Il fatto che la radio non si ascolti più solo dall’autoradio o dal ricevitore domestico, ma attraverso una galassia di device eterogenei, ha cambiato la durata dell’ascolto. Dagli smart speaker agli smartphone, dai cruscotti connessi alle smart TV, l’esperienza d’ascolto si è polarizzata tra fedeltà prolungata e consumo (molto) frammentato. Ecco il quadro di quanto sta accadendo.
Sintesi
Un tempo, l’ascolto radiofonico era lineare e continuo; oggi, invece, è spesso frammentato a causa di un ecosistema complesso fatto di device multifunzioni come smart speaker, smart TV, autoradio digitali, smartphone, PC e tablet.
I dispositivi dedicati favoriscono infatti ascolti relativamente lunghi e fedeli (heavy listeners), mentre quelli multifunzionali inducono sessioni brevi e intermittenti (light listeners).
La mobilità in auto, che storicamente garantiva tempi di fruizione estesi, negli ultimi dieci anni non è cresciuta: gli spostamenti restano stabili nella fascia 15-30 minuti, limitando l’ascolto prolungato.
La diffusione di auto elettriche e dashboard connessi ha reso più complicato l’accesso alla radio, riducendone l’immediatezza.
Anche su smartphone ed app aggregatrici di flussi streaming radiofonici l’ascolto soffre la concorrenza di notifiche e funzioni alternative.
In compenso, smart speaker e smart TV semplificano la permanenza, pur scoraggiando lo zapping.
A fronte di un’offerta esplosa – oltre 230 stazioni in DAB+ e 130.000 su piattaforme IP – gli utenti memorizzano poche emittenti, alimentando il “paradosso della scelta”: più opzioni non significano più durata. L’ascolto si frammenta, la permanenza si accorcia.
Per il settore, la sfida è semplificare l’esperienza e fidelizzare l’utente, perché il futuro della radio dipenderà sempre più dall’usabilità oltre che dai contenuti.
La durata dell’ascolto radiofonico specchio dei tempi
Un tempo l’ascolto della radio era un’esperienza semplice e lineare: si accendeva il ricevitore AM o FM in casa o l’autoradio e ci si lasciava accompagnare dal flusso sonoro, spesso per ore consecutive. Ad interrompersi, al più, era la singola stazione, non l’ascolto della radio in sé. Oggi, però, questo scenario è radicalmente mutato.
I device eterogenei
L’ascolto radiofonico non è più appannaggio esclusivo del ricevitore stand-alone, ma avviene attraverso una pluralità di device eterogenei: smart speaker, smart TV, tv DTT, autoradio integrate in dashboard sempre più complessi (in grado di decidere in autonomia se dispensare contenuti via FM, DAB o IP), smartphone, PC, tablet.
Multicanalità
Questo scenario multicanale ha modificato non soltanto i luoghi e i momenti di fruizione, ma soprattutto la durata delle sessioni d’ascolto. Un tema che si sta rivelando cruciale per comprendere la ridefinizione dei comportamenti d’uso.
Device eterogenei: durata lunga vs ascolto frammentato
L’introduzione di dispositivi digitali (soprattutto connessi) ha reso più complessa l’esperienza di ascolto radiofonico. La differenza sostanziale risiede nella dedicazione del device. “I dispositivi semplici e dedicati (smart speaker, ricevitori radio stand-alone, smart TV utilizzata esclusivamente per un canale radio) favoriscono sessioni più lunghe e continue, perché l’utente si concentra sul contenuto audio senza interruzioni o stimoli concorrenti. Sono gli heavy listeners, spesso fidelizzati a pochi brand editoriali”, spiega Massimo Rinaldi, ingegnere di Com-Nect, società di ibridazione radiotelevisiva (gruppo Consultmedia).
Device multifunzionali
Al contrario, i device multifunzionali (smartphone, tablet, PC, infotainment auto con interfacce complesse) inducono sessioni brevi, intermittenti, spezzettate.
Light listeners
Qui dominano i light listeners, che consumano radio in modo occasionale, mentre compiono altre attività (messaggi, notifiche, browsing).
Polarizzazione del pubblico
Il risultato è la polarizzazione del pubblico: da un lato un nucleo ristretto di ascoltatori fedeli e prolungati, dall’altro una platea ampia di utenti frammentati e volatili. In termini di marketing, la sfida per gli editori è quella di intercettare entrambi i segmenti, con modelli editoriali e pubblicitari differenziati”, annota l’ingegnere.
Durata degli spostamenti in auto: variabili stabili e impatto sugli ascolti
Il rapporto tra radio ed automobile è stato, storicamente, simbiotico. Ma negli ultimi dieci anni, i dati sulla mobilità in Italia mostrano come la durata media degli spostamenti non sia aumentata in modo significativo.
Spostamenti in auto in 15-30 minuti
Secondo l’Osservatorio Audimob di ISFORT (Istituto Superiore di Formazione e Ricerca per i Trasporti) il tempo medio giornaliero dedicato agli spostamenti si attesta stabilmente tra i 60 e i 70 minuti complessivi, distribuiti su più tragitti. La quota maggiore degli spostamenti individuali ricade nella fascia 15-30 minuti, con una percentuale stabile di viaggi oltre i 30 minuti.
Pendolarismo urbano
In sintesi: il pendolarismo urbano non è diventato più lungo, semmai più frammentato a causa di nuovi modelli lavorativi e dell’aumento dello smart working.
Effetti sull’ascolto in mobilità
Questa relativa stabilità della mobilità ha avuto conseguenze dirette sulla radio in auto: le sessioni non sono cresciute, anzi in certi casi si sono ridotte, soprattutto per chi lavora da casa e utilizza l’auto meno frequentemente.
Auto elettriche
In parallelo, la diffusione delle auto elettriche, spesso dotate di infotainment più evoluti e connessi, ha modificato la modalità di accesso alla radio, non tanto i tempi di ascolto.
Radio compagnia primaria sulle quattro ruote
La radio rimane, comunque, la compagnia primaria al volante, ma in modalità light: frequente, breve, orientata all’informazione ed alla musica veloce.
Complessità d’uso: la fruizione influenzata dalle interfacce
Un aspetto spesso sottovalutato è quello della complessità del device connesso. Cambiare stazione su una vecchia autoradio FM era un gesto immediato, che consentiva lo zapping rapido tra una dozzina di emittenti memorizzate. Oggi, invece, lo scenario è radicalmente diverso.
Smart speaker
Grazie ai comandi vocali, gli smart speaker semplificano l’accesso e incoraggiano ascolti continuativi (“riproduci Radio 24”, “metti Giornale Radio”), ma richiedono precisione nell’input (le interrogazioni dell’utente, che in presenza di nomi complessi, equivoci o difficili da ricordare, possono vanificare il risultato), il che può scoraggiare il cambio frequente di stazione.
Smartphone e app aggregatrici
Gli smartphone, come noto, offrono migliaia di opzioni, tra cui l’ascolto radiofonico. Tuttavia, tramite essi, ogni interazione è esposta ad interruzioni esterne (notifiche, chiamate). L’ascolto radio è quindi in competizione con altre funzioni del device e la durata di ogni sessione ne risente fortemente.
Dashboard auto con Android Auto o Apple CarPlay
La radio sui cruscotti delle nuove auto connesse è nascosta tra decine di icone, spesso relegata ad una condizione secondaria rispetto a Spotify, YouTube Music o addirittura ai collettori di podcast. Questo aumenta il tempo di ricerca e riduce la propensione ad ascolti lunghi e fedeli.
Smart TV
Le icone dedicate all’audio sulle smart tv rendono la fruizione comoda, ma limitata agli utenti che associano la televisione ad un uso passivo e domestico.
La complessità dell’accesso al contenuto riduce la durata?
Il paradosso è che la complessità dell’accesso riduce la durata delle sessioni: se l’utente deve compiere troppi passaggi per trovare la sua stazione preferita, rinuncia più facilmente o ascolta per meno tempo, anche se su quest’ultimo punto non tutti gli esperti sono concordi.
Visione opposta
“La complicazione del passaggio da una stazione all‘altra fa sì che gli utenti rinuncino allo zapping, rimanendo per più tempo sulla medesima stazione“, osserva l’ing. Rinaldi.
Offerta smisurata e memorizzazioni ridotte: più scelta, meno durata
La radio ha sempre vissuto del rapporto tra quantità di stazioni disponibili e stazioni effettivamente ascoltate. Con la FM analogica, regina indiscussa fino alla fine degli anni ’90, le autoradio consentivano di memorizzare 12 stazioni, a fronte di circa 50 disponibili in una città italiana di medie dimensioni. Il rapporto tra scelta e fruizione era dunque equilibrato.
Scenario cambiato in 15 anni
Oggi, lo scenario è completamente ribaltato: in DAB+, nelle grandi città, sono disponibili oltre 230 stazioni, ma in media un ascoltatore ne memorizza appena 4. Decisamente peggio sulle piattaforme IP: su aggregatori come TuneIn, MyTuner, FM World, l’offerta può raggiungere 130.000 emittenti a livello globale, ma la maggior parte degli utenti salva meno di una decina di preferiti.
Paradosso della scelta
Questa sproporzione tra offerta e memorizzazioni determina un fenomeno di “paradosso della scelta”: l’eccesso di opzioni porta alla riduzione del tempo di ascolto medio per sessione. L’utente tende a provare, saltare, cambiare, ma raramente a rimanere per lungo tempo sintonizzato sulla medesima stazione.
Calo della durata media per sessione
Il risultato è un calo della durata media per sessione: rispetto all’epoca della FM analogica, in cui l’ascolto era prolungato e lineare, oggi è frammentato, discontinuo e spesso occasionale.
Un nuovo paradigma d’ascolto
“La durata complessiva delle sessioni d’ascolto non è aumentata con la digitalizzazione: si è trasformata, polarizzandosi tra heavy listening su device semplici e light listening su device complessi”, tira le somme Rinaldi.
Mobilità in auto stabile
“La mobilità in auto non è cresciuta negli ultimi dieci anni, limitando il potenziale di ascolti prolungati al volante, già resi più difficili dalla complessità delle interfacce.
Complessità di utilizzo e varietà dell’offerta
La complessità dei device connessi penalizza l’ascolto continuativo, rendendo più difficile il cambio di stazione e riducendo la permanenza, mentre l’esplosione dell’offerta a fronte della ridotta memorizzazione si traduce in un’esperienza dispersiva, con sessioni sempre più brevi.
Semplificare la user experience
Il settore radiofonico si trova quindi di fronte ad una sfida epocale: semplificare l’esperienza utente su device connessi e creare strumenti di fidelizzazione che possano trattenere l’ascoltatore in un contesto di iper-scelta e concorrenza crescente.
Usabilità
Il futuro della radio non dipenderà soltanto dal contenuto, ma dalla sua usabilità: chi renderà più semplice ed intuitivo l’accesso e più confortevole la permanenza, conquisterà non solo l’attenzione, ma anche il tempo d’ascolto degli utenti”, conclude il portavoce di Com-Nect. (G.M. per NL)