Editoria. Digital News Report 2025 di Reuters Institute, Italia e informazione digitale: il grande disincanto. Italiani non abituati a pagare

Digital News Report 2025

Dal Digital News Report 2025 del Reuters Institute emerge una fotografia chiara del panorama informativo italiano: calo della fiducia verso le news, scarsa propensione al pagamento e crescente disintermediazione.
Come l’Italia deve quindi inserirsi nel contesto internazionale del giornalismo digitale?

Sintesi

Il Digital News Report 2025 del Reuters Institute conferma una tendenza globale: le fonti tradizionali perdono influenza, mentre personalità e creator digitali guadagnano terreno, soprattutto tra i più giovani. In Italia la situazione riflette questa dinamica, con l’aggravante di una fiducia tra le più basse in Europa e una disponibilità marginale a pagare per le notizie online. Intanto, cresce la fruizione attraverso social e video, ma permangono resistenze strutturali all’innovazione nei modelli editoriali.

Informazione in fuga: una crisi di connessione

Il rapporto Digital News Report 2025 (qui per scaricare il documento) del Reuters Institute – istituto di ricerca e think tank con sede nel Regno Unito, fondato nel 2006, che gestisce il Thomson Reuters Journalism Fellowship Programme, noto anche come Reuters Fellowship – fotografa un ecosistema informativo sempre più frammentato.

Social media, aggregatori e video come principali fonti di informazione

L’Italia conferma molte delle dinamiche evidenziate a livello globale: l’utilizzo di social media, aggregatori e video come principali fonti di informazione supera ormai ampiamente quello di TV, carta stampata e siti di news. Ma la specificità italiana si evidenzia soprattutto nella crescente disillusione verso l’informazione professionale.

Solo il 31% degli italiani si fida delle news

Solo il 31% degli italiani dichiara di fidarsi delle notizie, un dato tra i più bassi in Europa e ben al di sotto della media globale del 40%. Tale disaffezione si traduce anche in disimpegno: l’Italia registra livelli elevati di news avoidance, con quote significative di popolazione che scelgono deliberatamente di non informarsi su determinati temi.

Fenomeno rilevante in particolare tra i giovani adulti

Il fenomeno è particolarmente rilevante tra i giovani adulti, sempre più scoraggiati da contenuti percepiti come polarizzanti o depressivi.

Ma non è questione di fiducia nel mezzo

Non si tratta solo di fiducia nel mezzo, ma anche nella funzione stessa dell’informazione. In un clima dove la polarizzazione politica è elevata e il giornalismo è spesso percepito come schierato, l’utente medio italiano tende a rifugiarsi in contenuti più leggeri o più consoni alla propria visione del mondo, disertando le fonti tradizionali.

Social e creator: chi influenza davvero il dibattito

Come nel resto del mondo, anche in Italia la centralità degli influencer e dei creator è in aumento. La fruizione di notizie attraverso Instagram, YouTube e TikTok cresce soprattutto nella fascia 18-24 anni. Tuttavia, mentre in Francia creator come HugoDécrypte raggiungono il 22% degli under 35, in Italia non emergono ancora figure comparabili per impatto e riconoscibilità.

TikTok

TikTok viene utilizzato per informarsi dal 6% degli italiani, un dato modesto ma in crescita, mentre YouTube si attesta intorno al 13%. Tuttavia, nonostante le potenzialità della narrazione visuale, le testate italiane stentano a costruire una presenza coerente su questi canali.

Strategie digitali frammentarie

Le strategie digitali risultano spesso frammentarie o limitate a mere operazioni di marketing, senza una vera rielaborazione dei contenuti in chiave nativa per i social.

Figura di riferimento

L’assenza di una figura di riferimento tra i giovani news creator italiani suggerisce un vuoto di mercato informativo. Laddove in altri paesi i giovani si affidano a personalità in grado di tradurre l’attualità in linguaggi familiari e accessibili, in Italia prevale ancora un approccio informativo verticale e autoreferenziale.

Marginalizzazione del pubblico più giovane

Il risultato è una marginalizzazione del pubblico più giovane e una crescente dipendenza da fonti estere o non professionali.

L’effetto video e la crisi del testo

Anche in Italia, il consumo video come modalità principale di accesso alle notizie guadagna terreno: circa un terzo degli utenti dichiara di preferire guardare piuttosto che leggere o ascoltare il notiziario online. Il dato è coerente con la media dei mercati globali (31%), ma ben distante da paesi come Messico o India, dove la preferenza per il video supera il 50%.

Panorama editoriale ancorato al testo scritto

Questa transizione verso il visuale si innesta su un panorama editoriale ancora fortemente legato al testo scritto. Le redazioni italiane raramente investono in format audiovisivi originali, preferendo adattare contenuti preesistenti con un semplice voice-over o didascalie. Le eccezioni sono poche e spesso circoscritte a testate native digitali.

Gap tecnologico, ma soprattutto culturale

Il gap non è solo tecnologico, ma anche culturale. La resistenza a innovare i format è legata a una concezione gerarchica dell’informazione, dove il linguaggio giornalistico scritto continua ad essere considerato il più autorevole.

Under 35 sempre più orientati all’on-demand

Ma i dati indicano chiaramente una direzione diversa, soprattutto tra gli under 35, sempre più inclini a consumare notizie in forma breve, visiva e on-demand.

A.I. e giornalismo: fiducia scarsa, uso crescente

Un altro aspetto rilevante del rapporto 2025 è l’emergere dell’intelligenza artificiale generativa come fonte di notizie. In Italia solo il 6% del campione dichiara di aver usato chatbot o strumenti di intelligenza artificiale per accedere all’informazione, ma la percentuale sale al 14% tra gli under 25. Resta però alta la diffidenza: la maggior parte degli intervistati teme una perdita di accuratezza e trasparenza con l’uso dell’I.A. nelle redazioni.

Il 21% degli italiani apprezzerebbe raccomandazioni automatiche personalizzate

Ciononostante, il potenziale è evidente: il 21% degli italiani apprezzerebbe raccomandazioni automatiche più personalizzate, mentre il 24% vedrebbe positivamente la traduzione automatica dei contenuti. Il 27% indica come utile la possibilità di ottenere riassunti generati dall’I.A.

Fiducia ancora limitata nel rapporto uomo-macchina

Tuttavia, solo il 18% si dice favorevole a utilizzare chatbot per porre domande sulle notizie, segno di una fiducia ancora limitata nella conversazione uomo-macchina.

Le redazioni ad un bivio

Le redazioni italiane si trovano dunque in un bivio: da un lato la necessità di sperimentare nuove forme di produzione e distribuzione, dall’altro il rischio di alienare un pubblico già poco incline alla fiducia. L’introduzione dell’I.A. deve quindi essere accompagnata da forti garanzie di trasparenza editoriale e da un rinnovato patto fiduciario con i lettori.

Pagare per le notizie? In Italia non si usa

Il dato forse più allarmante per gli editori italiani è quello legato alla monetizzazione. Solo il 9% degli utenti italiani dichiara di pagare per le notizie online, contro una media del 18% nei paesi a reddito elevato. In paesi come la Norvegia si supera il 40%, mentre in Grecia e Serbia si rimane sotto il 7%.

Reticenza verso bundle o freemium

La scarsa propensione al pagamento, unita alla reticenza verso i modelli bundle o freemium, evidenzia l’urgenza di un ripensamento strutturale dei modelli di sostenibilità del giornalismo digitale in Italia. Nonostante la crescente pressione pubblicitaria e la frammentazione dell’audience, molte testate continuano a proporre paywall rigidi, poco compatibili con le abitudini del pubblico mobile e on-demand.

Cultura dell’abbonamento debole

Anche la cultura dell’abbonamento è debole: l’informazione è ancora largamente percepita come un servizio gratuito e accessorio. Gli esperimenti di micropagamento, membership e podcast premium restano circoscritti e poco strutturati. In questo scenario, l’unica via percorribile sembra quella di un rinnovato investimento sul valore percepito del contenuto, anche attraverso prodotti editoriali più esperienziali e personalizzati.

Le testate italiane tra resilienza e ritardo

Secondo il Digital News Report 2025, i brand giornalistici italiani più noti continuano ad avere un ruolo nel fact-checking, soprattutto tra i più anziani. Tuttavia, nella fascia under 35, i social media stanno diventando lo strumento prevalente per verificare notizie, spesso con risultati discutibili.

Notizie push

Anche le notifiche push, che in alcuni paesi rappresentano un veicolo efficace per riconnettere il pubblico, in Italia sono percepite come intrusive da una larga fetta degli utenti.

La strategia delle testate resilienti

Le testate più resilienti sono quelle che hanno investito con coerenza in strategie digitali multicanale, integrando contenuti audio, video e testuali in un’offerta coerente e riconoscibile. Tuttavia, si tratta di una minoranza.

Mera riproposizione online di modelli di stampa

Il resto del panorama appare ancora sbilanciato verso la riproposizione online di modelli da stampa, senza un reale adattamento al contesto algoritmico e alle logiche dell’attenzione frammentata.

Serve una strategia nazionale per la transizione

Il Digital News Report 2025 lancia un messaggio inequivocabile: il pubblico italiano si sta progressivamente allontanando dalle forme tradizionali d’informazione senza che emerga un ecosistema alternativo strutturato e affidabile.

Le misure correttive urgenti

Per evitare che l’informazione di qualità diventi un bene di nicchia, è urgente intervenire con investimenti in educazione mediatica e alfabetizzazione digitale; incentivi alla sperimentazione editoriale, in particolare su video e podcast; una regolazione più equa delle piattaforme digitali; un patto strategico tra pubblico, privato e istituzioni per sostenere il giornalismo indipendente.

Fuori sync

In assenza di una visione condivisa, l’Italia rischia di trovarsi fuori sincrono rispetto a un panorama internazionale dove, pur tra mille difficoltà, si stanno già delineando modelli ibridi e sostenibili per l’informazione del futuro. (G.M. per NL)

 

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