Inizia mercoledì quello che si prevede sarà un duro e travagliato iter parlamentare per l’ormai celebre disegno di legge che intende riformare il settore editoriale italiano. Insieme ad una serie di norme che regolamentano gli incentivi statali alle aziende editoriali, rendendoli meno onerosi per le misere casse dello stato, il ddl contiene, come noto, un passaggio del quale si discute da giorni: la necessità dell’iscrizione al Roc (Registro operatori comunicazione) anche per le fonti d’informazioni provenienti dalla rete. Con conseguente alta probabilità di chiusura di blog e siti in quantità per mancanza o irreperibilità dei requisiti necessari.
Non sarà così, giura Ricardo Franco Levi (foto), sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’editoria, responsabile di questa che da più parti è stata definita come una proposta “liberticida”. In un’intervista rilasciata oggi all’agenzia di stampa Agr, infatti, Levi rassicura i blogger d’Italia, e non solo loro, circa l’obiettivo che il disegno di legge intende conseguire, a due giorni dal via dell’iter parlamentare. Mercoledì, infatti, la proposta sarà dibattuta in Commissione Cultura, prima del passaggio alla Camera. “La proposta di legge intende regolare il mercato dell’editoria e dunque si rivolge agli operatori del mercato dell’editoria,” – spiega il sottosegretario, scandendo lentamente le proprie parole per paura d’essere frainteso – “tutti quelli che professionalmente producono giornali, riviste, libri e dunque esclude, per definizione i blog o i siti individuali che non sono oggetto della nostra legge”. Tutto chiaro (si fa per dire, come vedremo), quindi. Non è così, però, all’interno del testo del disegno di legge, che, anche a detta di chi ha contribuito alla stesura, contiene elementi d’ambiguità piuttosto forti, tali da far sobbalzare sulla sedia qualsiasi blogger ne abbia preso visione. “C’è stata qualche preoccupazione in materia” – spiega, poi, Levi eufemisticamente – “e c’è qualche margine d’ambiguità possibile nella legge; io già fin da domani nel mio primo incontro con la Commissione proporrò un’aggiunta alla legge che chiarisca fino in fondo che questa legge non si occupa dei blog”. Si chiamava “arte dei pazzi” un tempo, o tela di Penelope per i più eruditi: si tratta di quella tendenza a fare e disfare, a portare a termine le cose e poi tornare indietro, a girare intorno alle questioni senza trovare il bandolo della matassa. E’ quello che hanno fatto il Consiglio dei Ministri ed il sottosegretario Levi in questi giorni: approvare, senza neppure prestarci troppa attenzione, un ddl palesemente ambiguo e soggetto a diverse possibili interpretazioni, salvo constatarne l’indefinibilità e la vaghezza e quindi annunciarne un riordino (praticamente una riforma di un …ddl). La buona fede si presuppone, sicché, obtorto collo, assolviamo Levi che, nel finale dell’intervista, chiarisce una volta per tutte a chi è diretto allora l’obbligo d’iscrizione al Roc: “Solo agli operatori professionali, quelli che svolgono come mestiere quello dell’attività editoriale. Il senso della legge per quanto riguarda internet è quello di estendere ai giornali pubblicati su internet le regole per i giornali pubblicati su carta stampata”. Perché lo stato ha bisogno di liquidità, aggiungiamo noi, interpretando il pensiero del sottosegretario, accantonando il cattivo pensiero rivolto ad un’altra, oscura, intenzione: quella di un indiretto controllo o di una limitazione dell’informazione. “Il ddl è un progetto di riforma strutturale del mercato dell’editoria” – spiega, infine, forse bluffando un po’ – “altro problema è quello delle risorse che l’anno prossimo sono disponibili per gli aiuti pubblici, due binari che devono essere coerenti l’uno con l’altro, ma deve essere chiaro che sono due partite diverse”. (Giuseppe Colucci per NL)