Radio. Anche Mediaset contro emendamento Decreto Maxi Ristori: nel mirino oltre a conversione titoli concessori, anche possibilità di affittare frequenze

ritardi, maxi ristori

Si allarga il fronte degli oppositori degli emendamenti radiofonici al Decreto Maxi Ristori: dopo il gruppo Gedi (La Repubblica è stato il primo quotidiano a dare contro alla novella normativa) e l’associazione Aeranti-Corallo, scende in campo anche Mediaset.
Che tocca un altro emendamento previsto dal Decreto Maxi Ristori: quello relativo alla possibilità di affittare le frequenze radiofoniche.

Emendamenti in Decreto Maxi Ristori destabilizzanti per il sistema radiofonico

La scorsa settimana è passato un emendamento all’interno del decreto ristori approvato dal consiglio dei ministri. Quello che non è emerso in maniera chiara sono le due norme contenute all’interno del decreto che determinano un cambiamento epocale a discapito di tutto il sistema delle radio italiane”, spiega una nota diffusa da Tgcom 24.

Affitto frequenze dai concessionari radio. Come già avviene in ambito televisivo (operatori di rete DTT)

“All’interno del Decreto Ristori infatti sono contenuti due emendamenti che hanno nella loro somma composta un effetto deflagrante per l’intero sistema radiofonico. Con il primo emendamento è stata introdotta la possibilità di poter affittare frequenze anche se non di proprietà a terzi, vanificando gli investimenti effettuati negli anni da tutti gli operatori ed i relativiasset patrimoniali”, continua la nota del Biscione. Che, in questo caso, fa riferimento alla seconda modifica normativa, quella che consente l’affitto d’azienda radiofonica (o delle singole frequenze).

Il secondo emendamento al Decreto Maxi Ristori dispone infatti che “L’articolo 27, comma 5, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, si interpreta nel senso che per trasferimento si intende qualsiasi forma di cessione a qualunque titolo, anche temporanea in forma di affitto di azienda o del solo diritto d’uso della frequenza, in conformità alla direttiva 2009/140/CE e all’articolo 14-ter del decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 253”. Nulla di stravolgente, in realtà, in quanto si tratterebbe della normalizzazione di quanto già accade con le frequenze DTT da parte degli operatori di rete.

Il nodo della pubblicità delle (ex) comunitarie

“L’emendamento relativo alla modifica per le radio cosiddette comunitarie del tetto di raccolta pubblicitaria commerciale consentirà a queste emittenti di trasmettere più pubblicità (dal 10 al 25% orario)”, prosegue il comunicato.

Fluidità della tipologia concessoria

“Si tratta di modifiche che abbattono un sistema di norme che fino ad oggi ha regolato in maniera ordinata un mercato fatto di tantissimi soggetti anche locali oltre che nazionali. Da un lato viene moltiplicato il valore del titolo concessorio delle emittenti “comunitarie”, no profit, che possono trasformarsi in “commerciali”, e , senza investimenti, mediante il solo affitto di frequenze possono arrivare alla copertura del 60% del territorio nazionale”. Il richiamo di Mediaset è alla norma che consente la trasformazione di un titolo da comunitario a commerciale (il contrario è già consentito ma in forma irrevocabile), su cui ci siamo soffermati ieri.

Svilito il titolo delle concessioni nazionali

Dall’altro viene svilita la concessione delle altre emittenti nazionali che perderanno mercato pubblicitario e potranno accendere nuovi impianti solo mediante acquisto di frequenze a titolo oneroso previa autorizzazione da parte del ministero.
Di fatto queste due norme consentono ai giganti cosiddetti OTT (Google, Amazon, Spotify) di entrare in maniera incondizionata anche in questo mercato, con buona pace del pluralismo e di quel variegato mosaico che caratterizza il sistema della radiofonia italiana nazionale e locale”, conclude Mediaset. (E.G. per NL)

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