Pay-TV: l’Italia tra la crisi degli abbonamenti e l’impasse sulle nuove piattaforme di distribuzione

Anche la televisione a pagamento, da molti indicata come la via del futuro in contrapposizione al classico servizio generalista gratuito e finanziato dalla pubblicità, sta cominciando ad accusare i colpi della crisi, soprattutto in Italia.

Complice una situazione politico-economica particolarmente disastrata, il nostro paese non vede la luce alla fine del tunnel, e anche settori finora rimasti apparentemente indenni ne risentono. Secondo gli ultimi dati disponibili per il 2012 (fonte: Italia Oggi – Informa Telecoms & Media), continua e si accentua la tendenza all’abbandono dei servizi pay, evidentemente considerati ormai come voce da tagliare all’interno di bilanci famigliari sempre più in deficit. Detto del – 4% di Sky rispetto al 2011, è da registrare anche un notevole – 9% circa di Mediaset Premium, per non parlare del completo fallimento delle IPTV, con l’unica sopravvissuta Telecom Italia che raccoglie la cifra quasi trascurabile di 200.000 utenti. In totale La pay-tv italiana ha perso 800.000 abbonati nell’ultimo anno: di gran lunga il maggiore calo in Europa, seguito a distanza da quello spagnolo (-261.000). In un quadro di tendenza generale al ribasso, gli scenari nelle altre nazioni non sono però omogenei: a una Germania in calo moderato fanno da contraltare una Francia in sostanziale tenuta e l’ascesa in controtendenza del Regno Unito, solo per rimanere ai mercati più importanti. L’incidenza della crisi, innegabilmente maggiore nei paesi del sud continentale, ha sicuramente influito sull’entità delle flessioni. La Gran Bretagna sembra invece essere in questo momento l’unico mercato in espansione: è qui che in questi giorni si sta scrivendo l’ultimo capitolo dell’avanzata di BskyB, il provider broadband e televisivo satellitare controllato da Murdoch, che intende acquisire la rete e i clienti di O2 e BE, marchi finora di proprietà della società spagnola Telefonica, ovvero della controllata Telefonica UK. BskyB si appresta così a diventare il secondo operatore telefonico a banda larga del paese, dopo British Telecom. Se quindi in Italia Sky si limita a contenere i danni, compensando con minori costi e qualche entrata pubblicitaria in più la flessione degli abbonamenti, nei mercati più promettenti la corazzata di Murdoch investe e porta avanti la propria strategia multipiattaforma, sperimentando offerte integrate internet-tv che puntano a coprire tutte le esigenze di intrattenimento e comunicazione in ambito domestico. Difficile riproporre lo stesso modello nel nostro paese, dove le esperienze fallimentari di FastWeb e Infostrada, così come i numeri certo non incoraggianti di Telecom, sembrano avere definitivamente affossato le ambizioni di business televisivo delle telco. Le motivazioni sono probabilmente molteplici: dallo scarso rapporto qualità/prezzo dell’offerta, passando per i noti problemi di una banda larga tale solo sulla carta, fino ad arrivare alla storica “prevalenza dell’etere” nella filiera distributiva della televisione italiana, perpetuatasi con il passaggio al digitale terrestre. Il fattore principe rimane comunque la permanente situazione di incertezza e di stallo nell’espansione della rete fissa NGN, ovvero della fibra ottica, principale carrier per la veicolazione dei contenuti video. Non per niente la cosiddetta “high broadband”, ovvero le connessioni con velocità superiore ai 10 Mbit, ha fatto registrare nell’ultimo anno la crescita percentuale più alta proprio nel Regno Unito (+ 145%, fonte: Akamai), mentre da noi ci si è fermati ad un non proprio entusiasmante + 7,5%… Indicatori preoccupanti sono anche quelli della velocità media dei collegamenti e della percentuale di adozione della banda larga “normale”, che fanno registrare addirittura un calo rispetto ai dati precedenti, portando il nostro paese su posizioni sempre più basse nelle classifiche europee. Anche gli investimenti sulla rete mobile, che pare essere l’unico attuale interesse degli operatori nostrani, rischiano non solo di essere insufficienti, ma persino di rappresentare una fonte di nuovi problemi, se si concretizzerà il rischio che la super connettività 4G-LTE metta in crisi le dorsali di collegamento, evidenziando un paradossale collo di bottiglia proprio nelle infrastrutture fisse. Urge la predisposizione di un progetto nazionale, concreto e sostenibile, di rafforzamento delle infrastrutture dell’informazione, con il concorso di pubblico e privato, che possa traghettare il paese verso gli obiettivi in tema di larga banda della Digital Agenda. Anche gli operatori televisivi, almeno quelli più attenti all’innovazione, ringrazierebbero. (E.D. per NL)

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