La pubblicazione dei primi dati pubblici Audiradio relativi al 1° semestre 2025, inizialmente attesa per luglio e poi rinviata – secondo rumors raccolti per primo da Newslinet, ma mai tradotti in comunicazione ufficiale, a venerdì 26 settembre -, con ogni probabilità, sarà anticipata di due giorni.
Il 24 settembre, per motivi di comunicazione – i proclami di rito arriverebbero alle redazioni nel pomeriggio di venerdì ed andrebbero online nel w/e –, dovrebbe (NB il condizionale è ormai una regola) essere il giorno prescelto per le anticipazioni dei dati Audiradio relativi alla prima metà del corrente anno, mentre dovrebbe essere il 29 settembre quello deputato alla pubblicazione del Volume. 1° sem/2025
Sintesi
La pubblicazione dei dati pubblici Audiradio del 1° semestre 2025, inizialmente prevista per luglio e poi supposta per il 26 settembre, dovrebbe avvenire (per esigenze di comunicazione strategica) il 24 settembre, con il successivo 29 riservato al volume complessivo.
La novità metodologica più rilevante della nuova indagine, come noto, è la divisione in due stream paralleli (cioè interviste distinte tra radio nazionali e locali), che però rischia di generare distorsioni: marchi presenti sia a livello nazionale che locale potrebbero infatti beneficiare di attribuzioni erronee da parte degli intervistati, producendo duplicazioni ed un’esplosione artificiale delle performance.
Altro nodo critico è la segmentazione per device: distinguere l’ascolto intermediato (eterogeneo via etere) dal disintermediato (eterogeneo over the top) si scontra con la fruizione ibrida degli utenti, che difficilmente riescono a quantificare percentuali realistiche. Il dato, utile (forse) a livello macro, rischia di essere poco affidabile se letto per singole emittenti.
Ancora: nonostante l’analogia metodologica (CATI) e gli stessi istituti coinvolti, i dati Audiradio non sono comparabili con quelli TER: si tratta di un “numero zero”, utile per avviare nuove classifiche, ma non per valutare progressi rispetto al passato.
Infine, sul piano culturale, l’introduzione del Piano SDK (ormai logicamente dal 2026) volto alla valorizzazione dell’ascolto on demand rischia di premiare contenuti rumorosi e trash, più facilmente virali, a scapito della qualità editoriale.
In questo scenario, sarà decisiva la governance terza e trasparente, insieme alla responsabilità degli editori, chiamati ad integrare i nuovi strumenti senza sacrificare l’identità della radio.
Due stream, grande opportunità non scevra da possibili alterazioni
Uno dei punti più delicati dell’analisi della nuova indagine riguarda la divisione della rilevazione Audiradio in due stream paralleli: uno per le radio nazionali ed uno per le locali. Una scelta metodologica attesa ed essenziale che, però, allo stato (cioè senza misure specificative) porta con sé inevitabili rischi di “inquinamento” dei dati, soprattutto nei casi — sempre più frequenti — di gruppi radiofonici con stazione madre e radio ancillari legate allo stesso brand (con radice comune).
Il travaso di dati e l’ascolto fantasma
Per essere più chiari: un ascoltatore intervistato nello stream locale potrebbe attribuire l’ascolto della nazionale di riferimento alla sua emittente ancillare, aumentando artificialmente il dato della seconda, così come l’ascoltatore della stazione derivata potrebbe indurre, durante la raccolta dei dati dello stream nazionale, ad una duplicazione delle performance della radio principale (che godrebbe di ascoltatori fantasma).
Esplosione di marchi ubiqui
Il risultato più probabile che si acquisirà dopo il 24 – noi ci scommettiamo – sarà un’esplosione statistica di alcuni marchi, duplicati che finiranno per aumentare artificialmente le stazioni presenti in entrambe le classifiche. Una distorsione che rischia di alterare i rapporti di forza e di penalizzare chi non può contare su un brand ubiquo (cioè presente sia negli stream nazionale che locale).
Device e piattaforme…
Altro fronte critico – a nostro avviso – è la ripartizione dell’ascolto per device. Audiradio, come TER, prevede di distinguere la fruizione tra autoradio (ma non tra FM, DAB, IP), ricevitore tradizionale (ma senza specificazione tra FM, DAB, IP) tv (ma senza divisione tra DTT, smart tv, sat) e IP (smartphone, pc/tablet, smart speaker).
… l’impossibile equazione delle percentuali
Tuttavia, l’analisi empirica mostra che (ormai) quasi nessuno ascolta la radio in maniera esclusiva su una sola piattaforma. La fruizione è ibrida e continua, e chiedere agli utenti di suddividere in percentuale il proprio ascolto è un’utopia.
Analisi con le pinze
Lo sforzo di classificare il consumo per device potrà (forse) avere un’utilità a livello macro, offrendo indicazioni di tendenza, ma rischia di diventare fuorviante se assunto come riferimento analitico per singole emittenti. In particolare, su campioni ridotti, il margine di errore e di autoinganno dell’intervistato potrebbe minare la robustezza dei dati, rendendo la segmentazione più illusoria che utile.
TER e Audiradio
Un ulteriore nodo che dopo il 24 dovrà essere sciolto sarà il confronto inevitabile con l’indagine TER, che ha concluso il suo ciclo esistenziale il 31/12/2024, basata anch’essa su metodo CATI (interviste telefoniche) e condotta dagli stessi istituti. Tuttavia, sebbene simili nelle premesse, le due ricerche non sono sovrapponibili.
Due misure non comparabili
La ripartizione in due stream e le differenze di campionamento rendono, infatti, impossibile mettere i dati Audiradio in diretta relazione con quelli TER.
Tentazione irresistibile
Eppure, è prevedibile che il mercato — pubblico, inserzionisti ed editori in primis — cercherà di leggere i numeri in parallelo, dando vita ad interpretazioni fallaci. La verità è che il nuovo corso di Audiradio deve essere considerato un “numero zero”: un punto di ripartenza, utile a creare classifiche e performance interne, ma privo della possibilità di misurare realmente progressi o regressi sostanziali rispetto al passato.
Il rischio di spostare il baricentro sul rumore
Ma non finisce qui: al di là delle questioni metodologiche, resta aperta la questione culturale. L’introduzione della componente SDK (Software Development Kit) – che è ormai chiaro che partirà nel 2026 oltretutto in forma test – e la valorizzazione dell’ascolto differito rischiano di premiare i contenuti più rumorosi, polarizzanti e virali, a scapito della qualità editoriale e della funzione informativa della radio.
Trash crash
Programmi basati su urla, litigi e provocazioni potrebbero risultare avvantaggiati nella nuova misurazione, grazie alla loro capacità di generare condivisioni social e memetica. La rincorsa al trash rischia di diventare un incentivo editoriale, con conseguenze potenzialmente devastanti sul posizionamento e sull’autorevolezza del mezzo.
Governance e responsabilità degli editori
In questo scenario, la governance del Piano SDK assume un ruolo cruciale. La neutralità e la terzietà degli organismi di controllo devono essere garantite per evitare che la nuova currency perda credibilità. Ma anche gli editori hanno una responsabilità diretta: integrare gli strumenti, certo, ma senza sacrificare la qualità e l’identità del mezzo in nome del facile ritorno numerico.
Autenticità ed immediatezza
La radio ha costruito il suo valore su autenticità e immediatezza; se il nuovo sistema la spingesse ad inseguire una viralità fine a se stessa, il prezzo sarebbe alto.
Innovazione sì, ma senza illusioni
Il Piano SDK rappresenta una rivoluzione necessaria per portare la radio italiana al livello delle metriche digitali internazionali. Ma occorre chiarezza; ed i primi dati Audiradio 2025 non sono un nuovo punto di arrivo, bensì un punto di partenza.
Il 24 point zero
Una “misura zero” che andrà letta, dopo il 24, con cautela, senza sovrapposizioni indebite con le indagini precedenti e senza aspettative eccessive sulla precisione dei dati per stream e device. Solo così il settore potrà affrontare la transizione con consapevolezza, evitando di confondere il rumore per valore e salvaguardando la funzione editoriale del mezzo.