Ampere Analysis: il tempo quotidiano trascorso dagli utenti globali sulle piattaforme social per seguire contenuti short-form (temi brevi, generalmente video, ma anche podcast di breve durata) supera ormai quello dedicato allo streaming TV ed ai videogiochi.
Un cambio di paradigma che obbliga l’industria dei media (broadcaster in testa) – e dell’informazione – a riconfigurarsi intorno ai formati snack, all’engagement immediato ed a una logica sempre più mobile-first.
Tutto si compatta all’insegna di ritmi sempre più veloci da parte di utenti che, ancorché in regime di svago, ritengono di non avere tempo per visionare od ascoltare un contenuto considerato (troppo) lungo.
Così in radio e tv gli interventi di conduttori e giornalisti si riducono sempre di più, i formati si adattano a ritmi progressivamente più veloci, mentre sui social è già corsa a short-form estremi.
Ed anche i podcaster continuano a diminuire la durata dei loro contenuti: dai 30 minuti ed oltre degli esordi, crollati presto a 20 e poi a 10, quindi ridottisi a 7, tendono ormai ai 5 minuti con iniezioni ritmiche ogni 20 secondi per mantenere costantemente alta l’attenzione di un utente sempre più sollecitato.
Sintesi
Il tempo dedicato quotidianamente ai contenuti short-form sui social supera ormai quello riservato a streaming e gaming, segnando un cambio strutturale nei consumi digitali.
I broadcaster ed i media in generale sono costretti a riconfigurarsi puntando su formati brevi, compatti, mobile-first, ritmici e ad alta capacità di engagement, all’insegna del “more in less”.
La brevità non è più un limite, ma una nuova grammatica informativa e narrativa che impone linguaggi sintetizzati, distribuzione agile e monetizzazione indiretta.
Una sfida culturale che ridefinisce l’identità editoriale nel tempo frammentato dell’attenzione liquida.
Short-form
“La fruizione dei contenuti audiovisivi si sta spostando in modo sempre più deciso verso lo standard short-form, soprattutto distribuiti su piattaforme social. Un trend verso il quale si stanno uniformando anche i palinsesti radio-tv lineari ed i contenuti on demand derivati (catch-up compattati) e nativi (podcast)”, spiega Giovanni Madaro, ceo di Media Progress, società di analisi strategiche (gruppo Consultmedia).
Sempre più tempo dedicato al minor tempo
Considerazioni confermate dai recentissimi dati della società di ricerche di mercato inglese Ampere Analysis, che mostrano come utenti di tutte le età, ma in particolare i giovani, dedicano quotidianamente più tempo a contenuti short-form, come i reel di TikTok, i video di YouTube Shorts (sezione in formato breve della piattaforma di condivisione video YouTube, che hanno una durata massima di 180 secondi) e simili, rispetto al tempo impiegato nella visione di serie, film in streaming o sessioni di gaming.
Trasformazione editoriale, distributiva e commerciale per broadcaster
Per l’editoria e i broadcaster ciò sta imponendo una trasformazione editoriale, distributiva e commerciale: l’identità si ridefinisce tra clip, comunità, verticalità e storytelling sintetico ed il ritmo e la concentrazione divengono imperativi. Non una novità assoluta, considerato che esattamente un anno fa rimarcavano tale tendenza attraverso uno studio approfondito che rimandava al numero 24 quale minimo comun denominatore di sessioni d’ascolto radiofoniche in streaming (misurato in minuti) ed interventi in voce (in secondi).
La mutazione delle abitudini di fruizione: più scroll che binge
Secondo Ampere Analysis, l’utente digitale medio ogni giorno trascorre ormai più tempo davanti a contenuti short-form sui social media che non guardando serie TV in streaming o giocando ai videogames. Il sorpasso avviene in un momento cruciale per l’industria mediale, costretta ad affrontare un’accelerazione tecnologica – legata in primis alla diffusione dell’intelligenza artificiale generativa – ed un cambio culturale profondo nella modalità di accesso all’informazione e all’intrattenimento.
Mix di portabilità, brevità e personalizzazione algoritmica
“A determinare il successo degli short-form è un mix di portabilità, brevità e personalizzazione algoritmica, che incontra le aspettative di generazioni abituate a interagire rapidamente con l’universo digitale. I contenuti, più che essere scelti, vengono intercettati passivamente nel flusso, mentre il binge watching (la visione di programmi televisivi per un periodo di tempo superiore al consueto, particolarmente usufruendo della visione di diversi episodi consecutivamente, senza soste, ndr), lascia progressivamente spazio allo scrolling (il movimento orizzontale o verticale lungo un elenco di contenuti, ndr) compulsivo“, annota Madaro.
Oltre Netflix e Fortnite: il trionfo della sintesi
Se l’epoca della Netflix economy aveva portato i produttori di contenuti a privilegiare il racconto lungo e seriale, oggi il centro di gravità si è spostato altrove. Secondo Ampere, gli utenti under 35 guardano più short video che contenuti su SVOD (subscription video on demand), mentre il tempo speso su TikTok ha già superato quello dedicato a Facebook e YouTube nelle stesse fasce d’età.
Gaming
In parallelo, anche il gaming – pur mantenendo una base fedele – viene risucchiato dal magnetismo del social video, che garantisce reward “dopaminici” immediati e continua gratificazione narrativa.
Anche l’informazione è in short video
“Non è più solo intrattenimento: l’informazione, la cronaca, l’attualità e la cultura passano anch’esse per formati short-form. Il giornalismo, la politica, la scienza e persino l’educazione devono adattarsi a un racconto ridotto, visivo, masticabile, spesso verticale”, sottolinea il ceo di Media Progress.
Short-form news, una necessità, non una deriva. 60 secondi il target audio
Il fenomeno non è più relegabile al comparto dell’intrattenimento. Le stesse testate giornalistiche tradizionali stanno investendo in short-form: Repubblica, ad esempio, ha lanciato reels con sintesi delle notizie; Le Monde propone notiziari “60 secondi in verticale”; Il Post lavora su micro-podcast e contenuti animati. “Persino BBC e CNN stanno adattando i propri contenuti all’estetica e al ritmo di TikTok nell’ottica di notiziari audio (ma anche video) di 60 secondi”, enfatizza Madaro.
Ciò non significa sacrificare la profondità
L’architettura informativa si fa modulare: prima la sintesi, poi – se serve – l’approfondimento. È una logica multilivello che parte dalla cattura dell’attenzione, per arrivare – attraverso funnel editoriali – all’engagement consapevole.
I broadcaster imparano dai creator
“Il pubblico non si accontenta più di guardare: vuole interagire, condividere, rispondere, elaborare. I broadcaster devono assimilare questa richiesta. Non si tratta di “scimmiottare” gli influencer (peraltro con popolarità in evidente caduta libera dopo lo scandalo Ferragni o forse solo perché hanno concluso il loro ciclo esistenziale), ma di coglierne le logiche distributive.
Linguaggio visivo nativo, narrazione decentrata, format adattabili
Format adattabili, linguaggio visivo nativo e soprattutto narrazione decentrata, che si articola attraverso diversi punti di vista, spesso in conflitto tra loro o che si completano a vicenda. Così RaiPlay, SkyTG24 e La7 stanno sperimentando prodotti editoriali compatibili con le Instagram Stories o i contenuti YouTube Shorts”, continua l’esponente della società di analisi strategiche.
More in less: vince chi riesce a dare di più in meno tempo
In un contesto dove l’A.I. generativa è sempre più in grado di produrre testi, audio e video in autonomia, solo chi presidia il formato e la relazione con l’utente riesce a restare rilevante. Ed è qui che la brevità diventa un campo di battaglia centrale: nella giungla dei contenuti, vince chi riesce a dire di più in meno tempo.
Il tempo è moneta
Ma monetizzare lo short-form non è semplice, specie per gli editori. I CPM (costo per mille impressioni) sono spesso più bassi rispetto ai long form e l’advertising è meno integrato. Tuttavia, la capacità di creare audience fidelizzate, cluster tematici verticali e comunità attive permette di implementare strategie di monetizzazione indiretta: da eventi a newsletter premium, da e-commerce a contenuti sponsorizzati.
Strumenti per creator ed editori
“Le piattaforme stesse stanno sviluppando strumenti più sofisticati per supportare creator ed editori: YouTube Shorts ha attivato revenue share, TikTok sperimenta abbonamenti e gifting, Instagram punta su collaborazioni branded trasparenti. È il segnale che anche il breve può fare valore, se ben progettato”, richiama sul punto Madaro.
Verso una nuova alfabetizzazione audiovisiva
“Il sorpasso dello short-form non è una moda passeggera, ma la fotografia di un nuovo ecosistema mediale. Per non essere travolti, editori, broadcaster e produttori di contenuti devono ripensare linguaggi, tempi e piattaforme, formando nuove professionalità e investendo in analisi dati, storytelling agile e relazione con l’utente finale.
60 secondi di news
In ultima istanza, la sfida è educativa e culturale: come garantire senso, pluralismo e qualità dell’informazione anche in 60 secondi? È possibile trasmettere complessità in un reel? La risposta – per chi lavora nei media – non può più essere teorica: è una priorità operativa.
Supremazia degli short-form non è anomalia
La supremazia degli short-form non è un’anomalia, ma un’evoluzione strutturale del comportamento digitale. Per l’editoria, non si tratta solo di adattarsi, ma di guidare la trasformazione con creatività, rigore e capacità di presidiare nuovi territori dell’attenzione.
Dove finisce lo scroll inizia l’engagement
Dove finisce lo scroll, inizia la sfida dell’identità editoriale”, chiosa Madaro. (E.G. per NL)