Caso “Vivi Down”: scelte diverse nei confronti di Google

Accolta dal Tribunale di Milano la costituzione di parte civile dell’Associazione milanese e del Comune di Milano. Mentre la famiglia del disabile ritira la denuncia.
 
Nell’udienza tenutasi questa mattina, il Tribunale di Milano, nella persona del giudice Oscar Magi, ha accolto la costituzione di parte civile del Comune di Milano e dell’Associazione Vivi Down nel procedimento giudiziario istruito nei confronti di quattro manager di Google Italia per la vicenda ormai conosciuta come “Vivi Down” (dal nome della predetta Associazione che ha avviato il procedimento con la propria denuncia). Come noto, i quattro dirigenti erano stati citati in giudizio con l’accusa di concorso in diffamazione e violazione della legge sulla privacy, in relazione alla diffusione, sul sito di Google, del video che mostrava un ragazzo diversamente abile mentre subiva violenze ed insulti da parte dei suoi coetanei. L’Associazione Vivi Down sarà parte civile nel giudizio per entrambi i capi di imputazione sopra richiamati, mentre il Comune di Milano è costituito parte civile per la sola accusa di diffamazione. Nella prossima udienza, fissata al 17 marzo, il Tribunale di Milano dovrà dirimere il problema di giurisdizione che caratterizza il caso, e cioè dovrà decidere se competente a giudicare sul procedimento può essere un foro italiano nonostante che i server di Google Italia si trovino in California. Qualora decidesse in senso affermativo, il giudice sarà poi chiamato a stabilire se la competenza territoriale della vicenda spetta al medesimo Tribunale di Milano, dato che la sede legale di Google Italia è ubicata appunto nel capoluogo lombardo, o al Tribunale del luogo dove l’episodio si è verificato, ossia Torino. Intanto, mentre continua la battaglia dell’Associazione Vivi Down, iniziata nel 2006, cioè all’epoca dell’accaduto, si apprende invece che la famiglia del protagonista della vicenda, il giovane affetto da sindrome di Down, ha ritirato la querela nei confronti del service provider. “Il ragazzo e la sua famiglia hanno deciso di non costituirsi parte civile nel procedimento penale pendente avanti il Tribunale di Milano nei confronti dei responsabili di Google Italia perché ciò non corrisponderebbe ad una effettiva tutela”. Queste le dichiarazioni – riportate dalle agenzie e riprese dal Corriere.it – rilasciate dall’avvocato della famiglia del ragazzo disabile, Michela Malerba, la quale ha spiegato che “La decisione (…) di rimettere la querela nel procedimento di cui sopra deriva dall’aver constatato che i responsabili di Google, oltre ad aver espresso solidarietà per quanto accaduto, si sono fattivamente impegnati dimostrando attenzione e sensibilità verso le problematiche delle persone diversamente abili e del grave fenomeno del bullismo” (D.A. per NL)

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