Radio. Andenna racconta gli esordi a RMC. Ascoltatori nella jungla di Tananarive. I postini ci odiavano: sacchi di posta tutti i giorni

ettore andenna

Ettore Andenna racconta a NL i suoi esordi a RMC. “Mi ispiravo a Radio Caroline per acquisirne il ritmo. Ma in italiano era difficile: avrei dovuto fare la trasmissione parlando in un dialetto del nord, perché aveva molte parole tronche (…) Herbert Pagani e Annalena Limentani: un fratello e una mamma (…) 
La storia della Radio Monte Carlo italiana è stata più volte raccontata, ma, quasi sempre, a partire dall’epoca dei 702 KHz. Meno informazioni si hanno degli esordi della radio, avvenuti prima del 1968 sui 205 metri ed in onde corte.
Per colmare questa lacuna abbiamo chiesto lumi a chi a quell’epoca c’era e che immediatamente e cortesemente si è messo a nostra disposizione.
Parliamo di Ettore Andenna, famoso conduttore radiofonico e presentatore televisivo che proprio a RMC esordì negli anni ’60.

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Gli esordi

(Newslinet) – Come e quando hai iniziato a parlare dai microfoni di Radio Monte Carlo?
(Ettore Andenna) – Il 12/12/1967, dopo un provino in studio a Montecarlo, alle 16,45 presentato in audio da Barbara Marchand, che mi chiese di lanciare un titolo dopo la mia presentazione. Lo ricordo come fosse ora: era “Mes rèves de satin”, versione francese di “Nights in white satin” dei Moody Blues, interpretata da Patricia, una cantante svizzero-francese.

Ettore, Barbara, Robertino, Gigi, Valeria, Sandra di Radio Monte Carlo. Solo Herbert era anche Pagani

(NL) – Hai vissuto o hai parlato con qualcuno che era presente al lancio della radio, il 6/03/1966? Che tipo di programmazione offriva la primissima RMC? Quali erano le voci?
(E.A.) – Sì, ho parlato e vissuto con loro per tanti anni. La primissima programmazione, che, sotto la guida del grande Noel Coutisson, rimase sempre identica a se stessa era: un titolo francese, uno italiano e due di lingua inglese, con un minimo di bla bla e l’intromissione di rubriche sempre di carattere musicale. Questo per i primi anni; poi subentrarono anche giochi a partecipazione diretta popolare. Le voci erano quelle di Gigi Salvadori, Barbara Marchand, Robertino, Valeria Porrà, il grande Herbert Pagani e Sandra. Tranne Herbert, eravamo tutti senza cognome: Ettore, Barbara, Robertino, Gigi, Valeria, Sandra di Radio Monte Carlo.

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I miei ascoltatori della jungla

(NL) –  La trasmissione veniva definita “italo-francese”: da quel poco che riuscivamo a sentire in onde corte da Milano i conduttori intercalavano a volte frasi francesi durante i loro annunci, lasciandoci credere che l’audience stessa fosse – appunto – di italiani e di francesi. Ma forse il motivo era un altro… Forse far respirare un’aria internazionale agli ascoltatori intenti a raccogliere i punti del concorso Miralanza. Quanto era davvero internazionale la vostra audience?
(E.A.) – Vi racconto un aneddoto. Nel 1970, per seguire una ragazza italiana stupenda che era stata mandata in Madagascar a collaborare con le missioni malgasce, mi ritrovai a Fianarantsoa, a 400 km. a sud di Tananarive, allora in piena jungla o brousse come la chiamavano. Ero ospite in una missione condotta da preti italiani e la sera, mentre mangiavamo, accesero la radio, sornioni. E mi ritrovai ad ascoltare me stesso: in una trasmissione che avevo registrato, per supplire alla mia assenza per quel viaggio. Al mio stupore mi dissero che loro ascoltavano regolarmente RMC, in onde corte! Non era vero: avevano montato un’antenna con filo di rame su per il campanile per farmi la sorpresa e captare le onde corte. Ma si sentiva! A 20.000 km di distanza! Comunque le onde medie dei mitici 205, con le antenne di Mont Agel, arrivavano fino in Libano e ricevevamo cartoline dai luoghi più impensati del Mediterraneo…

Noel Coutisson; grande. Anzi grandissimo!

(NL) – Raccontaci di Noel Coutisson…
(E.A.) – Un grande!! Anzi, un grandissimo! A quell’epoca, secondo me, il più grande per la radio nell’Europa continentale. Aveva una visione e delle intuizioni che precorrevano e di molto quelli che sarebbero stati gli sviluppi della radio. E’ grazie a lui che in Italia si è cambiato il modo di fare radio. Fu lui che ci formò in tal senso.

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Figli di un Dio minore

(NL) – I colleghi della RMC francese erano una famiglia a parte? Oppure condividevate idee, indirizzi editoriali?
(E.A.) – Ci consideravano i figli di un Dio minore e ci trattavano con molta condiscendenza. Io venni accettato e frequentai alcuni di loro (diventati in seguito importantissimi in Francia) dopo 4/5 anni.

I postini ci scaricavano sacchi di posta in studio

(NL) – Avevate un’idea della progressione degli ascolti nel periodo 1966-1970?
(E.A.) – All’inizio no. Dopo per forza: con i nostri giochi, allora basati solo sulle cartoline, ricevevamo i fattorini delle poste che entravano in studio e scaricavano sacchi interi con aria parecchio infastidita e quasi disgustata. Dal 1970 eravamo consci che il fenomeno stava diventando importante.

Andenna: quello della musica wowow

(NL) –  Come avveniva la scelta della musica in onda? Il conduttore aveva una certa libertà o era decisa centralmente?
(E.A.) – Era decisa centralmente agli inizi. Ma, successivamente, ci furono confronti e decisioni di linea più collaborativi, in funzione anche delle caratteristiche di ciascuno di noi. Io, per esempio, per tre/quattro anni sono stato quello della musica wowow, dalle 17 alle 19. Mi spettavano le ultimissime novità e le hit.

Ho visto un re…

(NL) – Qualche titolo dei brani più trasmessi sul finire degli anni ’60?
(E.A. ) – The docks of the bay di Otis Redding, Hey Jude dei Beatles, Ho visto un re di Jannacci, che in Italia era vietato, ma noi da RMC potevamo mandarlo. E mi fermo qui, perché potrei scriverne decine e decine…

Cercavo di carpire i ritmi di Radio Caroline

(NL) – E’ noto che le prime radio private milanesi (1975) si ispiravano a Radio Luxembourg. Voi invece? Tu in particolare ti rifacevi ad altre radio? Quale era il tuo stile di conduzione? Avevi fatto gavetta da qualche parte?
(E.A.) – All’epoca anch’io mi ispiravo alle radio pirata del nord, in particolare a Radio Caroline che ascoltavo di notte per carpirne i ritmi, arrabbiandomi perché in italiano era molto difficile. La nostra è una lingua dolce: per ottenere gli effetti che avrei voluto, avrei dovuto fare la trasmissione parlando in un dialetto italiano. Meglio se del nord, perché aveva molte parole tronche.

Monaco per me è una seconda casa

(NL) – Gli studi della prima RMC erano in un palazzo ormai demolito, dove oggi sorge un hotel. Avevate a disposizione degli alloggi, nel palazzo o in zone limitrofe, o eravate dei pendolari del microfono? Tu, in particolare, dove alloggiavi e quante ore passavi al microfono?
(E.A.) – Vivevamo quasi tutti nel Principato. Io ho avuto la residenza reale per più di 40 anni. Per me Monaco è veramente una seconda casa, conosco tutto, anche gli angoli più reconditi. Al microfono, normalmente, passavo due orette al giorno, ma ho provato a farne anche 9. Poi si stava in studio a preparare trasmissioni più specifiche registrate o in ufficio a preparare dei lavori inerenti.
(NL) – Pensi che RMC, nel periodo 1966-1975 abbia contribuito a cambiare la cultura italiana (musicale, ma anche di approccio verso la società dei consumi)?
(E.A.) – Assolutamente sì. Ha cambiato il modo di fare e sentire la radio in Italia e di conseguenza…

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L’incontro con Herbert Pagani e Annalena Limentani

(NL) – Vuoi raccontarci un episodio particolarmente importante per te, legato alla RMC degli anni ’60/70?
(E.A.) – L’episodio forse più determinante fu l’incontro nella stessa RMC con Herbert Pagani e con il suo staff, soprattutto Annalena Limentani, che io successivamente arrivai perfino a chiamare mamma, dopo che erano scomparsi i miei genitori. In effetti, lei fu una sorta di mamma artistica ed Herbert una specie di fratello artistico, con il suo genio, la sua curiosità e la sua voglia di creare. Mi presero un po’ sotto l’ala protettrice e mi coinvolsero in molte loro attività radiofoniche che mi aiutarono molto ad uscire dal guscio di giovanissimo borghese milanese all’estero, che cercava d’imparare qualcosa che nessuno aveva mai fatto, quantomeno nel nostro paese. Da quel momento mi sono ritrovato a precorrere sempre i tempi, anche nel mondo della televisione. Ecco, oggi mi piacerebbe che i tempi mi raggiungessero. (M.H.B. per NL)

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