Pubblicità. Lenta uscita dalla crisi: il mercato punta sull’Expo e le tv chiedono parità con i giganti del web

Il 2014 non sarà l’anno della ripresa. Il rischio è che il mercato si deteriori in autunno; speriamo in un rimbalzo tecnico nel 2015, cavalcando l’Expo.

Dalla crisi usciremo pian piano e abituiamoci ad un mercato che non vale più i 10 mld di euro del 2007, ma tenderà a stabilizzarsi sulla quota attuale che sfiora i 7 miliardi”, ha fatto sapere Walter Binaghi (ceo di Mindshare, che appartiene a GroupM del colosso Wpp). Nel dettaglio, come evidenziato nei giorni scorsi da questo periodico, il mercato degli investimenti pubblicitari ha chiuso il mese di aprile 2014 con un -4,4% rispetto allo stesso mese del 2013, facendo registrare una riduzione tendenziale del -3,6% per il primo quadrimestre, pari a circa 77,8 milioni di euro in meno sul periodo gennaio–aprile dello scorso anno. Dalle stime diffuse da Nielsen, come ha spiegato Alberto Dal Sasso, advertising information services business director della società, “il dato di aprile torna ad allontanarsi da quella quota zero intravista il mese scorso, facendo terminare il quadrimestre con una situazione di generali alti e bassi e una perdita media mensile del -3,6%. Persiste dunque una situazione difficile nei primi quattro mesi dell’anno visti nel loro insieme. Il susseguirsi di festività e ponti in aprile ha contribuito a frenare l’andamento economico e in particolare quello del mercato pubblicitario”. Certo è che la crisi, ha proseguito Binaghi, “ci ha riportato indietro di 14 anni, nel giro di 6 anni. L’Italia dovrebbe fare qualcosa per riprendere a correre. Dalla penisola se ne stanno andando via pure i cinesi. Alla luce delle nostre stime, televisione e web copriranno quasi tutto il mercato, anche se se la cava bene pure la radio perché è riuscita a incrociare il suo pubblico e può essere outdoor e anche mobile”. E in un universo media in continuo progresso, saranno necessarie nuove indagini di mercato integrate tv+digitale+radio che rendano più semplici e modificabili in tempo reale le misurazioni: “se le campagne funzionano meglio, ci saranno più investimenti” conclude il ceo di Mindshare. Nielsen intanto pensa a nuovi metodi efficaci di rilevazione dei dati e annuncia che il prossimo autunno, dopo una fase pilota che si sta svolgendo in questi mesi, sarà lanciato nel mercato statunitense Nielsen Digital Program Ratings, per seguire l’audience di un contenuto video-testuale in tutte le piattaforme su cui viaggia. Il lancio rientra in una strategia globale, quindi in una seconda fase lo strumento sarà disponibile pure in Italia: in futuro il dispositivo potrà quindi affiancare lo Smart Panel di Sky e il Super Panel Rai – al via a partire dal 1 giugno, come ricorderanno i lettori -. Tornando al calo pubblicitario dei media, si è espresso in merito negli scorsi giorni anche Rodolfo De Laurentiis, presidente di Confindustria Radio Tv: nella Coffee House del romano Palazzo Colonna ha precisato “il settore media ha perso negli ultimi 5 anni 3,4 mld di euro, segnando un -35% rispetto al 2008. I dati di Rai e Mediaset parlano di oltre 200 mln persi in media ogni anno tra 2008 e 2013; in totale 1,3 mld di investimenti persi dalla tv (calata del 27% nel periodo), 119 mln dalla radio (-25%). E questi cali non sono niente a confronto con stampa e cinema, che hanno visto addirittura dimezzati i loro investimenti”. De Laurentiis ha speso parole anche in merito alla situazione della tv a pagamento, incalzando “anche il settore pay risente della crisi: Mediaset è stabile a 2 mln circa di abbonati, Sky è scesa dal picco di 5 mln nel 2011, ai 4,8 mln attuali. La tv ha investito 2 miliardi di euro complessivi in investimenti negli ultimi quattro anni, investimento in calo sul periodo precedente”. E per rilanciare un mercato pubblicitario radio tv che mostra qualche acciacco, il presidente di Confindustria Radio Tv non manca di fornire possibili vie d’uscita, tese a migliorare la situazione “non chiediamo trattamenti di favore, ma un comune campo di gara che elimini le distorsioni a livello di contenuti, investimenti, tetti che pesano su una sola parte del mercato”; fra le richieste spiccano in primis un mercato unico dei contenuti e l’inserimento di questi ultimi nell’Agenda digitale europea, seguiti dalla tutela del diritto d’autore online, nonché da una fiscalità equa anche sul web. L’impatto della crescita di internet sul settore audiovisivo inizia a emergere nei dati: nelle ultime elaborazioni del Sistema Integrato delle Comunicazioni, steso dall’AGCOM sulla base dei numeri forniti dalle aziende, la pubblicità online risulta pari all’8% dei ricavi totali – e sono solo due anni che viene rilevata -. “Peraltro – sottolinea De Laurentiis – si tratta di un dato sottostimato perché dal computo della pubblicità sul web è escluso il search, che è in gran parte riferibile a Google: il dato esatto dei ricavi pubblicitari di big G non è disponibile, ma secondo gli analisti si aggira attorno agli 800 mln di euro, superando l’attuale fatturato pubblicitario della Rai”. Confindustria chiede insomma di poter competere ad armi pari con i giganti del web, grazie a regole nuove e tempestive, eque e sovranazionali. Dello stesso parere è anche Antonio Preto, commissario dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni – come si legge in un articolo di Italia Oggi di giovedì 12 giugno -: “bisogna garantire un livello di tutela omogeneo al consumatore, preservare il pluralismo dell’informazione e assicurare all’utente l’accesso ai contenuti dei nuovi media in modo non discriminatorio e neutrale sotto il profilo tecnologico, promuovendo la concorrenza tra i diversi operatori in campo”. (V.R. per NL)
 

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