Le piattaforme web fanno informazione senza avere i titoli

piattaforme

Edgar Allan Poe diceva che “il posto migliore per nascondere qualsiasi cosa è in piena vista“.
Laura Aria (commissario Agcom), in occasione della presentazione del Rapporto Ital Communications-Censis, ha dichiarato che le piattaforme social non hanno i titoli abilitativi per far informazione. Eppure la fanno.

Anzi, aggiungiamo noi, peggio: la moderano sotto gli occhi di tutti nell’indifferenza dei controllori.

fake news - Le piattaforme web fanno informazione senza avere i titoli

Divieto di manipolazione delle opinini

Nel nostro ordinamento esiste un divieto di usare l’informazione per manipolare le opinioni. Precetto che, secondo il commissario Agcom, andrebbe esteso alle piattaforme.
Tanto più che per, dare un’idea della portata dell’attualità del problema, per quasi la metà degli italiani la comunicazione sul Covid-19 è stata confusa; per oltre 1/3 ansiogena ed eccessiva e solo al 14% è parsa equilibrata.

Disinformazione e fake news durante la pandemia

Nei giorni scorsi è stato presentato il Rapporto Ital Communications-Censis “Disinformazione e fake news durante la pandemia: il ruolo delle agenzie di comunicazione”.

Per quasi metà degli italiani comunicazione su Covid-19 confusa e per oltre 1/3 ansiogena ed eccessiva. Solo per il 14% equilibrata

Secondo l’analisi condotta, per il 49,7% degli italiani la comunicazione sul Covid-19 è stata confusa, per il 39,5% ansiogena, per il 34,7% eccessiva e per il 13,9% equilibrata.
29 milioni di italiani durante l’emergenza sanitaria hanno trovato sul web e sui social media notizie che poi si sono rivelate false o sbagliate.

Media in difficoltà

Per la prima volta, i media, vecchi e nuovi, hanno avuto difficoltà a governare un contesto di improvvisa moltiplicazione della domanda, a causa della pandemia, confermando di avere sempre più bisogno di figure esterne affidabili e competenti.

Infodemia comunicativa

Con la pandemia, il sistema dei media ha moltiplicato la propria offerta. Una vera e propria infodemia comunicativa, con il web che ha allargato la platea del mondo dell’informazione portando più libertà, più protagonismo, più notizie, ma anche meno intermediazione e controlli sulla qualità e la veridicità delle news.

Allarme sociale

Un sovraffollamento comunicativo che ha aumentato il rischio di generare ansia, allarme sociale e visioni distorte della realtà, conseguenze tanto più diffuse quanto più le notizie sono specialistiche, settoriali, di difficile interpretazione e hanno delle ripercussioni sui comportamenti collettivi. E’ appunto il caso delle regole da seguire per la prevenzione, la diagnosi e la cura del Covid-19.

Il 99,4% degli italiani adulti si è creato un personale palinsesto informativo

Basti pensare che 50 milioni di italiani, pari al 99,4% degli italiani adulti, hanno cercato informazioni sulla pandemia da diverse fonti, informali e non, creando un proprio personale palinsesto informativo in cui media tradizionali e social media hanno avuto uno spazio rilevante.

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Fonti: Tv, Radio, Stampa. E a seguire l’eterogeneo mondo delle piattaforme web

Al primo posto, 38 milioni di italiani hanno cercato informazioni sul Covid-19 sui media tradizionali, come televisione, radio, stampa. Seguono i siti internet di fonte ufficiale, primi tra tutti quelli della Protezione Civile e dell’Istituto Superiore della Sanità, cui 26 milioni di italiani si sono rivolti per avere un’informazione attendibile su contagi, ospedalizzazioni, decessi.

Social network più del medico di medicina generale

Al terzo posto, circa 15 milioni di italiani, hanno consultato i social network. Al medico di medicina generale si è rivolto un italiano su quattro, 12,6 milioni in valore assoluto, mentre oltre 5,5 milioni hanno chiesto aiuto a un medico specialista e 4,5 milioni a un farmacista di fiducia.

Solo il 7,4% degli italiani è passato indenne dal fuoco informativo

Dalla potenza informativa dei media tradizionali e del web sono rimasti esclusi solo 3,7 milioni di italiani, il 7,4% del totale: di questi, 3,4 milioni hanno consultato altre fonti e 300mila sono rimasti completamente fuori da qualunque informazione.

Confusione e ansia

Il risultato è stato un eccesso di flussi informativi generali, contraddittori e che in molti casi sono stati solo generatori di ansia.
Tra i più giovani sono molto elevate le quote di chi ritiene che la comunicazione sia stata sbagliata (14,1% per i 18-34enni e 3,7% per gli over 65enni, a fronte di una media del 10,6%), e addirittura pessima (14,6% tra i millennials, 3,2% tra i longevi).

Comunicazione sul virus carrier di paura

La comunicazione confusa sul virus, anziché rendere gli italiani più consapevoli, ha veicolato paura. E’ di questa opinione il 65,0% degli italiani, quota che cresce tra i soggetti più deboli, arrivando al 72,5% tra gli over 65enni e al 79,7% tra chi ha al massimo la licenza media.

Responsabilizzazione attori che si muovono sul web. Piattaforme in testa

Per arginare la proliferazione delle fake news servono misure che pongano in primo piano la responsabilizzazione dei diversi attori che si muovono sul web. Il 52,2% degli italiani pone l’accento sull’obbligo da parte delle piattaforme di rimuovere le false notizie, mentre il 41,5% ritiene che i social media debbano attivare dei sistemi di controllo (fact checking) delle notizie pubblicate. Prioritario, poi, avviare campagne di sensibilizzazione e prevenzione sull’uso consapevole dei social.

fake news 2 - Le piattaforme web fanno informazione senza avere i titoliIl web, regno deriva fake news

Regno incontrastato delle bufale e delle fake news diffuse con la bulimia comunicativa al tempo del Covid è stata la rete. Sono 29 milioni (il 57,0% del totale) gli italiani che durante l’emergenza sanitaria hanno trovato su web e sui social media notizie che poi si sono rivelate false o sbagliate su origini, modalità di contagio, sintomi, misure di distanziamento o cure relativi a Covid-19.

Comunicazione non intermediata pericolosa

Effetti evidenti e preoccupanti, molto pericolosi, di una comunicazione senza intermediazione, in cui sono venute meno le barriere d’accesso e mancano i filtri per la verifica o il discernimento di qualità delle notizie.

laura aria - Le piattaforme web fanno informazione senza avere i titoli
LAURA ARIA MISE

Aria non fritta

Tra i tanti interventi qualificati, uno è sembrato particolarmente acuto. Parliamo di quello del  commissario Agcom Laura Aria (già dirigente del Ministero dello Sviluppo Economico).
La Aria ha affermato che le piattaforme social non hanno i titoli abilitativi per far informazione.

Piattaforme od organi di informazione?

Ed è vero, in quanto si tratta di meri vettori e non di organi di informazione. Tuttavia, come abbiamo visto recentemente, pur essendo virtualmente solo carrier si confortano come organi di informazione, filtrando e moderando i contenuti.
Aria ha ricordato che nel nostro ordinamento esiste un divieto di usare l’informazione per manipolare le opinioni.
Un divieto che, secondo il commissario Agcom, andrebbe esteso alle piattaforme.

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