Giornalisti. Il giornalismo di inchiesta di tutto il mondo protagonista dei Dig Awards di Riccione

Dig Awards

Ogni anno si rinnova a Riccione l’appuntamento con i Dig Awards, manifestazione e premio dedicati al mondo dell’informazione a livello internazionale e in specifico al giornalismo investigativo, un tema complicato, difficile, arduo da praticare e anche da trattare, ma evidentemente sempre più importante in tempi di crisi del giornalismo, non solo dal punto di vista economico ma anche da quello della credibilità e dell’indipendenza, per non parlare della tante fake news in circolazione. Sono temi che questo periodico segue da vicino.
Sulla scorta dell’esperienza di lungo periodo del Premio Ilaria Alpi e poi di quella conseguita già da alcuni anni appunto con i Dig Awards e il parallelo Dig Festival, l’iniziativa di Riccione è stata anche quest’anno (si è chiusa domenica 3 giugno) un punto di riferimento per chi è interessato a questi importanti temi.

I Dig Awards sono dunque premi internazionali dedicati a inchieste e reportage video di diversa lunghezza e livello di approfondimento. In concorso quest’anno c’erano circa 300 opere, che affrontano i temi più vari: la violazione di diritti umani e civili con particolare riferimento a donne e bambini, le dinamiche dell’economia globalizzata e la crisi del sistema bancario italiano (vista anche dall’estero). Per gli autori italiani si conferma centrale la riflessione su mafie, corruzione e sfruttamento del lavoro, mentre in ambito europeo si riduce leggermente il numero dei reportage dedicati ai migranti, con un’attenzione rivolta più ai nuovi ghetti d’Occidente che ai flussi migratori.
L’attenzione dei reporter si concentra su tutti gli scenari di crisi più noti degli ultimi anni (Siria, Yemen, Niger, Sud Sudan, Turchia, Ucraina) ma si allarga anche ad altri terreni di tensione (Kurdistan, Bangladesh, Venezuela, Cipro) e Paesi in particolare fermento (Brasile, Kenya, Mongolia).

Le opere presentate hanno confermato la grandissima attenzione riservata al linguaggio dell’inchiesta dai network dell’Europa occidentale (Germania, Francia, Scandinavia, Svizzera) e dei Paesi anglosassoni (Regno Unito, Stati Uniti, Australia). Continua però a crescere il numero delle opere prodotte nel mondo arabo e in Sudamerica e si affacciano sulla scena Paesi finora poco rappresentati in concorso: Serbia, Ucraina e, a sorpresa, anche quella Turchia in cui i giornalisti vedono sempre più minacciata la loro libertà.
Per quanto riguarda l’Italia, si è registrata una grande varietà delle testate iscritte, dai telegiornali (Rai News 24, Tg3, Sky Tg 24) ai programmi di approfondimento (‘Bersaglio mobile’, ‘Le Iene’, ‘Nemo’, ‘Piazzapulita’, ‘Presa Diretta’, ‘Report’), dalle emittenti televisive (Rai 1, Tv2000) ai giornali online (Fanpage), fino alle edizioni online di quotidiani e periodici (Corriere della Sera, il Fatto Quotidiano, la Repubblica, l’Espresso, Vice Italia).
Infine, c’è l’ambita Dig Pitch, la categoria di concorso riservata ai progetti in fase di sviluppo o pre-produzione. In palio c’erano 15.000 euro e la possibilità di entrare in contatto con importanti produttori internazionali, quest’anno in specifico c’era l’appoggio di Sky e di Sky Tg 24.

La scelta di quali opere portare in finale e poi premiare spetta a un ‘magico dream team’ di giornalisti, direttori e produttori di vari Paesi capitanati dal reporter d’assalto statunitense Jeremy Scahill, cofondatore di ‘The Intercept’, testata nata per indagare sulle rivelazioni di Edward Snowden e impegnata in inchieste di rilevanza internazionale. Per l’Italia in giuria ci sono Riccardo Chiattelli, direttore di Laeffe (canale di Feltrinelli su Sky), Alberto Nerazzini, giornalista freelance e fondatore dell’agenzia di giornalismo investigativo Dersu, Andrea Scrosati, executive vice president programming di Sky Italia.
Com’è andata dunque quest’anno? Vediamo la puntuale cronaca di riminitoday.it“Sono stati proclamati domenica sera i vincitori dei Dig Awards 2018, premi internazionali di giornalismo destinati alle migliori inchieste e ai migliori reportage video. Ventisette le opere finaliste (prodotte in Italia, Francia, Ucraina, Svizzera, Turchia, Stati Uniti, Canada e Brasile) tra le oltre 300 candidature per sette categorie di concorso, tra inchieste, reportage e progetti in fase di sviluppo… La cerimonia di premiazione è stata condotta dalla giornalista di La7 Vicsia Portel, in una serata speciale inserita all’interno del Dig Festival.


Ad aggiudicarsi il premio per la sezione Investigative Long, riservata ai lungometraggi d’inchiesta, è stata la coproduzione ucraino-rumena ‘Killing Pavel’, firmata da Anna Babinets per l’agenzia Slidstvo.info, che ricostruisce l’assassinio del giornalista bielorusso Pavel Šaramet –  spina nel fianco dei regimi di Lukašenko, Putin e Porošenko –  ucciso da un’autobomba a Kiev nel 2016.
Nella categoria Investigative Medium (mediometraggi d’inchiesta) l’opera vincitrice è stata ‘Silent Death on Syrian Journey’, realizzata da Mouhssine Ennaimi per la Tv turca TRT, che racconta attraverso interviste e testimonianze esclusive le storie estreme di alcuni profughi siriani, costretti a vendere i propri organi a trafficanti spietati in cambio di un passaggio verso l’Europa.
Il premio Reportage Long (per i video reportage fino a 90 minuti di durata) è stato assegnato a ‘Kompromat’, realizzato per France 2 da Tristan Waleckx e Guillaume Beaufils. L’inchiesta si sofferma sulle vittime e sui responsabili dei dossieraggi e montature mediatiche orchestrate dal governo di Putin. Nel documentario viene anche rivelata per la prima volta la storia di un espatriato francese costretto a fuggire dalla Russia in seguito ad accuse infamanti.


‘Iraq: Dying for Mosul’, prodotto dall’emittente franco-tedesca ARTE e firmato da Bernard Genier, è invece l’opera vincitrice della sezione Reportage Medium. Il documentario racconta le rischiose operazioni di soccorso messe in atto in Iraq da un’ONG cristiana fondata da un ex soldato statunitense, che ha lasciato l’esercito per dedicarsi all’attività umanitaria.
Tra le opere brevi (sezione Short) è stato premiato il servizio ‘Doping, il mistero di Alex Schwazer’, firmato da Emanuele Piano per la trasmissione ‘Nemo’ di Rai2, dedicato a uno dei casi di doping più famosi degli ultimi anni…
Per la a categoria Masters (documentari di taglio cinematografico), invece, la vittoria è andata a ‘This is Congo’ di Daniel McCabe. Un’opera che offre uno sguardo inedito sul conflitto che insanguina la Repubblica Democratica del Congo, attraverso le storie di quattro personaggi: un informatore in incognito, un comandante dell’esercito, una trafficante di pietre preziose e un sarto sfollato.


Menzione speciale per ‘Bloody Money’ di Sacha Biazzo (Fanpage), (nota) indagine sul traffico di rifiuti e sul sistema di corruzione politica che c’è dietro…, mentre la Dig Student Mention è andata a ‘The Cost of Cotton’, inchiesta realizzata da Sandrine Rigaud per France 2 che documenta le condizioni estreme dei lavoratori della filiera del cotone.
Infine, la sezione più prestigiosa, il Dig Pitch, che assegna un premio di produzione di 15mila euro per progetti in fase di sviluppo. Il vincitore è stato scelto dopo un’intensa sessione di pitch, svoltasi nel pomeriggio di venerdì, durante la quale i sei finalisti hanno potuto presentare il proprio progetto alla giuria e a un pubblico di produttori e distributori internazionali. Il finanziamento è stato assegnato a ‘Goldfish and Dogfish’, di Sandro Di Domenico e Gianluca Loffredo. Racconta la storia di un uomo, unico sopravvissuto a una terribile tragedia, che affronta con la famiglia un processo penale contro una multinazionale del male”.


Dig, la ‘tre giorni’ di Riccione (dall’1 al 3 giugno), è servita insomma per capire un po’ di più il nostro tempo, con la presentazione di alcune delle inchieste più interessanti del mondo dell’informazione internazionale. Comprendeva poi, ad ingresso libero, talk, seminari, mostre, anteprime video e tre serate di spettacolo. Tema portante di questa edizione, sottotitolata ‘War on Data’, era appunto ‘la guerra dei dati’, con alla base l’idea che “Governi, partiti, movimenti, aziende, giornali, Tv e social media usano la forza bruta dei dati e invadono la privacy per pilotare il consenso, dirottare l’umore dell’opinione pubblica, radicalizzare la discriminazione”.
Venerdì 1 giugno Morgan ha inaugurato la manifestazione con uno spettacolo musicale alla ricerca della formula della canzone, sabato 2 giugno piazzale Ceccarini ha ospitato la cerimonia di premiazione dei citati Awards, domenica 3 giugno la serata finale è stata incentrata sul narcotrafficante più famoso del mondo, Pablo Escobar, El Patrón.
Nella mattinata di domenica 3 giugno si è parlato anche di ‘Ndrangheta, la multinazionale del crimine. Riti, abitudini, ramificazioni della mafia calabrese’, nel tardo pomeriggio di ‘Un atomo di verità. Aldo Moro e la fine della politica italiana’. (M. R. per NL)

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