Ad aver catalizzato l’attenzione degli operatori questa settimana è stata la pubblicazione dell’indagine pubblica di Agcom sull’impiego italiano della HbbTV (molto originale rispetto al resto dell’Europa, tra la feature jump e varie call to action).
Con ogni probabilità, gli esiti della rilevazione disposta dall’Autorità con la Delibera 138/25/CONS, oltre ad indirizzare interventi regolamentari, certamente amministrativi e probabilmente legislativi nella direzione del jump con LCN dedicato (attraverso la consueta legificazione, cioè presa d’atto dell’orientamento), avranno effetti sul rapporto tra DVB-I e HbbTV e probabilmente sullo sviluppo del primo dei due standard.
L’indagine Agcom (ex Del 138/25/CONS) sull’uso italiano della HbbTV – molto originale per le sue call to action e la funzione jump – ha riacceso il dibattito sull’evoluzione della TV connessa e liquida, cioè personalizzata, ubiqua ed on demand, rispetto al modello rigido e lineare tradizionale.
Al centro, i due standard europei DVB-I e HbbTV, entrambi pensati per integrare broadcast e IP, ma con architetture e finalità differenti. La HbbTV, ormai ampiamente diffusa in Italia, agisce come estensione interattiva del DTT, consentendo il passaggio automatico dal contenuto DTT-SD (o addirittura LD, low definition) a quello DTI-HD (jump) solo se il segnale broadcast è ricevibile, mentre il DVB-I è IP-native e può distribuire canali lineari via rete, senza bisogno del DTT (seppur preservando le abitudini dei telespettatori attraverso la numerazione automatica del telecomando, cioè la lista LCN), anche se oggi i device compatibili sono pochissimi.
Le due tecnologie, sebbene in parte sovrapposte come concept, non sono in concorrenza, bensì potenzialmente sinergiche: il DVB-I può fornire la lista ed il flusso dei canali live, mentre la HbbTV integra funzionalità interattive, pubblicità mirata e servizi VoD.
In Italia, Mediaset ha avviato test DVB-I, RAI lavora principalmente sulla HbbTV evoluta e Tivùsat segue da vicino gli sviluppi di entrambe le tecnologie.
Tuttavia, la scarsa compatibilità hardware nativa col DVB-I richiederà aggiornamenti ed alleanze strategiche tra broadcaster, chipmaker e produttori di device.
Certamente entrambi gli standard offrono grandi opportunità pubblicitarie ed analitiche in ambienti regolati dal GDPR, ma pongono sfide infrastrutturali (QoS, CDN, 5G broadcast, FTTH) e normative (prominence, neutralità device, interoperabilità).
Se ancora per qualche anno il DVB-T (2?) resterà centrale, il DVB-I potrebbe consolidarsi nei contesti urbani e mobili e diventare rilevante entro il 2030, relegando DTT e HbbTV a funzioni secondarie, se il mercato IP accelererà come atteso.
Tv liquida e connessa
Nel tempo della TV connessa e liquida (contrapposta cioè al modello rigido, lineare e tendenzialmente broadcast, attraverso un palinsesto fluido, personalizzato, ubiquo e on demand), gli standard DVB-I e HbbTV convergono, secondo alcuni esperti senza sovrapporsi.
Ma è veramente così?
Tra opportunità per broadcaster e device manufacturer, sfide infrastrutturali e nuovi modelli di servizio, ecco cosa aspettarsi nei prossimi cinque anni.
DVB-I e HbbTV: definire i nuovi perimetri del broadcast
Con la digitalizzazione avanzata e l’affermarsi dei contenuti distribuiti via IP, i confini della televisione classica si stanno rapidamente dissolvendo. Due standard europei, HbbTV (Hybrid Broadcast Broadband TV) e DVB-I (Digital Video Broadcasting – Internet), giocano ruoli cruciali in questo scenario in continua evoluzione.
Nella stessa direzione
DVB-I e HbbTV si muovono nella direzione dell’integrazione tra broadcast e broadband, ma con finalità e architetture diverse. Comprendere il loro sviluppo parallelo aiuta a immaginare la televisione che verrà.
HbbTV: la porta verso l’interattività evoluta
La HbbTV si è ormai imposta come standard per l’interattività televisiva in Europa. È integrata nella maggioranza degli smart TV venduti negli ultimi anni e consente a broadcaster e ad operatori di aggiungere contenuti personalizzati via IP al segnale tradizionale DTT o satellitare.
Ambiente unico
Il telespettatore può così accedere a servizi di catch-up, replay, informazioni meteo e persino giochi, senza cambiare app o dispositivo. In Italia, poi, con l’introduzione della originale feature jump, l’utente dotato di smart tv HbbTv enabled con funzione attivata, può godere di contenuti HD senza alcuna azione manuale (cioè attraverso un passaggio automatico dal DTT SD/LD all’IP HD).
DVB-I e HbbTv: il punto di forza della seconda
Ma, allo stato, il vero punto di forza della HbbTV è la capacità di attivarsi in modo trasparente per l’utente, migliorando l’esperienza senza stravolgere le abitudini consolidate, soprattutto da un pubblico abituato all’uso del logical channel numbering (LCN), cioè l’identificazione dei canali attraverso la numerazione automatica sul telecomando.
DVB-I e HbbTv: margini di sovrapposizione
Se la HbbTV parte dal broadcast (con cui è simbiotica, non potendo funzionare senza) aggiungendo la contribuzione IP, il DVB-I nasce per l’IP, ma conserva la struttura e la logica della televisione tradizionale. Progettato per distribuire canali live (cioè lineari) via IP, il DVB-I si basa su una guida elettronica dei programmi (EPG) centralizzata, in grado di aggregare canali e servizi secondo criteri regolati, supporta lo streaming adaptive (MPEG-DASH), il parity con i canali DTT e si presta ad essere usato su smart TV, smartphone, tablet e box OTT, indipendentemente dal supporto broadcast.
Differenze sostanziali tra DVB-I e HbbTV
In breve, dal punto di vista sostanziale, i due sistemi operano, quantomeno nella funzione jump della HbbTV nello stesso modo: una volta selezionato il canale (LCN) sul telecomando, l’utente di una smart tv enabled e connessa, lo segue via IP. La differenza, sta solo nella dipendenza della HbbTV dal canale DVB-T/DVB-S cui è associata (se non è ricevile o cade la trasmissione DVB-T/S, non si avvia o cessa anche quella IP sottesa attraverso HbbTV). Viceversa, i canali DVB-I non necessitano del DVB-T/S per essere fruibili. Ma lo scotto è determinato dal fatto che oltre il 50% dell’attuale parco smart tv italiano (che ha superato quello delle tv non connesse) è HbbTV enabled, mentre sono pochissimi (insignificanti) i tv DVB-I ready. In che, oggi, riduce il DVB-I ad una mera prospettiva.
Funzioni distinte, esperienze integrate
Quindi, nonostante le finalità in parte diverse e in quota sovrapposte, DVB-I e HbbTV non si escludono. Al contrario, sono progettati per “fare squadra” in un ambiente multicanale, multi-piattaforma ed interoperabile. Mentre il DVB-I fornisce la lista dei canali live e gestisce l’avvio del flusso IP, la HbbTV può attivarsi automaticamente su quel canale per offrire il medesimo contenuto lineare DTT/S SD/LD in DTI HD oppure integrare contenuti correlati, pubblicità mirata, accesso a cataloghi VoD o servizi pubblici. Una logica modulare, dove ogni strato della catena svolge una funzione specifica.
Le sperimentazioni DVB-I e HbbTv (2024-1) in Italia di RAI e Mediaset
In Italia, le prime implementazioni di DVB-I sono state avviate da Mediaset, che ha lanciato un bouquet sperimentale di canali IP visibili da smart TV certificati. Parallelamente, la RAI sta testando l’interoperabilità avanzata HbbTV su contenuti culturali e news, sfruttando gli sviluppi della versione 2024-1. Lato proprio, la piattaforma satellitare Tivùsat sta seguendo con attenzione l’evoluzione sia del DVB-I che della HbbTV, anche se è evidente il maggiore interesse strumentale per la seconda, posto che la prima non necessita della sua mediazione, se non come fallback.
Dispositivi e aggiornabilità: chi è pronto davvero
Un punto chiave è la compatibilità dei terminali. La maggior parte degli smart TV venduti dopo il 2020 è compatibile con lo standard HbbTV 2.0.1, ma praticamente nessuno lo è nativamente col DVB-I. Questo non significa però che siano esclusi upgrade non invasivi: aggiornamenti firmware e middleware possono abilitare le funzionalità richieste. In questo senso, le alleanze tra broadcaster, costruttori di chip (come Mediatek o Broadcom) e produttori di TV saranno decisive per accelerarne la diffusione. Anche i decoder IPTV e le soluzioni middleware white-label per operatori telco giocano un ruolo importante.
Advertising, dati, servizi: le potenzialità della convergenza
Quel che è sicuro è che DVB-I e HbbTV spalancano le porte a nuovi modelli di monetizzazione e servizio. Il broadcaster (che in realtà in ambiente DVB-I è definizione sfumata) può in entrambi i casi offrire un flusso lineare via IP con inserimenti pubblicitari dinamici (addressable adv) fornendo dati in tempo reale, sondaggi o link a contenuti extra.
GDPR
Il tutto nel rispetto delle normative GDPR e con piena compatibilità con i meccanismi di parental control. L’utente resta all’interno dell’ambiente televisivo, ma con la ricchezza e la precisione dell’esperienza disintermediata dalle reti broadcast.
Reti, CDN, QoS: le sfide infrastrutturali
Un altro elemento in comune tra DVB-I e HbbTV è, ovviamente, la dipendenza totale dalla qualità della rete. Per garantire una visione senza interruzioni e con latenze minime, è necessario un ambiente di Content Delivery Network (CDN) capace di gestire grandi volumi di traffico live.
Il quadro infrastrutturale italiane
In Italia, l’accelerazione della diffusione della fibra FTTH e l’espansione del 5G broadcast potranno sostenere questa migrazione. Ma il vero salto arriverà solo quando l’intero ciclo produttivo della TV sarà concepito per l’IP nativamente e non come adattamento del legacy.
Standard e policy: serve una regia istituzionale
In questo contesto di cambiamento tecnologico, diventa fondamentale definire un quadro regolatorio armonico. Agcom e le autorità europee dovranno affrontare temi come la prominence dei canali, la neutralità delle interfacce smart, la certificazione dei dispositivi e la garanzia del servizio universale.
Rischio ecosistemi chiusi
Diversamente, il rischio è che il DVB-I venga usato da soggetti privati per costruire ecosistemi chiusi, fuori dal controllo pubblico. In tal senso, la European Broadcasting Union (EBU) spinge per una governance condivisa, con standard aperti e interoperabili.
Scenario 2030: coesistenza o sorpasso?
In conclusione, nel prossimo quinquennio assisteremo probabilmente ad una fase di coesistenza evolutiva: il DVB-T (forse T2) resterà lo standard di riferimento per l’etere, ma il DVB-I verrà adottato per completare l’offerta nei contesti urbani e in mobilità e come fallback nelle aree in digital divide. Nel contempo, la HbbTV continuerà a essere l’interfaccia preferenziale per servizi interattivi, con la prospettiva di una sinergia col DVB-I.
Probabilità
Ma se il mercato IP crescerà rapidamente, è plausibile che il DVB-I diventi lo standard dominante, relegando il DTT a funzione ridondante o d’emergenza ed emarginando la HbbTV perché dipendente dal broadcast.