Il TAR Lazio ribadisce la natura “legificata” del DPR 146/2017: criteri e pesi del Fondo per il pluralismo non sono più materia da giudici ma da Parlamento. Auditel resta parametro cardine e lo “scalino” 95/5 sopravvive alle contestazioni.
Sintesi
Con la sentenza n. 16336/2025, la sezione Quarta Ter del TAR Lazio ha respinto il ricorso di un’emittente locale contro la graduatoria 2019 dei contributi, confermando che il DPR 146/2017 – elevato a rango di legge dal DL 91/2018 – non è più sindacabile come regolamento. Centrale la conferma del ruolo di Auditel, ritenuto strumento affidabile sotto vigilanza Agcom, e del discusso meccanismo 95/5 che concentra la maggior parte delle risorse sui primi cento operatori. La decisione chiude un lungo contenzioso e segna un punto fermo: per rivedere criteri e pesi del Fondo servirà un intervento legislativo, non giurisdizionale.
La decisione del TAR Lazio
La sezione Quarta Ter del TAR Lazio con sentenza pubblicata il 17/09/2025, n. 16336 chiude in primo grado l’ennesima partita sulla graduatoria 2019 confermando che il DPR 146/2017, “legificato” dall’art. 4-bis del DL 91/2018, non è più sindacabile come regolamento: vale come legge e solo il Parlamento può modificarlo. Confermata la centralità dei dati Auditel e il meccanismo con scalino 95/5.
Un contenzioso che segna un punto fermo
La sentenza del TAR Lazio, sezione Quarta Ter, decisa il 20/06/2025, ma pubblicata il 17/09/2025 (n. 16336), rappresenta molto più di una semplice pronuncia sulla graduatoria 2019 del Fondo per il pluralismo. È, di fatto, un sigillo sull’architettura normativa che regola la distribuzione dei contributi ex DPR 146/2017 alle emittenti locali.
Il ricorso
Il caso nasce dal ricorso di un fornitore di servizi di media audiovisivi in ambito locale (FSMA), che aveva impugnato il decreto ministeriale del 09/04/2020 (graduatoria definitiva 2019) contestando i criteri adottati: dal peso assegnato ai dati Auditel, alla coerenza del sistema con gli obiettivi di pluralismo e qualità, fino a sollevare questioni di costituzionalità.
La decisione
La risposta del TAR è stata netta: i giudici amministrativi non hanno titolo per riscrivere il meccanismo, perché quel meccanismo non è più un regolamento ordinario ma, dopo il passaggio legislativo del 2018, è diventato legge a tutti gli effetti.
Dal regolamento alla legge: la “legificazione integrale”
Il cuore della vicenda sta nell’art. 4-bis del DL 91/2018, convertito con modificazioni nella L. 108/2018, che recita: “il regolamento adottato con DPR 146/2017 è da intendersi qui integralmente riportato”. Una formula che i giuristi definiscono rinvio recettizio e che produce l’effetto di “legificare” integralmente il contenuto del regolamento.
Fonte primaria
In altre parole, il DPR 146/2017 non è più una fonte secondaria da impugnare davanti al giudice amministrativo: è stato trasposto nel corpo della legge, assumendo pertanto rango primario. Da qui discende che il TAR non può sindacarne la ragionevolezza o la coerenza costituzionale, se non rimettendo eventualmente la questione alla Consulta.
Corte Costituzionale
E proprio la Corte costituzionale, con la sentenza n. 44/2025, ha confermato la bontà dell’architettura del DPR 146/2017, sgombrando il campo da dubbi interpretativi e consolidando il quadro. Da allora, per cambiare i criteri del Fondo non basta una delibera o un decreto ministeriale: occorre una scelta del Parlamento.
Pesi, punteggi e lo “scalino” 95/5
Una volta chiarito questo aspetto, il TAR ha ripercorso i capisaldi del sistema, ribadendo principi già affermati dal Consiglio di Stato (sentenze nn. 7878, 7880 e 7881/2022) e da precedenti pronunce dello stesso Tribunale (TAR Lazio nn. 14101/2023 e 1653/2024).
Pesi e contrappesi
Un nodo spesso oggetto di confusione riguarda il rapporto tra pesi percentuali degli elementi di valutazione e punteggi di graduatoria. Le aliquote di Tabella 1 (dal 2018: 67% personale, 30% ascolti, 3% innovazione) non incidono sui punteggi assoluti. Servono invece a ripartire lo stanziamento economico fra le diverse aree di valutazione, una volta definita la classifica. I punteggi restano determinati secondo le formule del regolamento, senza ponderazioni ex post.
Il club dei 100
Confermato anche il discusso “scalino” 95/5: il 95% delle risorse destinate ai primi cento classificati, il restante 5% ripartito tra tutti gli altri aventi diritto. Una scelta politica che mira a concentrare le risorse sugli operatori più strutturati, ma che ha sollevato non poche critiche da parte delle emittenti escluse dal “club dei cento”.
Auditel, tra contestazioni e conferme
Altro tema di forte rilievo: la centralità di Auditel come metrica di riferimento. Il ricorrente ne aveva contestato l’affidabilità, sostenendo che non rispecchiasse la realtà degli ascolti locali. Ma la censura, secondo il TAR, non ha colto nel segno, posto che l’indagine Agcom (delibera 236/2017/CONS) aveva verificato metodologie, rappresentatività e vigilanza pubblica sul sistema di rilevazione. Risultato: i dati Auditel sono considerati dai giudici di primo grado sufficientemente affidabili e soprattutto coerenti con gli obiettivi di legge.
Il ragionamento
Il ragionamento è lineare: se il legislatore pretende che per accedere al Fondo siano rispettati requisiti editoriali stringenti (notiziari, tutela dei minori, limiti alle televendite), allora è legittimo che la misurazione del gradimento del pubblico, attraverso gli ascolti, pesi oggettivamente sulla distribuzione delle risorse.
Una partita chiusa, almeno per ora
Il messaggio che arriva al settore è chiaro: il sistema di calcolo e riparto del Fondo pluralismo, per come delineato dal DPR 146/2017 e “blindato” dal DL 91/2018, non è più in discussione. Chi vuole cambiarlo deve ora rivolgersi al legislatore, non ai giudici.
Impatti per il mercato locale
Per le emittenti locali, radiofoniche e televisive, la sentenza sancisce un punto di non ritorno. La triade personale – ascolti – innovazione, rimane la bussola. Chi punta a massimizzare i contributi dovrà investire su occupazione giornalistica, qualità della programmazione e capacità di attrarre pubblico misurato. Il “peso del brand” certificato da Auditel diventa, quindi, ancora più decisivo, al pari dell’efficienza nella gestione delle risorse umane e della spinta sull’innovazione tecnologica.
Le massime in chiave divulgativa
Queste le massime che discendono dalla decisione del TAR Lazio:
1) Legificazione: il DPR 146/2017 è diventato legge per rinvio recettizio; non si può più impugnare come regolamento.
2) Pesi vs punteggi: le aliquote degli elementi di valutazione 67/30/3 riguardano il riparto economico, non il calcolo della graduatoria.
3) Auditel centrale: l’indice di ascolto, vigilato da Agcom, resta criterio affidabile e coerente con il pluralismo.
4) Scalino 95/5 confermato: il meccanismo non viola parità di trattamento o ragionevolezza.
5) Costituzionalità: dopo Corte Cost. 44/2025, le censure sono manifestamente infondate. (A.N. per NL)