L’ultima novità che riguarda da vicino i fornitori di servizi di comunicazione elettronica è il parental control by design.
Una misura voluta dal Consiglio dei Ministri e inserita all’interno del decreto Caivano, il decreto legge approvato lo scorso 7 settembre recante misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile.
Parental control by default per maggiore tutela dei minori
Per rafforzare la tutela nei confronti dei minori che utilizzano dispositivi elettronici per navigare sul web, dunque, si impone ai fornitori di servizi di comunicazione elettronica di impostare in modalità predefinita il parental control, assicurando la disponibilità di tali applicazioni in maniera gratuita su tutti i device, utilizzando icone facilmente riconoscibili.
Parental control system: il filtro ai contenuti inappropriati
Cos’è esattamente il parental control? Riprendendo la definizione data dall’Agcom, per “parental control system” (SCP), tradotto in “sistema di controllo genitoriale“, si intende una misura che quantomeno permette di limitare o bloccare l’accesso a determinate attività da parte di un minore, impedendo l’accesso, tramite qualunque applicazione, a contenuti inappropriati per la sua età.
La spinta verso l’alfabetizzazione digitale delle famiglie
Una contromisura non del tutto innovativa, ma che all’interno del decreto legge impone un maggiore e rigoroso controllo da parte dei genitori sull’uso di internet e dei social da parte dei minori. Accanto ad essa, il Governo mira ad attuare iniziative di alfabetizzazione digitale per le famiglie.
Il parental control e il problema dell’identità digitale
Questa serie di disposizioni normative e misure lasciano però aperto un problema strettamente collegato al tema del controllo della navigazione in rete dei più giovani.
Età
Stiamo parlando della modalità di verifica dell’età di chi utilizza gli strumenti digitali.
Violazione GDPR e furto d’identità
La prima soluzione pensata in prima battuta era quella di caricare online un documento di identità. Ipotesi tuttavia scartata viste le criticità che deriverebbero da una simile azione (il furto d’identità, ad esempio). Senza considerare il contrasto con la normativa europea, quale è il Regolamento UE 2016/679 (cd. GDPR), che prevede pesanti sanzioni.
L’articolo 7 bis del D.L. 28/2020
Il parental control by default, come detto, non rappresenta una novità nel nostro ordinamento. Questa misura era già stata inserita all’interno del decreto legge n. 28/2020 all’articolo 7 bis.
Sistemi di protezione dei minori dai rischi del cyberspazio
Quest’ultima norma, rubricata “Sistemi di protezione dei minori dai rischi del cyberspazio”, al comma 1 stabilisce che “I contratti di fornitura nei servizi di comunicazione elettronica […] devono prevedere tra i servizi preattivati sistemi di controllo parentale ovvero di filtro di contenuti inappropriati per i minori e di blocco di contenuti riservati ad un pubblico di età superiore agli anni diciotto”.
Sistemi di parental control preattivati
I commi successivi (2, 3 e 4) prevedono poi che i servizi preattivati siano gratuiti e disattivabili solo su richiesta del consumatore titolare del contratto; che gli operatori di telefonia, di reti televisive e di comunicazioni elettroniche assicurino forma di pubblicità dei servizi preattivati per consentire ai consumatori di compiere scelte informate. Infine, a chiusura, è stabilito un regime sanzionatorio in caso di violazione degli obblighi.
Le linee guida dell’Agcom sul parental control
L’art. 7 bis del decreto legge n. 28/2020 ha trovato attuazione con la delibera Agcom n. 9/23/CONS, a mezzo della quale l’Autorità ha infine adottato le linee guida “volte a orientare gli operatori in ordine alle modalità di realizzazione dei sistemi di protezione dei minori, alle modalità di configurazione degli stessi, alla fornitura di informazioni chiare e trasparenti sulle modalità di utilizzo da parte dei titolari dei contratti di servizi di comunicazione elettronica”.
Elenco dei contenuti a visione non libera
L’Agcom, rivolgendosi a fornitori di servizi di accesso ad Internet (ISP), ha dunque classificato dei contenuti “a visione non libera”, per i quali è richiesta l’attivazione della funzione di parental control che inibisce l’accesso al contenuto stesso, salva la possibilità di disattivare tale funzione mediante codice segreto.
Le categorie
Nell’immagine sotto riportata sono illustrate le categorie individuate dall’Autorità che necessitano l’accesso vigilato.
Convergenza su applicazione del parental control
Tirando le somme, sulla base degli interventi normativi che si sono succeduti nel corso degli ultimi anni, diversi sono i punti convergenti che riguardano l’applicazione del parental control nell’ambito dei contratti di fornitura di servizi di comunicazione elettronica.
Impostazione by default, gratuità, semplificazione e pubblicità
I punti chiave sono: impostazione predefinita, gratuità, modalità semplificate e intuitive per l’attivazione, disattivazione e configurazione dei sistemi SCP, idonee forme di pubblicità per assicurare che i consumatori siano adeguatamente informati.
La proposta di Agcom
Interessante, infine, la proposta dell’Agcom per porre rimedio al problema dell’identificazione del titolare del contratto, quale unico soggetto che può effettuare le operazioni di attivazione/disattivazione dei servizi di parental control.
PIN, SPID e OTP per identificare chiaramente il titolare del contratto
Tra le modalità per garantire l’accesso in sicurezza l’Agcom suggerisce l’identificazione tramite codice PIN (fornito in forma riservata all’atto dell’attivazione dell’utenza), SPID, autenticazione nell’area riservata del sito web dell’operatore, ovvero OTP.
La stretta sui siti porno
Si attenderà, dunque, il tempo tecnico per gli operatori di adeguarsi e, comunque, non è detto che quanto previsto nel decreto Caivano basti per impedire l’accesso a siti e contenuti vietati sul web.
Soddisfazione per il ministro Roccella
Il ministro per le pari opportunità e la famiglia, Eugenia Maria Roccella, si è detta soddisfatta, rappresentando tale previsione un passo avanti rispetto alla situazione attuale che consente, ad oggi, a bambini di 6 anni di andare a visitare siti pornografici. (G.S. per NL)