Radio. Microinvestitori più orientati a social e search (ma con incognita AI). Soccorre adv areale come terminale informativo e radio hub

Google Boston, microinvestitori

Il mercato pubblicitario locale, un tempo pilastro del fatturato radiofonico, è ormai appannaggio delle piattaforme social e dal drenaggio commerciale dei motori di ricerca, mentre l’intelligenza artificiale minaccia di ridisegnare gli equilibri dell’advertising digitale.
Secondo gli analisti si tratta di un trend irreversibile, al pari di quello della carta stampata, che condurrà le radio locali ad essere hub multimediali e terminali pubblicitari areali di campagne nazionali.

Sintesi

La pubblicità locale, un tempo asse portante del fatturato radiofonico, è oggi in forte crisi, erosa da social network e motori di ricerca e con l’I.A. pronta a ridisegnare lo scenario, comunque già in avanzato stadio.
Il passaggio degli inserzionisti — dai piccoli commercianti ai dealer automobilistici — verso piattaforme digitali capaci di profilazione avanzata ha fortemente ridimensionato il ruolo della radio, aggravato dalla chiusura di piccole realtà commerciali locali e dalla sovradimensione territoriale del DAB, che penalizza i microinvestitori pubblicitari.
I social offrono bassi costi – anche perché non ricorrono a onerose reti commerciali – targeting preciso e creatività adattata al consumo rapido, rendendo così meno competitiva la pubblicità tradizionale.
Il futuro, secondo gli analisti, richiede un riposizionamento radicale: trasformare le radio in hub multimediali con pacchetti integrati audio-video-social, sfruttando A.I. e monetizzazione dello streaming.
Solo le emittenti con ascolti solidi e capacità di presidio fisico e digitale potranno restare rilevanti per la destinazione delle campagne areali di supporto ai grandi brand, ma anche beneficiando di futuri accordi di revenue sharing con le big tech.
In assenza di questa evoluzione, la conclusione del ciclo esistenziale della pubblicità locale radiofonica, per come l’abbiamo conosciuta negli ultimi 50 anni, sarà inevitabile.

Il barbiere dalla radio al social

Negli anni ’70, ’80 e ’90, la pubblicità locale radiofonica era parte dell’arredo urbano sonoro: spot per il barbiere di quartiere, della pizzeria sotto casa, del negozio di arredamento di quartiere. Il mezzo garantiva prossimità, attribuendo un plus valore all’inserzionista con la sua autorevolezza, potenziata da un palpabile rapporto diretto con l’ascoltatore.

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Il cambio di rotta dei microinvestitori

Progressivamente, però, con una forte accelerazione negli ultimi quindici anni, quei budget sono migrati in massa verso i social network, dove anche un piccolo esercizio può pianificare campagne ultra-geolocalizzate, profilando il pubblico per età, interessi e persino comportamenti di acquisto. La promessa è allettante: costi bassi, dati immediati, ritorno dell’investimento facilmente pianificabile, possibilità di modificare la creatività “al volo”, senza attendere giorni.

Il ruolo (decrescente) dei motori di ricerca

Nello stesso lasso temporale, Google ha intercettato gran parte della pubblicità locale, grazie alle campagne search e display, gestite in forma diretta dagli utenti.
Tuttavia, nonostante lo stravolgimento avvenuto, quella attuale non è una condizione stabile: la A.I. generativa sta cambiando nuovamente le abitudini, con sempre più utenti che ottengono risposte dai chatbot integrati nei motori (di risposta), riducendo il numero di click e, di conseguenza, le opportunità per le inserzioni tradizionali.

Il paradosso

Si tratta, a ben vedere, di un paradosso: la stessa tecnologia che erode il search advertising, business primario di Google, è generata (quantomeno per Gemini A.I.) dalla stessa big tech. Una rivoluzione che, secondo alcuni analisti, potrebbe, però, indirettamente, riaprire spazi ai media capaci di offrire contenuti integrati e contatto diretto con il territorio. Ma facciamo un passo alla volta.

Radio locale: presidio in ritirata

Le emittenti radiofoniche locali italiane si muovono oggi in un contesto ostile: platee di ascolto più ridotte (anche se meno di quanto probabilmente si è creduto fin ora, se le indiscrezioni sui dati Audiradio del 1° semestre 2025 – che saranno resi noti a settembre – fossero confermati) a causa della competizione di altre fonti sonore, microinvestitori in caduta libera e crescente concorrenza da parte di piattaforme globali, con capacità di targeting irraggiungibili per la tradizionale radio lineare.

Desertificazione commerciale di dettaglio

La desertificazione commerciale retail in molte aree della penisola — con la chiusura di botteghe, artigiani e microimprese (cioè i numerosi  microinvestitori tipici della radio locale) — ha azzerato la base di clienti “affezionati”. In alcune zone, gli ascoltatori radiofonici non ricevono ormai più messaggi pubblicitari legati alla comunità locale, con un impatto anche sulla percezione di prossimità dell’emittente.

Automotive e terminali di grandi brand: ultimo baluardo

Certo, il comparto dell’auto ed i terminali locali dei grandi brand rimangono pur sempre  investitori nelle radio locali più strutturate, soprattutto quando si tratta di promuovere eventi e vendite speciali. Tuttavia, anche questo è sintomatico di un settore in via di consolidamento: i dealer indipendenti lasciano il posto ai grandi gruppi, che gestiscono il marketing in modo centralizzato (attraverso i centri media) e privilegiano campagne di respiro nazionale o macroregionale. Questo restringe ulteriormente le opportunità per i microinvestitori pubblicitari, che erano la consolidata tipicità commerciale delle stazioni locali.

Il DAB, il DTT e la sfida della frammentazione territoriale

La stessa affermazione del DTT come device di ascolto radiofonico indoor, insieme ai dispositivi connessi e all’avanzata del DAB in Italia, porta con sé nuove opportunità tecniche, ma anche insidie per la pubblicità locale. Il modello di trasmissione digitale via etere aggrega territori ampi, spesso regionali o sovraregionali, rendendo difficile (se non impossibile) e costoso lo splittaggio di spot su aree ridotte connaturate alle esigenze (di copertura e di budget) dei microinvestitori .

La rinuncia alle frequenze per la differenziazione contenutistica

E ciò anche a causa dell’assurda recente rinuncia della radiofonia locale allo sfruttamento pieno delle risorse frequenziali messe a disposizione inizialmente da Agcom con lo smantellamento della rete nazionale n. 12. Risorse che sarebbero state utilissime per la differenziazione contenutistica (ivi compresa quella commerciale) e che invece (ormai è chiaro) finiranno in gran parte ai consorzi DAB nazionali, RAI in primis.

Spreco diffusivo

“Per i microinvestitori come i negozi di quartiere, acquistare una campagna che copre tre province può essere strategicamente inutile, oltre che economicamente impegnativo. Senza soluzioni di geotargeting avanzato (che attualmente possono essere applicate solo con la digital adv streaming), il rischio è che questi inserzionisti si allontanino definitivamente dal mezzo”, spiega Giovanni Madaro, ceo di Media Progress, società di analisi strategica di mercato (gruppo Consultmedia).

L’effetto dirompente dei social: targeting e creatività

I social hanno rivoluzionato non solo il modo di acquistare pubblicità, ma anche la grammatica stessa del messaggio. Short reel, call to action dirette, storytelling rapido e memetico: un linguaggio che si adatta perfettamente all’attenzione frammentata e mutevole dell’utente contemporaneo. La possibilità di boostare un post già virale, spendendo poche decine di euro per raggiungere migliaia di persone, ha reso la pubblicità radiofonica tradizionale meno competitiva, soprattutto agli occhi degli under 40, che raramente percepiscono lo spot radiofonico come canale primario di scoperta.

Lezioni dal modello estero

Per questo motivo negli Stati Uniti alcune emittenti hanno già invertito la rotta, offrendo pacchetti pubblicitari integrati che comprendono audio, video OTT e contenuti social, agendo come agenzie al servizio completo per i clienti locali. Sebbene il contesto italiano presenti originali peculiarità — dal tessuto imprenditoriale alle normative — l’idea di trasformare la radio in hub multimediale, sebbene non rappresenti una soluzione definitiva, può considerarsi una via di fuga dall’erosione della raccolta.

Il rischio dell’irrilevanza

“Se la radio locale non riuscirà a colmare il gap tecnologico e creativo rispetto ai competitor digitali, il rischio evidente e di perdere anche il presidio rimasto. Non è solo un problema di contenuto, ma di modello di business: vendere secondi lineari in palinsesto non basta più in un’epoca in cui l’inserzionista può agevolmente, in autonomia, produrre contenuti e distribuirli istantaneamente a un pubblico profilato“, continua Madaro.

L’urgenza di un cambio di paradigma

La sopravvivenza della pubblicità locale radio passa per un riposizionamento radicale: offerta crossmediale con audio, video, social e podcast nello stesso pacchetto; produzione rapida e low-cost, anche sfruttando l’A.I.; monetizzazione dello streaming (preroll, midroll e formati video per gli utenti digitali); consulenza integrata, per vendere non solo spazi, ma soluzioni di marketing complete e dirette.

Prospettive

“Il contesto attuale è di forte selezione naturale: sopravvivranno solo le emittenti locali dotate di significativi dati d’ascolto che consentiranno di essere inserite nelle pianificazioni pubblicitarie e soprattutto in quelle areali, come terminali informativi delle unità locali dei grandi brand.

Hub di comunicazione locale

Stazioni in grado, allo stesso tempo, di trasformarsi in piattaforme di comunicazione a 360°, replicando — su scala ridotta e mirata — l’efficacia dei social.

Gli spazi offerti dalla I.A.

Non solo: la progressiva marginalizzazione dei motori di ricerca tradizionali da parte dell’I.A. potrebbe aprire spazi interessanti e nuovi, ma solo per chi saprà presidiare il territorio fisico e digitale in contemporanea, alimentando l’intelligenza artificiale generativa con contenuti areali inediti e di elevata qualità.

Revenue sharing

Contenuti che saranno ricompensati sotto forma di revenue sharing attraverso gli inevitabili accordi tra big tech ed editori che saranno conclusi nei prossimi due anni.

Il cerchio si sta chiudendo

Senza questa trasformazione, il tramonto della pubblicità locale tramite il mezzo radiofonico, per come l’abbiamo conosciuta negli ultimi cinquanta anni, non sarà un’ipotesi, ma una certezza”, conclude il ceo di Media Progress. (E.G. per NL)

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