Radio. Editori locali: così l’indagine d’ascolto non va bene, ma occorre fare di necessità virtù

editori locali, Emilio Pappagallo, Carlo Bonarrigo

Pappagallo (Radio Rock): “Soffrono emittenti generaliste con formati aperti e contenuti neutri. La Radio è data per scontata, ma performa meglio di altri.
Nostro è settore frammentato che non è riuscito a realizzare un’idea compatta per indagine d’ascolto.
Non ha senso elaborare strategie per editori locali su dati TER: il margine d’errore è indiscutibilmente elevato e non consente analisi indiscutibili.
Chi critica invito ad ascoltatori a rispondere a sondaggi si sofferma sul dito piuttosto che sulla luna.
Lo sviluppo del DAB+ in aree non precedentemente coperte ha spinto lo streaming.
Bonarrigo (RTR99): Ripresa dietro l’angolo. La vendita non si deve basare solo su numeri ma sulle peculiarità delle singole radio.
La Radio dovrebbe stare al centro, invece è parente povero. Forse dipende da noi editori.
Chi è contento di certi numeri non ha interesse a cambiare le cose, ma alla lunga ciò penalizzerà il mezzo.
Davvero si fa fatica a pensare di essere giudicati da un sondaggio telefonico. Trovo svilente elaborare strategie su riscontri acquisiti in questo modo.
Il settore deve fuggire da chi pontifica. Deve avvicinarsi a chi vuole costruire e migliorare.

Emilio Pappagallo 2 - Radio. Editori locali: così l'indagine d'ascolto non va bene, ma occorre fare di necessità virtù
Emilio Pappagallo (Radio Rock)

L’intervista doppia a due importanti editori romani

Abbiamo deciso di intervistare, contemporaneamente, due importanti editori romani – Emilio Pappagallo di Radio Rock e Carlo Bonarrigo di RTR99 – a riguardo dello stato della radiofonia locale (connotazione che in realtà ormai va stretta, al punto che sarebbe preferibile definirla “non nazionale”), in particolare su temi incandescenti come la raccolta pubblicitaria, le indagini sull’ascolto attraverso il primitivo metodo CATI, lo sviluppo di vettori digitali (DAB+, streaming, DTT) al cospetto della distribuzione analogica (FM).

Soffrono soprattutto gli editori locali di radio generaliste con formati aperti e contenuti neutri

(Newslinet) – Come sta andando la radiofonia dal punto di vista degli ascolti e della raccolta pubblicitaria?
(Emilio Pappagallo) – Se parliamo di ascolti in generale sicuramente siamo reduci da un periodo – quello pandemico – particolarmente sfortunato e penalizzante per quasi tutti ed anche ora che faticosamente ne siamo usciti l’idea è che il mezzo radio sia stato parzialmente ridimensionato, soprattutto a causa dell’avanzare delle nuove tecnologie.

Come per la tv, la specializzazione paga

L’impressione è che – come avvenuto anni fa già per le TV – a soffrire particolarmente siano le emittenti generaliste, che propongono formati più “aperti” e contenuti più “neutri”. Per quanto riguarda invece Radio Rock, dopo il periodo Covid gli ascolti sono tornati a salire, e tanto, dandoci ottimi riscontri anche dall’ascolto IP e dalle aree ora coperte dal DAB+.

Ritorno della raccolta ai valori precedenti

La raccolta pubblicitaria è anch’essa tornata su livelli pressoché simili al periodo pre-pandemico, l’impressione semmai è che si debba “faticare” molto più che in passato per realizzare gli stessi fatturati, rendendosi peraltro necessario offrire al cliente una proposta sempre più stratificata e competitiva.

Carlo Bonarrigo 2 - Radio. Editori locali: così l'indagine d'ascolto non va bene, ma occorre fare di necessità virtù
Carlo Bonarrigo, RTR 99

La vendita non dovrebbe basarsi solo sui numeri ma anche sulle peculiarità

(Carlo Bonarrigo) – La radio (come mezzo) non muore mai. Negli anni e nel tempo vive i suoi momenti di alti e bassi. Questo periodo credo sia un po’ complesso perché si sono inserite delle variabili che hanno rallentato un po’ il miglioramento degli ascolti e soprattutto la raccolta pubblicitaria in modo particolare sui clienti medi.

Ripresa dietro l’angolo. Forse

Mi auguro sia una fase temporanea scaturita dalle problematiche che ben conosciamo. La ripresa potrebbe essere dietro l’angolo. Ritengo comunque che la vendita non dovrebbe basarsi solo sui numeri ma anche sulle peculiarità delle varie programmazioni.

Dati per scontati, ma non scontati

(NL) – In Italia, da sempre, gli investimenti pubblicitari non sono paragonabili a quelli degli altri paesi europei. Perché?
(E.P.) – Dal mio punto di vista questo dato è il riflesso automatico di un settore di grandi professionalità e qualità ma incredibilmente (considerando anche i confronti con i relativi comparti di altri paesi) poco considerato dalla politica e dalle istituzioni in genere, un settore dato quasi per scontato e che performa incredibilmente meglio di altri mezzi che godono di decisamente migliore attenzione ed interesse.

Facciamoci delle domande, noi editori

(C.B.) – In Italia la radio come mezzo paga la difficoltà di essere indietro e di non avere mai anche dalla politica la giusta considerazione. Dovrebbe essere messa più “al centro” invece sembra sempre il parente povero. Secondo me è sbagliatissimo. Forse dipende anche da noi editori. Qualche domanda in più in merito me la farei, anche con spirito critico. Perché errori ne sono stati fatti.

Resistenze ai cambiamenti degli editori

(NL) – Parliamo di indagini d’ascolto. Nella maggior parte dei paesi il metodo CATI è stato sostituito dalla rilevazione elettronica. Perché da noi ci sono ancora così tante resistenze (da parte degli editori)?
(E.P.) – Credo che il problema risieda purtroppo nella frammentazione del settore che finora non è riuscito (e dove ha tentato ha fallito miseramente) nemmeno con l’ausilio delle associazioni di categoria a proporre e mettere in pratica un’idea chiara e compatta per rivoluzionare l’indagine, abbandonando un modello desueto, anacronistico e per certi versi addirittura anti-scientifico come il metodo CATI per come è applicato, che “sequestra” l’utente con un questionario lungo e incomprensibile per i non addetti ai lavori.

Chi è contento di certi numeri non ha interesse a cambiare le cose, ma questo alla lunga penalizzerà ancora di più il mezzo

(C.B.) – La risposta si ricollega per forza a ciò che ho dichiarato prima. Se “la radio” fosse più a centrale ci sarebbero necessità diverse. Invece alla fine chi è contento di certi numeri non ha interesse a cambiare le cose, ma questo alla lunga penalizzerà ancora di più il mezzo e l’indagine diverrà sempre più obsoleta. Ma ogni anno è uguale all’altro con il particolare che tutto diventerà sempre meno credibile.

Costruire strategie su dati insufficienti non ha senso

(NL) – C’è chi sulla base di questi dati suggerisce strategie elaborando teorie. Oggettivamente, ha senso farlo sulla base di esiti di rilevazione che, data la loro genericità, possono essere solo indicativi, soprattutto per gli editori locali?
(E.P.) – Ha poco senso, soprattutto per noi editori locali, perché è chiaro che laddove il numero è più basso (e parlo anche, come nel nostro caso, di importanti radio locali, tra le prime nei rispettivi bacini, con ascolti oltre i 100.000 giornalieri), il margine d’errore è indiscutibilmente elevato e non consente analisi definitive ed indiscutibili ma fornisce, tuttalpiù, giusto qualche spunto di riflessione.

Rilevati sono macro movimenti

Peraltro il ritardo – a differenza del modello Auditel – con il quale vengono rilasciati i dati rispetto alle scadenze per così dire di palinsesto, rendono spesso le valutazioni difficili da utilizzare nel concreto, laddove sarebbe invece molto utile poterlo fare, con l’unica verifica possibile quella di quei “macro movimenti” diciamo così, che balzano all’occhio ad un’analisi immediata.

Trovo svilente elaborare strategie su riscontri acquisiti in questo modo

(C.B.) – Una radio deve basarsi su qualcosa. Noi ad esempio siamo molto penalizzati da queste indagini, ma se vuoi essere nel mercato devi partecipare. Ma davvero si fa fatica a pensare di essere giudicati da un mero sondaggio telefonico dove l’operatore costringe al telefono i partecipanti per troppo tempo. Trovo svilente elaborare strategie su riscontri acquisiti in questo modo. Noi andiamo dritti per la nostra strada e in questa stagione con ancora più forza.

Crediamo in noi, non ai numeri altalenanti

Crediamo in noi e meno a questi numeri a volte sono davvero troppo altalenanti per essere credibili. E poi c’è il “limite di età”, molti nostri ascoltatori vengono contattati e poi – una volta appurato che si tratta di over 60 – viene detto loro che non interessano ai fini statistici. Un danno enorme per una radio come la nostra rivolta a un pubblico adulto: un danno incalcolabile, ingiustificabile.

Inviti alle risposte ai sondaggi

(NL) – Di necessità virtù, le radio invitano gli ascoltatori a dichiarare la radio preferita in caso di sondaggi. Qualcuno aborre tale pratica…
(E.P.) – Con tutto il rispetto, credo che chi critica questa pratica di “invito” all’aiuto da parte degli ascoltatori si soffermi sul dito piuttosto che sulla luna. Trovo che chiedere attenzione da parte degli ascoltatori rispetto ad un’indagine che si configura per l’utenza come una delle tante chiamate indesiderate da call center, chiedere e ringraziare preventivamente i propri ascoltatori per la pazienza che dovranno dimostrare nel seguire un sondaggio lungo e noioso, sia uno strumento di difesa.

Giusto che gli editori locali informino il pubblico della presenza delle ricerche

Credo che sia giustissimo che un’emittente informi il suo pubblico della presenza di queste telefonate, dell’importanza che ricoprono per il comparto e – quindi – per la stessa emittente che ne parla e che chiede – altrettanto giustamente – ad ascoltatori che in quel momento la stanno seguendo di indicare l’importanza ai propri fan di indicarlo se contattati da Ter.

Una radio sa come rivolgersi al suo pubblico

(C.B.) – Ho letto che addirittura qualcuno dice che questa pratica è “fraudolenta”. Io rivendico il fatto che una radio oberata di spese e costi vari debba rivolgersi al suo pubblico come meglio crede e debba tentare di ottenere i migliori risultati.

Il settore deve fuggire da chi pontifica. Deve avvicinarsi a chi vuole costruire e migliorare

Non possono esistere ingerenze da chi casomai non vive la realtà e il mood di una radio nello specifico. E’ una lotta ogni giorno e dire quello che si può dire e non dire è follia. Ritengo che sia anche pericoloso perché poi un domani cos’altro non si potrà dire? Insomma il settore deve fuggire da chi pontifica. Deve avvicinarsi a chi vuole costruire e migliorare.

Sul DAB+ riceviamo costantemente feedback da nuovi ascoltatori da tutte le aree collegate e vediamo segnali che indicano una crescita netta per il futuro

(NL) – Sono state pubblicate le Linee guida per le procedure DAB+: si entra nel vivo. L’attuale riscontro che avete?
(E.P.) – Siamo ormai presenti in DAB+ da alcuni mesi in molti dei più importanti capoluoghi italiani. Come accennavo il DAB+ è ancora poco percepito e compreso dalla popolazione generale, che ci finisce quasi per caso. Tuttavia, anche se l’ascolto in DAB+ in percentuale sul totale è ancora piuttosto basso, ho avuto modo di riscontrare un movimento molto interessante di ascoltatori nelle varie regioni (in particolar modo nell’area di Milano), che progressivamente (la radio è uno dei mezzi più “lenti” che esistano ma è anche quello che fidelizza di più alla lunga) si stanno avvicinando a Radio Rock e che hanno trascinato in alto anche i numeri (già buoni) dello streaming. Riceviamo costantemente feedback da nuovi ascoltatori da tutte le aree collegate e vediamo segnali che indicano una crescita netta per il futuro. Con la speranza che il mercato pubblicitario assecondi presto questi investimenti…

Siamo ancora troppo indietro sul DAB+

(C.B.) – Ritengo che sul DAB+ ad oggi non si possa dare un giudizio. Ovviamente parlo della nostra dimensione, quella di RTR 99. Ascolto non giovanissimo che fatica ad affiancarsi alle nuove tecnologie. Il giudizio quindi mio al momento è sospeso. Se si vorrà davvero far avanzare questa tecnologia dovranno migliorare pesantemente i segnali e renderli fruibili anche nell’indoor. Una diffusione capillare che al momento è lontanissima anche nei centri storici delle città. Il settore è indietro e anche qui la burocrazia ha rallentato questo processo. Paradossalmente noi siamo molto performanti in Umbria, con un segnale potente e capillare. Per Roma siamo comunque entrati a far parte di CR-DAB, con grande soddisfazione, migliorando di gran lunga la copertura in città e in provincia. Nei prossimi mesi speriamo di accelerare tutti i processi.

Il DAB+ spinge … lo streaming 

(NL) – …e dallo streaming?
(E.P.) – Anche qui mi ripeto nel dire che i numeri dell’ascolto IP sono cresciuti moltissimo negli ultimi mesi (in sessioni, utenti unici ed ore di ascolto medio), complice (oltre alla pandemia che ha in parte modificato le abitudini e accelerato determinati processi in atto) la diversificazione sempre più evidente dei vari ascolti per device, con l’IP che cresce inevitabilmente nelle case e l’accoppiata FM/DAB+ che presidia l’ascolto in auto.

Lo sviluppo del DAB+ in aree non precedentemente coperte ha dato un sostanziale sviluppo all’ascolto in streaming

Come accennavo nella precedente risposta, anche lo sviluppo del DAB+ in aree non precedentemente coperte ha dato un sostanziale sviluppo all’ascolto in streaming che per quanto ci riguarda non è frutto di una ricerca “casuale” di una radio similare ma di un’affezione al marchio che determina che l’ascolto da aggregatori sia molto basso rispetto ad un 72% di ricezione da sito e app ufficiali. Anche la raccolta pubblicitaria “digital”, ancora pressoché in fase sperimentale, dà ottimi segnali e prospettive per il futuro.

I numeri dello streaming sono in enorme crescita. Una soluzione molto importante anche per annullare le distanze

(C.B.) – Lo streaming nonostante un pubblico medio/alto dopo anni ci sta dando ottimi risultati. Stiamo curando con grande minuziosità questo aspetto e abbiamo anche diviso la radio in due. Un flusso solo nazionale (concessionaria TeamRadio), e uno con la pubblicità locale. Perché ovviamente chi è a Bologna non è interessato al ristorante di Roma. Però davvero i numeri qui sono in enorme crescita. Una soluzione molto importante anche per annullare le distanze. Senza dimenticare le nostre digital-radio che sono in ottima salute, in particolare Canale Pooh, dai numeri davvero importanti.

La televisione è solo una estensione della radio

(NL) – Dopo il refarming della banda 700 MHz, RTR 99 è rimasta tra le poche visual radio locali. L’importanza di tale device per voi è aumentata?
(C.B.) – Inizialmente ero uno di quelli che diceva che chi fa la radio solo quella doveva fare. Poi la famosa radiolina è uscita di scena. Nelle case non ci sono più e la televisione ha preso il suo posto. La televisione è solo una estensione della radio. Una possibilità in più che diamo a chi vuole ascoltarci. Ecco perché RTR 99 TV è minimale ma ben costruita.

E’ la radio che deve sempre vincere sulla tv nella visual radio

Perché è sempre la radio che deve vincere. Siamo passati dal canale 680 al canale 87 e questo oggi rappresenta un fiore all’occhiello per noi importantissimo. Avere un LCN a due cifre ha cambiato tutto, e in meglio. Senza dimenticare le nostre frequenze Fm per Roma, Latina, Rieti e relative province. Tutte ascoltabili in maniera ottima. (E.G. per NL)

 

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