DAB: esserci è essenziale. Dire di esserci è inutile

layout, dab

Una dimostrazione di scarsa consapevolezza delle modalità di engagement degli utenti sulle piattaforme digitali radiofoniche e delle regole di somministrazione dei contenuti sui sistemi di car entertainment delle nuove automobili viene dalla promozione attuata da molte emittenti (non raramente di grandi dimensioni) della loro presenza in DAB. A scanso di equivoci chiariamo subito: esserci in DAB è essenziale e tra poche righe ricorderemo perché. Dire di esserci, invece, al di là della soddisfazione dello smisurato ego radiofonico, è del tutto inutile.

99,8% dell’offerta radiofonica è streaming

L’offerta radiofonica italiana puntuale (cioè sintonizzabile in una singola località) oggi è potenzialmente nell’ordine delle 100.000 emittenti, di cui il 99,8% streaming, accessibile attraverso aggregatori radiofonici (TuneIn, FM World, Audials, MyTuner, VTuner, Radio.net, ecc. per citarne alcune delle centinaia esistenti), singole app, player da siti web, smart speaker, smart tv.

Polverizzazione

E’ chiaro che un’offerta di questa portata polverizza il mondo radiofonico, in quanto la possibilità di essere individuati si riduce alla capacità di emergere attraverso tecniche di indicizzazione, catalogazione e, soprattutto, promozione.

Promozione costosa e complessa

Tanta, costosa e complessa promozione, in tutte le forme.

Lo 0,2% dell’offerta che rappresenta l’83% dell’ascolto

Il restante 0,2% che completa l’offerta radiofonica italiana – come abbiamo detto, puntuale – è costituita dalle stazioni diffuse via etere (DAB+ e FM), almeno nelle grandi metropoli (come Milano, Roma e Napoli). Offerta sulla quale si concentra, tuttavia, l’83% dell’ascolto tricolore, come analizzato in altro articolo (ed una percentuale quasi equivalente di questo dato è concentrato sulle automobili).

Accessibilità

Perché questo accade si traduce in una risposta sintetica: semplicità di accesso ai contenuti.

200 stazioni

A Milano e Roma, infatti, le autoradio DAB/FM mostrano un elenco di 200 stazioni, organizzato con criteri eterogenei dalle varie case automobilistiche.

La regola aurea

Quasi tutte le autoradio elencano le stazioni senza distinguere la piattaforma via etere (DAB+ ed FM) partendo dalla denominazione con regola alfanumerica (prima i numeri da 0 a 9 e poi le lettere da A a Z, mentre i caratteri speciali, come ‘, *,# algoritmicamente spesso precedono i numeri, ma qualche volta vengono viceversa posti al termine della lista).

Semplificazione

Si tratta quindi di un ritaglio dell’offerta complessiva che viene limitato dalle 100.000 emittenti del mondo IP a circa due centinaia di quello broadcast. Una riduzione della proposta del 99,8% rispetto all’esistente, quindi. O una semplificazione della stessa.

Cui prodest?

Tuttavia, proprio perché, come avviene sul DTT dove è sempre più difficile individuare il mux su cui è trasmesso un canale che viene meramente individuato dall’utente attraverso il logical channel number (LCN) e/o la denominazione, sulle nuove autoradio il vettore (DAB+ o FM) è relegato ad un angolo dello schermo, attraverso un’informazione verso la quale il radioascoltatore è normalmente indifferente.

L’inutilità dell’avviso di esserci

Di qui l’assoluta inutilità dell’avviso che un’emittente è sul DAB: se c’è, l’utente la troverà comunque (se la cercherà) senza che l’informazione possa fornire un valore aggiunto. E ciò, considerato che praticamente nessuno dei modelli  installati sulle principali case automobilistiche dà la possibilità in origine di distinguere tra DAB e FM, offrendo di farlo con operazioni generalmente complesse all’interno del menù posto sulla dashboard.

Nessuno lo fa

Operazione che, naturalmente, quasi nessun utente effettua”, spiega Massimo Rinaldi, ingegnere della società di ibridazione radiofonica Com-Nect (gruppo Consultmedia).

Il test

Abbiamo analizzato il car entertainment delle auto dei gruppi Stellantis, Tesla, Toyota, Porsche, BMW, Audi-Volkswagen, Mercedes, GM, Ford, appurando che la matrice comune su molti modelli è la mera elencazione delle stazioni ricevute (con ordinazione alfanumerica), senza distinzione delle due piattaforme via etere (DAB+/FM), che, nella migliore delle ipotesi, sono solo identificate a margine del display (differiscono alcuni modelli di Ford e Toyota)”, spiega l’ingegnere.

Inutilità informativa

Attestando quindi l’inutilità dell’informazione offerta sulla presenza di una stazione in DAB. Come del resto è da tempo inutile dettagliare quale sia la frequenza FM in una data località, considerato che la ricerca manuale è pressoché bandita dalle nuove autoradio.

All’estero

Ma non si tratta di una constatazione inedita: in altri paesi del resto, la promozione della piattaforma distributiva è già bandita, come abbiamo avuto modo di illustrare in un articolo di qualche mese fa sulla campagna promozionale di una stazione austriaca (Life Radio). Quest’ultima aveva bannato la piattaforma FM dalla sua cartellonistica, nonostante la disponibilità di uno dei migliori reticoli frequenziali analogici dell’area.

Logiche comportamentali

Piuttosto, la moltiplicazione della proposta radiofonica, così come quella televisiva, comporta inevitabili mutazioni comportamentali dell’utente.

Naming

Il quale, davanti ad un’offerta impossibile da consultare nel suo complesso si affida a notorietà del brand, al naming nomen omen (denominazioni evocative dei contenuti) autolimitando lo scorrimento dell’elenco dell’autoradio ad una cinquantina di stazioni (leggermente superiori ai 30-35 della ricerca sequenziale televisiva coi tasti del telecomando).

Piuttosto

Quindi, semmai, è su denominazione, contenuto e soprattutto invocazioni per comandi vocali (Hey Google, Alexa, Hey Siri) che la promozione di un’emittente dovrebbe oggi concentrarsi. La tendenza delle nuove modalità di fruizione suggerisce, non a caso, che gli sforzi promozionali debbano orientarsi verso l’adozione di strategie digitali efficaci, più che verso la mera presenza su una piattaforma o l’annuncio di essa.

Adattabilità

È proprio la capacità di un brand radiofonico di integrarsi con le abitudini d’uso degli utenti – che sempre più spesso utilizzano assistenti vocali, app su smartphone o l’infotainment integrato nelle vetture – a determinare la sua rilevanza e sopravvivenza nel mercato attuale.

Rischio emarginazione

In sostanza, il futuro della radio non passa tanto dalla presenza su DAB o FM, quanto dalla capacità di essere trovata, scelta e apprezzata in un contesto digitale che valorizza velocità, accessibilità e familiarità d’uso. Se non si saprà intercettare questo trend, il rischio è di rimanere confinati in un ecosistema broadcast che, pur essendo ancora potente in termini di ascolti, sta progressivamente perdendo la sua centralità nella vita digitale degli utenti.

L’ascoltatore necessita sempre meno di informazioni tecniche

“L’ascoltatore della radio in auto necessita sempre meno di informazioni tecniche sull’emittente che ascolta“, conferma sul tema Nicola Franceschini, giornalista direttore della testata specialistica FM World e di Talkmedia, il più importante gruppo Facebook di confronto sui contenuti delle emittenti radiofoniche. “Da alcuni anni ormai, non solo la frequenza, ma anche la modalità di ascolto di ogni singola emittente è superata da un elenco (spesso piuttosto corposo) delle realtà ricevibili nel territorio, in genere (ma non sempre) in ordine alfabetico.

ID

FM e DAB sono irrilevanti per l’ascoltatore, l’importante è trovare l’emittente desiderata. Per questo è necessario un identificativo chiaro, cercando di evitare PS dinamici che possano distogliere l’attenzione sul nome della radio.

Escamotage

Alcune realtà fanno ricorso poi a cancelletti ed asterischi per comparire in alto nell’elenco (se in ordine alfabetico), ma questa potrebbe essere un’arma a doppio taglio se chi fa la ricerca non dovesse trovare l’identificativo all’altezza della lettera corrispondente.

Comandi vocali

Il problema sarebbe ancora più evidente nel caso di un richiamo vocale che non identifica il simbolo che antecede il nome dell’emittente.

Regionalità

Altro problema da non sottovalutare è quello del PI, che dev’essere unico anche tra realtà di regioni diverse, in seguito al rischio della comparsa di loghi e identificativi non corrispondenti alla rete che si sta ascoltando.

La frequenza: un ricordo

La frequenza? Ormai irrilevante ai più, salvo che non si utilizzino ancora ricevitori datati e comunque destinati a sparire nel tempo.

Ancora tanto da lavorare

Un caso a parte è quello dell’IP, non ancora integrato in tutte le auto, o comunque spesso utilizzato come device esterno. Anche in questo caso, è necessaria una corretta integrazione del PI, che renderà unico il codice di ogni singola emittente. Ma la presenza di loghi errati in diverse emittenti locali, mette in evidenza quando ci sia ancora da lavorare in questo ambito”, conclude Franceschini.

 

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