero i salti di gioia per avere almeno tale opportunità, Di Stefano si lamenta del trattamento ricevuto anche in questa occasione.
Certo, se avesse ricevuto in dote i canali di Rete 4 sarebbe stato meglio, soprattutto – maligna qualcuno – perché così avrebbe potuto godere di quella presintonizzazione sui telecomandi che con il canale VHF 8 si sogna.
Per lanciare la sua televisione (semmai concretamente partirà, a prescindere dall’assegnazione frequenziale), oltre ad installare centinaia di impianti spendendo milioni di euro, Di Stefano dovrà investirne ancora di più per creare e promuovere programmi di concreto forte appeal, in grado di farlo emergere dall’anonimato d’ascolto e quindi competere con RAI, Mediaset e La 7 (oltre che con tutti gli altri operatori). Impegni che, in questo momento socioeconomico, scoraggerebbero anche gli imprenditori (singoli o in cordata) più motivati. Potrebbe allora soccorrere il risarcimento del preteso danno subito per la mancata o tardiva assegnazione frequenziale, tanto più che, sulla questione, Europa 7 ha il conforto dell’espressione favorevole a suo tempo data dal Commissario Ue alla Concorrenza, Neelie Kroes. Così, se il CdS accorderà ragione a Di Stefano, egli si troverà una televisione con frequenze assegnate pronta da far partire coi soldi degli italiani (ricordiamo che Di Stefano chiede comunque un risarcimento di 2,160 miliardi di euro in caso di avvenuta assegnazione delle frequenze).
E, a ben guardare, è pure possibile che, sulla scorta dell’atto amministrativo consegnato ad Europa 7 il 11/12/2008, altri operatori locali destinatari al tempo di concessioni cui non è seguita l’assegnazione delle frequenze possano eccepire una palese disparità di trattamento, avviando a loro volta procedimenti giudiziari per il risarcimento di asseriti danni sofferti.
Il punto è, però, che ora le frequenze (belle o brutte che siano) per Europa 7 (e solo per essa, va detto) ci sono, mentre le scuse sono (quasi) finite.
Il popolo affamato di pluralismo sentiva la mancanza di Europa 7 (qualcuno aveva invocato perfino la Convenzione europea sui diritti dell’uomo…)? Bene, ora può averla. Ma, forse, a caro prezzo.

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