Un’indagine condotta dalla statunitense Futuri Media, tech farm texana (Austin) che sviluppa sistemi di I.A. per il broadcast, rivela un dato inquietante: l’intelligenza artificiale generativa, ormai usata nei processi di media planning, tende a escludere sistematicamente la radio dai budget e, in misura minore, la TV dai piani di comunicazione pubblicitaria.
Ma la colpa, ancora una volta è degli editori stessi. Vediamo perché.
Sintesi
Una ricerca dell’americana broadcast tech farm Futuri Media ha evidenziato che l’intelligenza artificiale generativa, oggi impiegata nei processi di media planning pubblicitario, sta sistematicamente escludendo radio e TV dai piani media.
Il fenomeno è dovuto all’assenza di dati strutturati sulle performance radiofoniche, accessibili attraverso fonti qualificate agli LLM (Large Language Model), che non riescono a “vedere” le performance delle campagne broadcast da parte di fonti autorevoli (di norma la stampa specializzata), generando così una cancellazione algoritmica silenziosa.
Analizzando oltre 20.000 media plan simulati con GPT-4o, Claude 3 e altri modelli, Futuri Media ha accertato che la radio è presente solo nel 3% dei casi, la TV nel 7%, mentre le piattaforme digitali (YouTube, TikTok, social, search) dominano.
La soluzione, da attuare urgentemente, è una strategia A.I. ready per il settore broadcast (che – non è una novità – comunica da sempre poco e male, chiuso com’è in una folle ed insistente autoreferenzialità), basata sulla produzione e pubblicazione su testate di settore ottimizzate SEO di case study strutturati per i LLM, la creazione di database pubblici e una comunicazione digitale più leggibile per gli algoritmi.
La posta in gioco è alta: senza visibilità algoritmica, i media tradizionali rischiano di sparire dai radar degli investimenti pubblicitari.
Assenza di dati determinano scomparsa dai radar della I.A.
Il motivo? L’assenza di dati digitali organizzati, ospitati su fonti considerate (dalla I.A.) autorevoli e qualificate, con la conseguente impossibilità per gli LLM (acronimo di Large Language Model, tecnologia avanzata incentrata sulla comprensione e sull’analisi di un testo) di leggere i successi delle campagne tradizionali.
Rischio cancellazione algoritmica
Il rischio per l’intero comparto è una cancellazione “algoritmica” silenziosa ma progressiva, che sta gi ui à producendo effetti tangibili sui ricavi di broadcaster locali e nazionali.
I.A. nel media planning: la nuova regola è “se l’algoritmo non ti vede, non esisti”
L’industria dell’advertising sta vivendo un passaggio epocale: il media planning è sempre più affidato a strumenti supportati da intelligenza artificiale generativa.
Questi tool – integrati in piattaforme come Google Performance Max, Meta Advantage+, StackAdapt, Omni Assist ed altri – usano modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM) per suggerire, automatizzare e ottimizzare la distribuzione dei budget pubblicitari.
Lo studio di Futuri Media
Fin qui, nulla di non già noto. Ma i risultati di uno studio pubblicato da Futuri Media, tech company americana specializzata in media intelligence, sollevano forti preoccupazioni: l’I.A. sta sistematicamente cancellando radio e TV dai media plan, favorendo in modo sproporzionato il digitale ed, in particolare, le piattaforme big tech.
20.000 piani analizzati, radio quasi assente
Nel dettaglio, Futuri Media ha chiesto ad otto dei principali LLM (tra cui GPT-4o, Gemini 1.5 Pro, Claude 3 Opus e Grok di xAI) di generare circa 20.000 piani media simulati, utilizzando brief pubblicitari tipici. I risultati sono stati sorprendenti: la Radio presente solo nel 3% dei casi, con una quota media inferiore al 5% del budget; la TV lineare inserita nel 7% dei casi, con un peso medio di circa il 12% sui budget; video online (YouTube, TikTok, CTV, OTT) proposto in oltre l’80% dei piani, con una media di 19% di budget allocato; il display digitale, social, search onnipresente, con tassi di inserimento vicini al 100%.
L’I.A. consiglia di investire sui suoi creatori
In pratica, quando l’I.A. è lasciata libera di decidere, radio e TV non compaiono quasi mai nelle sue pianificazioni. E ciò avviene in assenza di input espliciti, cioè quando nessuno dice all’algoritmo “considera anche la radio”.
Perché l’I.A. ignora radio e TV? Tre ragioni principali
La prima causa del fenomeno è l’assenza di dati (online) o la presenza di dati scarsamente strutturati. In pratica, si parla troppo poco delle performance della pubblicità radiofonica e se lo si fa, i dati non compaiono su siti considerati (dalla I.A.) fonti autorevoli.
Assenza di sufficiente esposizione sul web (che i LLM scandagliano in tempo reale)
Gli LLM apprendono da contenuti pubblici in rete; tuttavia, mentre il digitale è costantemente documentato tramite post, report, landing page, grafici e KPI (Key Performance Indicator), le campagne broadcast raramente lasciano tracce visibili sul web. Non ci sono metriche leggibili da bot, né report comparabili.
ROI broadcast poco quantificabile
Mentre le piattaforme digitali mostrano CTR (Click-Through Rate, metrica che indica il rapporto tra il numero di click su un annuncio, un link o un contenuto web e il numero di volte in cui tale elemento è stato visualizzato, cioè ha determinato impressioni), conversioni, CPA (Cost Per Acquisition, indicatore del costo medio sostenuto per ottenere una conversione specifica, come una vendita, un lead, un download, tramite una campagna pubblicitaria) in tempo reale, le evidenze di efficacia della radio e TV sono più complesse e meno immediate.
Gli spider dei LLM non vedono Radio e Tv
E anche quando esistono, non sono veicolate in modo A.I. friendly. In altri termini, sono oscurati agli spider web dell’intelligenza artificiale.
Bias formativo nei modelli
Perché accade?
Gli LLM sono formati su contenuti pubblici e nei media mainstream online (es. riviste di marketing, whitepaper, LinkedIn) le case history digitali sono la stragrande maggioranza. Risultato: l’I.A. si convince che (solo) il digitale funziona, mentre il resto è residuale.
Il rischio concreto: una cancellazione “algoritmica” dal mercato
Futuri Media definisce questo fenomeno “algorithmic erasure“, cioè una cancellazione progressiva, ma silenziosa operata dagli algoritmi utilizzati dall’intelligenza artificiale. Se l’I.A. non “vede” radio e TV, gli inserzionisti non li considerano, perché si fidano sempre più spesso delle scelte automatiche.
Cali anche del 35% sui ricavi annuali dei broadcaster
E i primi effetti si vedono: broadcaster americani riportano cali anche del 35% sui ricavi pubblicitari annuali, attribuibili alla riduzione del traffico da parte delle agenzie media che seguono le raccomandazioni degli strumenti I.A.
Il paradosso: non per cattiva volontà, ma per invisibilità digitale
In definitiva, l’esclusione di radio e TV non è frutto di un bias umano o da una oggettiva insoddisfacente prestazione dei due mezzi, quanto dalla mancanza di dati fruibili per l’I.A. Gli strumenti non “odiano” il broadcast: semplicemente non riescono a leggerlo.
Oscurare i propri successi
Se una campagna radiofonica ha funzionato, ma nessuno ha pubblicato un case study digitale con ROI (Return on Investment, indicatore finanziario che misura la redditività di un investimento, esprimendo il rapporto tra il guadagno/perdita generato e il capitale investito) e benchmark (termine di paragone per misurare rischio/rendimento di un investimento), per l’algoritmo è come se non fosse mai esistita.
Come reagire: la strategia A.I. ready per il broadcast
E proprio partendo da queste considerazioni Futuri Media ha elaborato una roadmap concreta per contrastare questa deriva.
Creare case study ottimizzati per I.A.
Nella stessa si legge come, anzitutto, serva una nuova generazione di case study digitali, indicizzati, numerici, sintetici, ospitati su siti ottimizzati SEO (di norma le testate giornalistiche specializzate, dove la contribuzione contenutistica dei broadcaster è a dir poco irrilevante).
Oltre i soliti pdf e le slide
Non più file PDF interni o slide condivise tra addetti ai lavori, centri media, clienti, ma contributi scientifici di elevata affidabilità, inseriti in circuiti informativi, riconosciuti ed autorevoli.
Educare agenzie e inserzionisti
Occorre istruire i buyer media affinché chiedano all’I.A. esplicitamente di valutare anche radio e TV, altrimenti non verranno incluse, non rilevandone traccia.
Integrare database broadcast nei sistemi I.A.
Le istituzioni del settore (come NAB, EBU, o, in Italia, Confindustria Radio TV) dovrebbero creare e diffondere (non certo con circolari interne, ma con contributi che possano formare articoli referenziati) repository pubblici ed API da cui i modelli possono attingere ed apprendere.
Comunicare in modo compatibile con gli LLM
Titoli chiari, KPI ben esposti, struttura bullet point: il modo in cui si scrive determina se un contenuto viene “digerito” da un LLM o ignorato.
La posta in gioco: non sparire dai radar dell’advertising
L’industria della radio e della televisione deve affrontare una nuova minaccia, meno visibile ma potenzialmente più insidiosa della concorrenza delle OTT: la marginalizzazione algoritmica.
Il rischio della illeggibilità
In un’epoca in cui il media planning è sempre più automatizzato, non essere “leggibili” equivale ad non esistere.
Rendersi intellegibili alla I.A.
Futuri Media lancia un messaggio urgente all’intero comparto: il futuro dell’advertising si gioca anche sulla capacità dei media tradizionali di rendersi intelligibili per l’intelligenza artificiale. (G.M. per NL)