Le gride manzoniane del DTT

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Complimenti. Scontentare tutti in un solo colpo è cosa da elite delle politiche di governo. Il M5S pare però essere riuscito nell’opera “gridando”, manzoniamente parlando, un emendamento alla legge di Bilancio 2019 che, se approvato, potrebbe affossare definitivamente il comparto televisivo locale, bloccare il DAB+ fino al 2022 ed azzoppare pesantemente i superplayer del DTT. Vediamo come i pentastellati ce l’hanno messa tutta per complicare più di quanto già non lo fosse il difficile passaggio della banda 700 MHz alle telco e contestualmente la tv al T2.
L’emendamento, anzitutto, accogliendo i suggerimenti dei grandi dell’etere terrestre e dell’Agcom, si propone di cancellare un antico baluardo normativo delle tv locali: la riserva a loro favore di 1/3 delle risorse frequenziali televisive (all’alba della legge Mammì l’occupazione era inversa, NB). La motivazione della cancellazione della norma di salvaguardia è che le televisioni areali già oggi non sfruttano le risorse a disposizione, mentre le nazionali necessitano di ulteriori frequenze per mantenere l’offerta attuale stante la riduzione dei canali disponibili.

In questo nuovo scenario, le 14 frequenze a disposizione della tv dopo la cernita delle telco per il 5G sarebbero ridistribuite tra nazionali e locali con un rapporto 12 a 2 (oggi è 10:4).
Ma c’è di peggio: i fornitori di contenuti locali sarebbero anche privati dell’opportunità di essere trasportati sul mux regionale RAI, che sarebbe destinato solo ad un uso interno alla concessionaria pubblica e per di più attivo su pregiate frequenze UHF in luogo della ormai inadatta (per sopravvenuta scomparsa dai tetti delle antenne riceventi dal 2010 in poi) VHF, la quale sarebbe ripartita tra tv locali e la radio, in questo caso per lo sviluppo del DAB+, bloccato da anni per penuria di risorse radioelettriche. Così, sempre in un colpo solo, si anticipa la destinazione di un mux praticamente inutile alle tv locali (pertanto ulteriormente danneggiate) e si blocca fino al 2022 il DAB+, considerato che finché non sarà chiara la ridistribuzione della banda VHF evidentemente non si potrà pianificare la radio digitale nei bacini ove non è presente e rafforzarla dove già c’è.

Infine, la banda di Di Maio riesce nel difficile compito di scontentare anche gli apparenti vincitori, i player nazionali, posto che prevede l’assegnazione ad essi delle due frequenze scippate alle locali attraverso un’asta onerosa senza rilancio (in pratica viene premiato chi dall’inizio propone l’offerta più alta). Un regalo degno di quello degli Achei ai Troiani, considerato che le nazionali non solo dovranno sostenere in proprio i pesanti costi degli avvicendamenti frequenziali dalla banda 700 MHz a quelle inferiori, ma anche entrare in competizione tra loro per conseguire lo sfruttamento dei due canali in più.
Però a pensarci bene l’emendamento dei gimme five qualcuno accontenta: quegli OTT che si sono sempre prefissati di combattere. Già, perché un DTT presidiato da soggetti indeboliti favorisce prima di tutti Netflix ed Amazon…

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