Radio. Dopo 50 anni di avvicinamenti ed allontanamenti si consolidano a livello europeo le sinergie tra l’editoria stampata e i broadcaster

Times Radio, sinergie

Oggi sembra quasi impossibile fare una radio parlata senza shock jocks, quei conduttori che intrattengono gli ascoltatori cercando di attirare l’attenzione usando l’umorismo e/o l’esagerazione melodrammatica che può offendere una parte del pubblico che ascolta.
Ma è veramente così?
Partendo dalle rinnovate sinergie in essere tra gruppi editoriali storici di derivazione parlata, abbiamo voluto fare il punto dell’evoluzione della radio di contenuto non solo musicale.

Sintesi

E’ il momento giusto: la convergenza multimediale (o, se si preferisce, l’ibridazione dei media) di tanti strumenti atti ad erogare informazione da sorgenti differenti, facilitata dal digitale nelle sue tante espressioni, sta portando la radio a convolare a giuste nozze con l’editoria derivata dalla carta stampata, dopo 50 anni di fidanzamenti, abbandoni e riappacificazioni.
Ecco cosa sta succedendo un po’ ovunque in Europa.

Gli anni ’70

Le comunioni d’intenti tra editoria della carta stampata e broadcaster non sono certo una novità. Anzi, agli albori dei movimenti che hanno condotto in Italia, come in Francia, Spagna e molti altri paesi europei, alla caduta dei monopoli statali per la trasmissione radiofonica, gli editori della carta stampata furono tra i primi ad intuire l’opportunità di sinergie editoriali od economie di scala.
Solo che i tempi non erano maturi: o, meglio, non erano allineati i rispettivi mercati.

Vasi (poco) comunicanti

Da una parte si aveva un comparto, quello dell’editoria cartacea, che da decenni aveva raggiunto un consolidamento di mercato (assetto concorrenziale, mercato pubblicitario, tirature); dall’altra si aveva un settore agli esordi, che operava ancora in forma tollerata dalle istituzioni, sulla base di pronunce giurisprudenziali, in attesa di leggi organiche di settore.

Dall’Italia per far crollare i monopoli radiofonici francesi e svizzeri

Abbastanza scontato, quindi, che da editori importanti nacquero iniziative spesso dirompenti. Pensiamo ai casi estremi di Radio Mont Blanc dalla Val d’Aosta e di Radio K da Sanremo, che, con capitali francesi (Carrefour, Publicis) sostenuti dalla stampa d’Oltralpe (La Messager e La Suisse, per Radio Mont Blanc; Libération e il Matin de Paris, per Radio K),  minavano alla base il monopolio radiofonico francese; o all’elvetica Radio 24, che, con un potentissimo trasmettitore da Pizzo Groppera, a Madesimo (Sondrio), e studi a Cernobbio (Como), contribuì a far crollare quello svizzero con un seguito pazzesco a Zurigo (a 300 km di distanza).

Casi eclatanti…

Ma anche, seppure a livelli inferiori di impatto socio-mediatico-giuridico, alle primordiali sinergie tra Il Giornale di Indro Montanelli, pronto (si dice) ad entrare nel capitale della milanese Radio Montestella, oppure a quelle del Paese Sera con la schierata romana Radio Città Futura o anche a quelle de Il Manifesto con Radio Popolare di Milano, de Il Mattino di Padova con Radio Sherwood o di Lotta Continua con Radio Alice di Bologna.

… che però non funzionarono

Che però, pur dotate di propositi interessanti, non trovarono concreta attuazione.

Monrif

La stessa Gamma Radio, espressione del gruppo Monrif  (contrazione dei nomi della famiglia Monti Riffeser, socia di riferimento) dal 1976, non trovò mai un pieno sfruttamento delle sinergie possibili coi quotidiani Il Resto del Carlino e La Nazione.

Dopo la Mammì

Le cose cambiarono quando anche il sistema radiofonico italiano trovò una regolamentazione, successiva all’approvazione della Legge Mammì (la L. 223/1990).

I grandi gruppi entrano in gioco

Negli anni ’90 si consolidarono infatti avvicendamenti nelle proprietà di emittenti del livello di Radio DeeJay, Radio Capital, m20 (confluite nel gruppo L’Espresso, poi GEDI), Radio 24 (Il Sole 24 Ore), Play Radio (RCS Corriere della Sera, che poi conferì l’emittente nel gruppo Finelco, editore di Radio 105 e RMC per creare Virgin Radio, oggi complesso radiofonico in capo al gruppo Mediaset), Radio 19 (espressione de Il Secolo XIX, dell’editore Perrone, ora di proprietà del gruppo GEDI), R101 (acquisita negli anni 2000 dalla Mondadori, dopo le vicende giudiziarie del fondatore Angelo Borra), ma anche Caltagirone Editore (editore de Il Messaggero e Il Mattino).

In Europa

L’interesse per la radio da parte dei gruppi editoriali ha trovato recente conferma in iniziative all news francesi come Radio Figaro (ovvia espressione del quotidiano Le Figaro), BFM Radio (versione radiofonica della tv omonima), RE News (Replay news, stazione con formato di notiziari a rullo ripetuti ogni 12 minuti) e WRP News (all news francese ma in lingua inglese).

Gli storici intrecci

Iniziative che si integrano a quelle storiche, di cui esempi sono la lussemburghese RTL (Radio Télévision Luxembourg) di proprietà del Bertelsmann, conglomerato mediatico tedesco che possiede anche Gruner+Jahr (editore dei noti magazine Stern e Brigitte), Europe 1 di proprietà del Gruppo Lagardère (che pubblica riviste come Paris Match e Journal du Dimanche) e le numerose emittenti radio del gruppo mediatico tedesco Bauer Media, editore di numerose testate cartacee e online.

Times Radio

Tuttavia, per capire cosa è cambiato nell’ambiente editoriale, vediamo il caso specifico che, il 29 giugno 2020, ha visto nascere nel Regno Unito Times Radio, voce dell’omonimo quotidiano e proprietà di Rupert Murdoch tramite News UK, proprio come il quotidiano fondato ormai 240 anni fa. Iniziativa che riteniamo rappresentativa del trend in corso.

L’idea alla base

L’idea alla base di Times Radio, come ha avuto modo di spiegare al tempo a Newslinet Tim Level, program director, “è di rimanere pertinenti e raggiungere quante più persone possibile; allontanarsi dalla sola carta stampata ed espandersi in altre forme di media e non solo nel sito web, cosa che tutti stanno facendo. Molti hanno podcast, ma quanti gestiscono una stazione 24 ore su 24?

La Radio che promuove il quotidiano

Il modello di business è avere notizie e programmi di qualità che incoraggino gli ascoltatori a diventare abbonati digitali a The Times. Il budget per la radio è pagato dal Times e la radio funge da finestra sul respiro e sulla qualità del quotidiano.

Un investimento strategico

Cerchiamo di aumentare la portata e l’attrattiva del giornale in un momento in cui la tiratura cartacea sta diminuendo.

Anziani e giovani

E inoltre solo le persone più anziane tendono a comprare i giornali: i più giovani sono piuttosto nel digitale e sono aperti agli abbonamenti (digitali).

Promozione incrociata

Quindi, su Times Radio abbiamo giornalisti, editorialisti del Times come presentatori e/o ospiti, e diciamo sempre qualcosa del tipo: “Se vuoi saperne di più, puoi leggerlo su The Times o trovarlo sul nostro sito web: ed ecco come sottoscrivere un abbonamento”.

L’ecosistema di The Times

Mi piace pensare che esiste un ecosistema del Times: se ti piace The Times, puoi consumarlo come giornale, come podcast e come radio. L’idea è che un marchio di notizie con molte piattaforme le renda tutte più avvincenti.

Live

Times Radio è una stazione radio di notizie in diretta: ma non siamo un canale di notizie a rotazione, dove i notiziari vengono continuamente ripetuti.

Shock Jocks

E non abbiamo nessuno di quelli che potresti chiamare shock jocks, un’emittente radiofonica o un DJ che intrattiene gli ascoltatori e attira l’attenzione usando l’umorismo e/o l’esagerazione melodrammatica che può offendere una parte del pubblico che ascolta.

La mia radio è differente

Non siamo provocatori. La gente non grida qui. Invece, il nostro obiettivo è avere presentatori simpatici, calorosi e amichevoli che sappiano di notizie e poi parlino, discutano argomenti di attualità in modo ponderato e aperto. Non si tratta di creare divisioni, come è successo con la Brexit. Gran parte dei mezzi d’informazione erano polemici, divisivi.

Costruttivo e intelligente

Ma a molte persone quello stile non è piaciuto, volevano capire i problemi in modo ponderato, costruttivo, informale e moderno. E, lasciami aggiungere, è anche importante che i presentatori siano delle personalità.

Drive time

Uno dei nostri presentatori è John Pienaar, un tempo uno dei principali presentatori politici della BBC. Le persone sanno chi è, quindi pensano “accendiamo la radio e ascoltiamo quello che ha da dire”.

Mariella

Lo stesso per Mariella Frostrup. L’idea è di avere conduttori caldi e amichevoli che siano intelligenti. Intelligenti ma anche spiritosi e che possano parlare delle notizie in modo simpatico.

Segmenti di tre ore

La maggior parte dei conduttori sono in onda per tre ore. C’è un team che lavora su ogni segmento di tre ore, di solito un team di quattro persone. Cercano gli argomenti, trovano gli ospiti, preparano gli script.

Coinvolgimento

Ma i presentatori sono coinvolti in prima persona in questo processo: arrivano circa cinque ore prima della messa in onda per discutere gli argomenti. Uno dei nostri slogan è “conversazione, non confronto” (conversation, not confrontation). E alle persone piace molto.

Intelligenza e apertura

Il Times è il giornale più famoso del Regno Unito, è il riferimento a cui va la gente. E hanno anche una visione costruttiva nel loro modo di raccontare il mondo: questo stile lo abbiamo dunque preso da The Times. Poi è stato anche il mio collega Stig Abell che ha contribuito a creare l’ethos della stazione.

Punti di vista

Al Times piace avere una gamma di punti di vista, vogliamo sentire cosa pensano le persone intelligenti del mondo. Sì, ci sono altre stazioni dedicate alle news: alcune sono più dirette, altre più conflittuali, ma nessun’altra stazione è uguale alla nostra”.

Feedback

A dicembre 2023 l’indagine ufficiale sull’ascolto radiofonico UK RAJAR, attributiva a Times Radio 492,000 ascoltatori. (M.R. per NL)

 

 

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