Radio. TAR Lazio si pronuncia nuovamente sull’annosa questione dell’inclusione (o meno) delle province in campo 69 scheda B diffusori FM

scheda B

Il TAR Lazio torna nuovamente ad occuparsi dell’annosa questione delle condizioni per l’inserimento o meno di una provincia nel campo 69 della scheda B ex DM 13/12/1984.
Circostanza particolarmente attuale perché, come noto, la presenza di una provincia nella scheda di un diffusore FM legittimamente esercito dà diritto ad un’emittente di concorrere, con il consorzio DAB cui aderisce, ai bandi per l’attribuzione dei diritti d’uso del bacino nel quale la provincia risulta indicata nel documento (la scheda tecnica del diffusore è ricompresa).

La vicenda

A seguito delle determinazioni dell’Ispettorato Territoriale Lombardia, ostative alla presa d’atto delle province effettivamente e storicamente servite da un impianto modulante dal sito di Valcava, un’emittente nazionale radiofonica era stata costretta ad attivarsi avanti il TAR per il Lazio (assistita dall’avvocato Gian Luca Barneschi), per ottenere annullamento di tale determinazione dell’organo territoriale.

Regolarizzazione del titolo

Il collegio giudicante, nonostante le difese dell’amministrazione ha riconosciuto l’illegittimità della determinazione dell’ispettorato lombardo asserendo che quanto richiesto non costituisse modifica degli impianti di radiodiffusione sonora, ma una mera correzione, finalizzata all’adeguamento della scheda tecnica alla realtà storica e fattuale “così da regolarizzare il titolo”.

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Determinazione immotivata

Il TAR ha anche evidenziato come la determinazione dell’ispettorato non fosse “motivata in modo coerente rispetto a diverse determinazioni assunte dalla P.A. in casi non dissimili”, e, per altro verso, non fosse “stato preceduto da un’attività istruttoria volta ad accertare la sussistenza dei presupposti per procedere alla correzione richiesta dalla società ricorrente”.

Dato storico

“Infatti, dalla documentazione allegata in atti – si legge nella sentenza – risulta chiaramente come in altri casi, lo stesso Ministero abbia valorizzato, ai fini dell’accoglimento dell’istanza di correzione, il mero dato “storico” della diffusione del segnale, previo svolgimento di un’apposita istruttoria, anche relativamente alla perdurante assenza di interferenze (…)”.

Cum grano salis

Si tratta, evidentemente, di una soluzione ragionevole e corretta nella misura in cui valorizza e risolve l’errore di natura tecnica correlato alla capacità effettiva di diffusione del segnale dell’impianto qualora vi sia effettiva corrispondenza con il dato storico dedotto dalla società interessata e non siano riscontrabili, nemmeno sul piano storico, situazioni di interferenza ostative.

Cambio di orientamento

La sentenza appare, quindi, significativa anche alla luce di precedenti decisioni di segno opposto. E proprio a riguardo di quest’ultime, riteniamo importante condurre una ricognizione sul previgente (e fin qui) attuale orientamento amministrativo, acquisendo il parere di un altro legale esperto della materia.

La questione amministrativa

“L’ultima (rilevante) posizione assunta sulla questione da parte del Ministero risaliva ad un parere reso nel mese di agosto 2013 dall’allora DGPGSR del Ministero dello sviluppo economico, che si era pronunciata a riguardo dell’estensibilità a casi analoghi a quello disaminato della decisione (contraria a quella qui disaminata) del TAR Veneto, a suo tempo investito della controversa problematica dell’inserimento di nuove province al campo 69 della scheda B ex DM 13/12/1984”, commenta l’avv. Stefano Cionini di MCL Avvocati Associati, law firm che gestisce in esclusiva l’Area Affari Legali di Consultmedia.

Precedente concreto

Il quale ritiene che il precedente in argomento sia “estremamente importante, soprattutto per la sua concretezza”.

Il censimento ex art. 32 L. 223/1990

“Nel merito, come noto, l’art. 32 della L. 223/1990 stabiliva che i privati che, alla data di entrata di tale legge, esercivano impianti per la radiodiffusione avrebbero potuto proseguirne l’esercizio all’ulteriore condizione che avessero reso, entro sessanta giorni, comunicazione contenente i dati e gli elementi previsti dall’art. 4 comma 1 del D.L. 807/1984, corredata dalle schede tecniche di cui al decreto del ministro delle Poste e delle telecomunicazioni datato 13/12/1984”, ricorda l’avv. Cionini.

L’onere della prova

“Tale norma gravava l’operatore dell’onere della corretta compilazione della scheda B, in quanto i documenti tecnici in parola, tra cui quelli relativi al territorio interessato dalla radiodiffusione (campo 69 scheda B), delimitavano l’ambito territoriale dell’autorizzazione – continua il legale -.

Il caso disaminato dal TAR Veneto (di segno opposto a quella odierna)

Nel caso portato all’esame del TAR Veneto (da cui il TAR Lazio si è oggi in parte discostato), era accaduto che un’emittente, rilevato un errore di compilazione delle schede originarie (nella specie, l’omissione di province utilmente servite), aveva prodotto, molti anni dopo il censimento del 1990, un’istanza di correzione relativamente al campo 69, chiedendo all’Ispettorato Territoriale competente dell’allora Ministero dello Sviluppo Economico – Dipartimento Comunicazioni, l’integrazione sul piano amministrativo dei territori di fatto illuminati dalla risorsa radioelettrica.

Inclusione della provincia

L’I.T. interessato, esperite le verifiche teoriche sulla documentazione presentate ex L. 223/1990, aveva assentito alla richiesta, autorizzando la modifica e partecipandola ai controinteressati per frequenza.

I controinteressati ritenutisi lesi

Avverso tale provvedimento era insorta un’emittente concorrente, censurando il comportamento dell’organo periferico del Ministero che, a suo dire, col proprio provvedimento aveva alterato una situazione di diritto consolidata da decenni, ampliando immotivatamente la sfera giuridica dell’istante con speculare compressione della propria”, osserva il partner Consultmedia.

La decisione del TAR Veneto

Il ricorso veniva accolto dal Tribunale adito sulla scorta di elementi considerati al tempo estremamente interessanti: “Il collegio non disconosce astrattamente la possibilità che sia ammessa la correzione di un errore materiale occorso nell’operazione di compilazione delle schede – precisavano nella sentenza i giudici amministrativi -.

Correzione errore materiale

Tuttavia la correzione dell’errore materiale, quand’anche tale errore potesse riconoscersi dal complesso della documentazione presentata in origine, doveva intervenire ad un breve lasso di tempo dall’entrata in vigore della legge 223 del 1990 perché la portata territoriale delle autorizzazioni conseguente alla compilazione delle schede esige ordine e stabilità e non consente di insinuare anche il solo sospetto che una correzione di errore materiale intervenga a distanza di un lungo lasso di tempo per mascherare un non consentito mezzo di soluzione di conflitti interferenziali tra emittenti.

Ordine e stabilità

Tale esigenza di ordine e stabilità dei rapporti giuridici sottostanti ad un’autorizzazione amministrativa e, più in generale ad un provvedimento amministrativo, è considerata in via generale dall’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990, che consente l’annullamento d’ufficio del provvedimento amministrativo illegittimo solo entro un termine ragionevole ed anche appunto dall’art. 32 della legge n. 223 del 1990 in relazione a quanto sopra precisato”, continuava il TAR Veneto.

Il decorso del tempo

Osservando che “Nel caso di specie l’istanza di correzione è stata presentata dopo oltre 20 anni dall’entrata in vigore della legge n. 223 del 1990 (…) e dunque non poteva ottenere accoglimento”.

Inattività P.A.

Del resto, spiegavano i giudici amministrativi, l’inattività della P.A. addotta dalla resistente avrebbe potuto essere contrastata con l’impugnazione delle “eventuali istanze presentate in precedenza e rimaste senza risposta” attraverso “l’avvio di azioni di tutela avverso l’inerzia della pubblica amministrazione”.

Correzione errore materiale

Conseguiva da tale ragionamento, secondo il TAR, che l’autorizzazione “alla correzione di errore di compilazione di scheda tecnica B dell’impianto di trasmissione” era “illegittima” e doveva essere “annullata in accoglimento parziale del presente ricorso”.

Il parere del Ministero

Con richiesta in data 23/07/2013, la decisione dell’organo giurisdizionale veniva portata all’attenzione delle competenti Direzioni Generali del Ministero per conoscerne l’orientamento a riguardo, tenuto conto che essa contrastava nettamente coi precedenti pareri amministrativi allora resi dalla D.G.S.C.E.R.P. (oggi D.G.D.T. – I.S.C.T.I.).

Stato di fatto

Con la missiva richiamata, l’Ufficio riscontrava l’invito ed osservava come fosse “opinione della scrivente D.G. che la correzione di errori materiali non appaia configurarsi strettamente come provvedimento amministrativo impugnabile o annullabile (non conseguendo all’applicazione delle specifiche norme sulle autorizzazioni rilasciabili ex D. Lgs. 177/2005), ma riconosca unicamente stati di fatti, venendosi così a completare la raffigurazione che, dalle schede tecniche, dovrebbe emergere di ciascun impianto”.

Stazionarietà operativa

Nel merito della problematica, l’Organo ministeriale in questione annotava altresì che “In effetti, se per l’impianto in argomento è dimostrata una stazionarietà operativa che ha sempre interessato aree comunque servite (come da istruzioni di compilazione delle schede di censimento) delle province di (omissis), non si dà luogo (con la correzione in questione) ad autorizzazioni che consentano di ampliare indiscriminatamente tali aree e, quindi, non si viene a causare alcuna lesione di diritti altrui né si danneggia l’altrui servizio”. 

Gli effetti del censimento

Il parere proseguiva poi ammonendo che il titolo di legittimità ad operare con adeguati livelli di protezione in determinate aree deriva, a ciascun impianto censito, non già dal rilascio di qualche autorizzazione amministrativa, bensì dall’aver aderito (da parte dei proprietari) alle prescrizioni dell’art. 32 della legge 223/90″.

Gioco delle interferenze

“Ed è il concorso della consistenza impiantistica in esercizio al 23.8.90, del gioco delle interferenze (allora in atto) provocate da altri impianti (vicino nello spazio ed in frequenza) e della particolare orografia del territorio a stabilire quanto quella consistenza impiantistica avesse più o meno riflesso operativo sullo spazio circostante”.

Obiettività

“Sono infatti i valori obiettivi di campo e.m. superiori ai livelli minimi ed i rapporti di protezione esistenti che stabiliscono se i punti di un’area sono serviti (e quindi tutelabili) o meno; la mancata indicazione su di una scheda tecnica (la scheda B segnatamente, ndr) dell’appartenenza di tale area ad una provincia (in quanto omessa per mero errore materiale) non autorizza, pertanto, i terzi a non riconoscerne la tutelabilità, né può condurre a sminuire le obiettive potenzialità dell’impianto”, puntualizzava la intervenuta D.G.

Determinazioni (illo tempore)

Alla luce sia delle determinazioni assunte a suo tempo dal Ministero, che sulla scorta del citante innovativo precedente giurisprudenziale, può concludersi indubbiamente per un favor riconosciuto da più parti alla tutela di situazioni di fatto protrattesi senza soluzione di continuità per ampi lassi temporali e la cui legittimazione derivi da un valido titolo rilasciato dai competenti Organi ministeriali.

Formalismo

E ciò piuttosto che il formalismo troppo spesso messo a fondamento di irragionevoli decisioni assunte dall’Amministrazione.

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