Il rapporto Edison Research 2025 conferma: anche nelle aree rurali USA, ultimo bastione dell’etere, il tempo d’ascolto su device mobili e quello su ricevitori broadcast si equivalgono, sancendo l’avanzata della fruizione radiofonica disintermediata (over the top, cioè al di sopra delle reti via etere).
Sintesi
La ricerca Share of Ear, parte della macro rilevazione Edison Research 2025, evidenzia come l’ascolto della radio via etere stia progressivamente perdendo terreno persino nelle campagne americane, dove il mobile ha ormai raggiunto la stessa quota d’ascolto (34%).
Una tendenza che – beninteso – non implica una crisi del mezzo radiofonico in sé (che pure oggettivamente c’è, anche se per ragioni differenti dalla sola piattaforma distributiva), ma la sua trasformazione: da servizio legato al trasmettitore a medium multipiattaforma, accessibile via IP e device connessi.
La disintermediazione delle reti broadcast segna così il passaggio da un modello basato sulla frequenza ad uno fondato sulla riconoscibilità del brand e sulla capacità di competere nell’arena OTT globale.
Share of Ear 2025
Dal rapporto Share of Ear 2025 di Edison Research, emerge un dato non certo inedito o imprevedibile, ma comunque ben più che statistico: nelle aree rurali degli Stati Uniti, l’ascolto radio attraverso un ricevitore via etere (AM/FM) è sceso al 34 % del tempo audio, cioè lo stesso del mobile, mentre il quelle urbane e suburbane il secondo ha da tempo ampiamente superato il primo (il mobile pesa rispettivamente il 40% e 36% rispetto al 28% e 30% del broadcast).
Il baluardo rurale
Considerato che le aree rurali sono sempre state il baluardo assoluto del ricevitore radiofonico via etere americano, il dato conferma la progressione incessante della trasformazione in atto da inizio millennio: la ricezione radio non è più vincolata all’antenna ed al trasmettitore, essendo entrata nell’universo dell’IP, della personalizzazione e della fruizione on demand.
La radio domina ancora l’audio, ma la presenza dei concorrenti continua a crescere
Una progressione ribadita anche da Nielsen: nel Q4 2024 l’audio broadcast + streaming assegnava il 67 % del tempo d’ascolto alla radio, contro il 18 % ai podcast ed il 12 % allo streaming “non radiofonico”. Nel Q1 2025, la quota radio è scesa al 66 %, mentre podcast e streaming hanno guadagnato terreno. Tali numeri suggeriscono che, pur (ancora) forte, la radio tradizionale convive ora con una porzione crescente dell’ascolto che si sposta verso i formati digitali e che in certi segmenti (giovani, contesti metropolitani) la radiofonia via etere rischia di diventare secondaria.
Il graduale spostamento verso lo streaming radio
Per contro, lo studio Sound Data: The State of Audio in 50 Charts 2024 sempre di Edison Research rilevava che l’84 % degli ascoltatori radio quotidiani ascoltava (nel 2024) solo via etere, mentre solo il 5 % fruiva esclusivamente dello streaming radio.
Tuttavia, la parte restante (quasi l’11 %) usava modalità miste. Insomma, molto più di quanto si creda, gli ascoltatori tradizionali hanno ormai anche un piede nel digitale.
Federated Media
Evidenza rimarcata anche da Federated Media, secondo la quale del totale dell’ascolto radiofonico, il 13 % è ormai in modalità streaming. In più, il dato che l’audio digitale raggiunge il 76 % degli americani 12+ e che gli ascoltatori digitali dedicano oramai quasi cinque ore al giorno all’audio è un’indicazione indiscutibile del potenziale delle piattaforme disintermediate (cioè che operano senza la mediazione di reti broadcast).
Cedimento
Infine, va annotato che anche in contesti stabili la quota radio analogica mostra segni di cedimento: secondo la ricerca Share of Ear 2025 nelle aree urbane degli Stati Uniti il mobile svetta con il 40 % contro 28 % del ricevitore radio via etere.
Disintermediazione delle reti broadcast
Quando si parla di disintermediazione delle reti broadcast, non si intende naturalmente che le reti via etere (FM/AM/HD Radio/DAB+/sat) spariranno da un giorno all’altro o comunque in tempi brevi, ma che la logica dell’user experience radiofonica si sta progressivamente liberando dal vincolo del trasmettitore (e dai limiti di diffusione legati – lato broadcast – al costoso e antieconomico fardello infrastrutturale di cui necessita, rispetto alla veicolazione di contenuti tramite il web) — e l’utente e il suo device IP diventano il nodo centrale.
Dal broadcast point-to-many…
Il modello tradizionale della radio via etere è, come noto, unidirezionale: una stazione trasmette su una frequenza e tutti gli ascoltatori nell’area captano lo stesso segnale (concetto applicabile anche ai mux che veicolano sulla stessa frequenza più contenuti, come nel caso di DAB+, DTT e sat).
… al multicast Internet/IP
Lo streaming, invece, è tecnicamente unicast: ogni ascoltatore riceve il flusso in modo individuale (o mediante sistemi più sofisticati multicast/edge) e può beneficiare di personalizzazioni, ritardi, buffering, qualità adattativa. Questo sposta il controllo verso il lato ricevitore. La conseguenza è che il vincolo della copertura geografica legata alla potenza del segnale e alla topografia diventa meno vincolante per l’esperienza radiofonica. Un ascoltatore può seguire stazioni lontane, superare i limiti di propagazione, entrare e uscire in mobilità.
L’integrazione in device ibridi
Smartphone, smart speaker, dashboard automobilistiche (Android Auto, Apple CarPlay, ecc.) sono oggi porte altrettanto rilevanti per l’audio radiofonico. Un fatto recente: Apple ha stretto una partnership con il più importante aggregatore di flussi radiofonici al mondo, TuneIn, per portare le sue stazioni disponibili anche attraverso l’ecosistema del collettore mondiale (che conta 75 milioni di utenti), amplificando la fruizione erga omnes. Una strategia che, evidentemente, cambia il paradigma iniziale: estendere la portata delle stazioni Apple al di fuori dell’app proprietaria, puntando alla multipiattaforma.
Strumenti avanzati di personalizzazione, analytics e monetizzazione
Nel modello broadcast puro, la segmentazione è piuttosto limitata: spot in fascia oraria, copertura geografica, target generico. Non è possibile modificare in tempo reale il messaggio per un singolo ascoltatore. Con lo streaming, si possono introdurre funzioni come ad-targeting, programmatic audio, tracking in tempo reale, metriche di performance (CTR, conversioni) e ottimizzazione dinamica.
Cosa è uscito dal vaso di Pandora
Un esempio applicato: uno studio recente sulla piattaforma Pandora ha misurato la sensibilità del pubblico al carico pubblicitario, confermando che un’eccessiva densità di annunci riduce l’ascolto e può spingere l’utente a migrare verso versioni ad-free.
Touchpoint eterogenei
“Il fatto che persino le aree rurali statunitensi – storicamente roccaforte del broadcast – mostrino, secondo l’ultimo rapporto di Edison Research 2025, ormai un equilibrio tra il ricevitore via etere e la fruizione con mobile segna un punto di non ritorno: la radiofonia tradizionale non è più sinonimo di antenna e trasmettitore, ma diventa un servizio accessibile attraverso molteplici interfacce”, commenta Massimo Rinaldi, cto di Com-Nect, società di ibridazione radiotelevisiva (gruppo Consultmedia).
Scende il broadcast, non la radio
In altre parole, la progressiva erosione dell’ascolto via etere non rappresenta tanto un calo d’interesse verso la radio, quanto il suo adattamento a un ecosistema tecnologico che privilegia la flessibilità, la mobilità e la possibilità di scegliere la piattaforma più adatta.
La concretezza della disintermediazione
È in questo scenario, vividamente espresso dal rapporto Edison Research 2025, che il concetto di disintermediazione delle reti broadcast trova la sua piena concretezza: il valore della radio non risiede più esclusivamente nella frequenza o nel multiplex, ma nella capacità di essere riconoscibile e raggiungibile ovunque, attraverso device IP che mettono l’utente al centro dell’esperienza.
Implicazioni industriali
Dal punto di vista industriale, ciò significa passare da un modello basato sul controllo infrastrutturale (il trasmettitore) ad uno fondato sull’accessibilità cross-platform, con implicazioni decisive in termini di monetizzazione, analisi dei comportamenti d’ascolto e competitività verso gli OTT globali. In sintesi, la conferma del cedimento del broadcast anche nelle aree rurali non è immediatamente la fine della radio, bensì il segnale più evidente della sua trasformazione in medium over the top”, conclude Rinaldi. (G.M. per NL)













































